Bruxelles: mélange urbano

È la città del melting pot architettonico, dove le piazze medievali convivono con disordinati edifici moderni e capolavori art nouveau. Bruxelles è il riassunto di ricchezza e povertà, bello e brutto e di persone molto diverse tra loro.

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Bruxelles, Mont des Arts © Arturo Di Casola Latitudes

C’è qualcosa di promiscuo in Rue Dansaert. Un patchwork unico e irripetibile altrove in questa via cerniera tra il centro di Bruxelles e Molenbeek. Un luogo che smette di essere turistico dopo il primo tratto, diventa alla moda nel mezzo e finisce per essere, incrociando il Canale di Charleroi, un viavai di hijab e carnagioni più o meno scure. I ragazzi che giocano sui campi da gioco lungo la via, fanno somigliare Rue Dansaert ad Harlem o Los Angeles. Poi c’è il Barbeton, ad un angolo: un bar alla moda frequentato da “esistenzialisti 2.0”, e di fronte, maghrebini in djellaba escono dalle loro case modeste.

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Un bar in Rue des Flandres © Arturo Di Casola Latitudes

Non ha capito niente chi pensa di ridurre Bruxelles alla Grand Place e ai canyon di vetro e cemento affollati dei palazzi dell’Unione Europea. Bisogna venire al Dansaert e dintorni per capire il mélange di Bruxelles. Il cuore pulsante della città, la soluzione del complesso puzzle cittadino, è proprio il Dansaert. Una strada sinonimo di moda e stilisti, ma che negli ultimi tempi ha perso un po’ lo smalto di un tempo. I creativi si sono rifugiati nelle vie limitrofe: in quella Rue de Flandre che una volta vivacchiava all’ombra di qualche buon ristorante di pesce  e che ora, dispersi in Place St. Catherine gli ultimi turisti in cerca di ostriche, sta diventando luogo cult, pur senza smarrire l’atmosfera da raccolta stradina di provincia.

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Live performance allo show room Kartell © Arturo Di Casola Latitudes

In poche centinaia di metri, racconta tutta la Bruxelles che conta: dal ristorante più alla moda, il San, del coreano Sang-Hoon Degeimbre, al Chicago Café in un ex negozio di mobili; dagli atelier e boutiques di designer belgi, ai ristorantini sparsi qua e là, per finire con Cyclo Atelier, oasi di riciclo e cultura su due ruote. All’altezza di un paio di animati caffè e ristoranti, e di fronte alla Maison Margiela, Rue de Flandre incontra Rue Léon Lepage che ricorda, grazie all’architettura composta ed elegante e alle deliziose boutiques, rigorosamente made in Bruxelles, come quella di Camille, com’era una volta Rue Dansaert. Moda e design, spina dorsale della zona, sono esaltati dalla nuovissima sede del MAD, un centro che promuove stilisti e designer belgi e organizza mostre a tema. Ma esci dal MAD, bianchissimo e minimalista, e internet café nordafricani e insegne Money Gram annunciano l’ultimo tratto di Rue Dansaert. Che si disperde, metaforicamente, nelle acque del Canale di Charleroi e nelle strade tetre, a dar retta all’attualità, di Molenbeek. Ma anche qui sono arrivati, e si stanno facendo largo, colori, sogni e progetti.

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Ristorante San in Rue des Flandres © Arturo Di Casola Latitudes

Il Bistrot du Canal, carino come quelli delle zone più frequentate di Bruxelles, sembra voler dire ‘ehi, anche qui a un passo da quella Molenbeek raccontata come covo di jihadisti, si può mangiare in un bel posto !’. E dall’altra parte del canale, dove già da anni sono noti i tessuti del fantasioso Les Tissus du Chien Vert e i mobili di Dépot Design, le fabbriche in mattoni rossi lungo il canale che un tempo giustificavano per Molenbeek l’appellativo di Manchester belga, ospitano le tessere del mosaico di una Molenbeek diversa.

Wiels centro d’arte contemporanea, in un ex birrificio © Arturo Di Casola Latitudes

Il sandwich bar Bel’O, il bell’hotel Meininger e soprattutto il MIMA, Millennium Iconoclast Museum of Art. Ma sì, un museo d’arte contemporanea a Molenbeek. Coraggiosi i ragazzi che hanno creduto – il museo ha aperto nel 2016, dopo gli attentati in città – nel progetto: rompere le barriere esistenti nella società parlando d’arte, quella di oggi, che è anche il racconto del mondo attuale. E il panorama dal tetto racconta, a sua volta, la città: le antenne paraboliche di Molenbeek, le nove sfere dell’Atomium in lontananza, il minareto di una moschea, vicinissima al museo, e in fondo il campanile gotico dell’Hotel de Ville nella Grand Place. E’ Bruxelles.

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Testo e foto di Arturo di Casola| Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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Info utili

Come arrivare:

Visitare il sito ufficiale dell’Ufficio del Turismo delle Fiandre e il sito ufficiale della città di Bruxelles

Come arrivare:

L’aeroporto di Bruxelles, a Zaventem, poco lontano dalla città, è collegato a numerose città italiane da altrettante compagnie aeree. La compagnia di bandiera è Brussels Airlines offre tariffe davvero vantaggiose oltre a un servizio all’altezza. Possibile anche atterrare a Charleroi, a sud di Bruxelles, dove fanno scalo le compagnie low cost, e in tal caso si può raggiungere la capitale in bus.

Quando andare:

Verrebbe da dire di andarci in primavera, quando c’è luce e sole fino a tarda sera e si può godere dei tanti parchi cittadini (Bruxelles è una città molto verde). Ma anche ottobre è un bel mese e pure l’inverno, senz’altro più freddo, riserva piacevoli sorprese.

Dove dormire:

Situato tra la multiculturale Saint-Gilles e l’elegante Avenue Louise, il Jam Hotel (jamhotel.be) è un posto da consigliare per dormire. Molto design, ma del tipo fresco e giovane, ospitato in una ex scuola d’arte. Il Meininger Hotel, vicinissimo al MIMA con il quale divide i mattoni rossi dell’ex birrificio, è un’opzione giovane e fresca da non disprezzare. A 5 minuti dalla metropolitana di Comte de Flandre a Molenbeek, ad un passo da Rue Dansaert, ospita il progetto The Urban Artists Home. 20 artisti da tutta Europa hanno provveduto a decorare esterni ed interni dell’hotel.

Dove mangiare:

Dalla cucina stellata di l’Air du Temps, nel sud del Belgio, arriva a Bruxelles, proprio in Rue de Flandre, l’estro di Sang-Hoon Degeimbre, sotto forma di bol, la scodella. La degustazione per il pranzo proposta al ristorante San costa 28 €, quella per cena 55 €. Bello anche il design. Brunch e colazione, torte dolci e salate maison, ambiente vintage e colorato. Questo il menu del Café Chicago, dove non manca un ampio spazio giochi per i bambini.

Parlando di birra in Belgio, si va sempre sul sicuro. Brussels Beer Project, poi, nell’ultimo tratto di Rue Dansaert, è proprio una bella idea. Tutta da assaggiare.

Lingua:

Francese e neerlandese, cioè olandese, ma si parla anche inglese. Ma visto che negli ultimi tempi aumentano a Bruxelles sempre più gli italiani, può capitare di poter parlare italiano più di quanto si pensi.

Documenti:

Carta d’identità, valida per l’espatrio.

Valuta:

Euro.

Elettricità:

220 volt.

Fuso orario:

come in Italia.

Telefono:

Il prefisso del Belgio dall’Italia è 0032, quello di Bruxelles (0)2.

Musei e spazi espositivi

Il MIMA, Millennium Iconoclast Museum of Art, è in una posizione bellissima: affacciato sul canale confine amministrativo (e mentale) tra Bruxelles e Molenbeek. E oltre che per le mostre, è interessante anche per l’architettura in mattoni rossi, nella ex fabbrica di birra Belle-Vue. Anche il centro d’arte contemporanea WIELS è in un ex birrificio, Wielemans, ed è un delitto non visitarlo anche solo per il bellissimo edificio progettato dall’architetto Adrien Blomme. Si trova a Forest, vicino Anderlecht. Vicino all’Atomium, a nord di Bruxelles, l’ADAM, Art & Design Atomium Museum, aperto a fine 2015, offre un originale punto di vista sul design attraverso quello che è stato, ed è, l’utilizzo della plastica. Da qui la collezione permanente intitolata Plasticarium, affiancata da mostre temporanee. Assolutamente da visitare, in piena zona Dansaert, anche il MAD: non solo per le mostre di moda e design, ma anche per ammirare la raffinata e minimalista architettura che ha unito, dall’interno, due preesistenti case. Fuori il Dansaert, dentro tutto un mondo bianco.

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