Interessante la lettura di un libro pubblicato pochi anni fa da IanMortimer, storico inglese di facile e accattivante scrittura. La pubblicazione si intitola ‘Il libro dei secoli. Mille anni di storia e innovazioni’ e gli argomenti di riflessione che propone sono davvero molteplici. Ai nostri giorni, diamo tutto o quasi per scontato, nel senso che ci risulta ovvio e naturale ritenere il periodo in cui viviamo come quello maggiormente collegato al progresso, alle invenzioni che ‘cambiano la vita’.Le conquiste che si ‘rincorrono’ quasi giorno dopo giorno, non fanno che confortare la nostra certezza in proposito;non sono questi gli anni d’esplorazione sempre più approfondita del cosmo? Non è questa l’era dove tutto è connesso – dal deserto con gli Aborigeni in Australia alle tundre polari con i Lapponi – per mezzo di internet, telefoni satellitari,droni-spioni e mille altri strumenti che tutto velocizzano e rendono simultaneo? Le parole e le immagini dominano; un po’ meno i pensieri, spesso relegati dietro la lavagna della mente umana. Mortimer concorda sul fatto che l’importanza delle diverse ‘innovazioni’ andrebbe commisurata al grado di soddisfacimento dei bisogni primari (alloggio, alimentazione, riscaldamento, sicurezza personale) e non solo ai fenomeni planetari delle innovazioni tecnologiche, spesso strabilianti. Infatti, a ritroso nel tempo (l’indagine del libro parte dall’anno mille in poi) lo studioso britannico cita come esempio la prima grande pandemia di peste dell’anno 542 d.C. o i mutamenti climatici di quel periodo storico o ancora la rapida ascesa dell’Islam nel VII secolo. Avvenimenti che per i viventi del tempo avranno rappresentato un vero e proprio sconvolgimento.
L’XI secolo è quello che gran parte degli storici identificano come il periodo in cui l’autorità papale cresce e si consolida; Mortimer dissente, sostenendo come la vera ‘innovazione’ sia stata quella della diffusione dei castelli(giganteschi chiodi piantati nel paesaggio); i re definiscono il proprio dominio anche in termini territoriali, imponendo più facilmente le loro leggi. Il secolo successivo (XII) è quello che viene definito dei monaci e dei monasteri, diffusi in tutta Europa; e sono i monaci con i loro studi e scritti a copiare e diffondere le opere provenienti dalle biblioteche arabe, tradotte quindi in latino. Il XIII secolo vede il trionfo del denaro. In tutta Europa, un po’ meno in Italia, sorgono centinaia di mercati a proporre ogni tipo di mercanzia. Una svolta epocale perché anche le popolazioni contadine hanno accesso a prodotti che provengono da terre lontane. Il fattore di cambiamento più evidente, a un tempo traumatico del XIV secolo, è la terribile peste nera. Verso la metà del Trecento, la metà circa della popolazione europea muore per contagio, nel giro di pochi mesi. Paradossalmente il flagello, una volta cessato, consente ai sopravvissuti una vita migliore: con più terre a disposizione, più bestiame e maggiori capitali da amministrare in nuove imprese. Mortimer, nel suo libro, sostiene che la scelta per il XV secolo appare più difficile. La scoperta di Colombo ridimensiona le certezze dei classici; non conoscevano ogni cosa, come volevano far credere. In più, nasce l’individualismo e viene inventato lo specchio. La visione di sé cambia irrimediabilmente il modo di concepire la vita comunitaria di un tempo.
Anche il Cinquecento (XVI secolo) ha molti candidati all’innovazione. Lo sviluppo delle armi da fuoco in primo luogo; la riforma protestante secondariamente.Ma è la stampa della Bibbia nelle lingue vernacolari che batte ogni concorrenza; gli scritti della Bibbia incoraggeranno molte persone a leggere, a scrivere e a basare la cittadinanza sulla morale e non sulla gerarchia. Nel XVII secolo è la rivoluzione scientifica a prevalere su tutto. Scrive Mortimer:‘la gente smise di bruciare e impiccare presunte streghe’ e se qualcuno si ammalava, si ricorreva al medico, non al prete.Grandi le rivoluzioni del XVIII secolo. A parte quelle politiche (Francia, Stati Uniti) l’autore pone l’accento sulla rivoluzione agricola e su quella industriale. In pratica, la prima ha nutrito più persone e favorito il loro assorbimento nel mercato industriale, grazie a un maggiore benessere personale e collettivo. Il XIX secolo vede il virtuale annullamento delle distanze, grazie all’invenzione del telegrafo; contatti diretti e veloci, non più affidati a intermediari. Infine, il XX secolo. È l’acquisizione di una nuova mentalità a prevalere sui progressi acquisiti e sul loro inevitabile deterioramento (armi, guerre eccetera). Il grande cambiamento, conclude Mortimer, risiede nel modo di pensare. Questo ci ha insegnato il secolo che ha preceduto quello che stiamo vivendo.
del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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