“E ora duttù lu portu o jardinu da kolymbetra”. Tutto nacque così, quasi per caso. Il vecchio contadino e il giovane agronomo che stava valutando i danni di una impensabile gelata all’interno della Valle dei Templi di Agrigento, si avviarono per un sentiero seminascosto, fra ulivi e mandorli. Arrivarono infine in un’altra piccola valle, compresa tra il tempio dei Dioscuri ed il tempio di Vulcano. Giuseppe Lo Pilato rimase stupito e incantato alla vista di un agrumeto antico e ben tenuto, di cui nulla si sapeva, e del paesaggio bellissimo tutt’intorno.
Era il 1987, e solo successivamente Giuseppe si rese conto di aver incontrato il luogo dove nel 480 a.C. il tiranno Terone fece costruire dall’architetto Feace una straordinaria opera idraulica che riforniva l’intera città neo greca di Akragas. Nel tempo si era trasformato in un fiorente coltivo, citato con meraviglia anche dall’Abate di Saint Non, uno dei più prestigiosi viaggiatori settecenteschi del Grand Tour, con queste parole: “Una piccola valle, che per la sua sorprendente fertilità, somiglia alla valle dell’Eden o ad un angolo della Terra promessa.”
Un posto del genere non poteva che imprimersi per sempre nel cuore di un tenace avversario dell’abusivismo edilizio nella Valle dei Templi. Infatti sette anni dopo se ne rammentò dovendo relazionare sul paesaggio agrario intorno alla città. Ma tornato alla Kolymbethra si trovò di fronte ad abbandono e desolazione, il terreno incolto e completamente riconquistato dalla vegetazione spontanea. Era la fine di una storia durata secoli, miracolosamente sopravissuta all’ingordigia degli speculatori. Ma ancora per quanto? Bisognava fare qualcosa, subito. Lo Pilato fondò un’associazione e si impegnò per ottenere dalle autorità pubbliche la concessione del terreno per far rivivere l’agrumeto e recuperare l’intera area.
Non era cosa facile, le istituzioni sembravano piuttosto indifferenti, se non ostili, e più attente alle istanze dei costruttori, che portavano “sviluppo”. La fortuna fu l’incontro con il FAI. Al Fondo per l’Ambiente Italiano trovò attenzione e, dopo una visita sul posto, la concreta disponibilità ad assumersi l’incarico di recuperare la Kolymbethra. Così nel 1999 per la prima volta in Sicilia un bene demaniale veniva assegnato ad una Fondazione privata, con l’impegno di raccogliere i fondi, eseguire i lavori e aprire l’area al pubblico per la fruizione turistica e culturale. Una convenzione della durata di 25 anni, per riportare un gioiello dimenticato agli antichi splendori.
Sotto la guida di Giuseppe, furono coinvolti archeologi, agronomi, forestali, architetti, geometri, zoologi, botanici, storici, ecc., ma soprattutto i vecchi proprietari, i vicini, i giardinieri che lo avevano coltivato per ricostruire quasi fedelmente la memoria di questo luogo e del suo antico sistema produttivo. Terrazzamenti, sistemi irrigui originari, piante ormai scomparse, come i meli siciliani o le 12 antiche varietà di arancio non più coltivate, insieme ai limoni, ai mandarini, ai mandaranci, ai cedri, ai pompelmi, al bergamotto e al chinotto. E furono anche restaurati gli antichi ipogei (gli Acquedotti Feaci) che fornivano acqua alla Kolymbethra e che così, finalmente, vennero aperti al pubblico.
Da allora ad oggi migliaia di visitatori entrano ogni anno in questo giardino fatato, ammaliati dallo spettacolo di un ambiente unico, intriso di storia ma vivo e florido. Un esempio per tutta la Valle dei Templi, patrimonio dell’Umanità Unesco e però tuttora fragile, un bene inestimabile da tutelare e valorizzare. Anche per questo motivo, sempre con l’imput di Giuseppe Lo Pilato, ha preso vita il Progetto Templum. Sei aziende agricole riunite nella Cooperativa Aipolivo producono un olio extra vergine biologico di grande gusto da oliveti centenari coltivati nel Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi. Un’iniziativa nata per contribuire alla salvaguardia del Paesaggio Agrario Storico sostenendo il lavoro degli agricoltori, impegnati a tramandare un messaggio tangibile di bellezza che rende il mondo migliore.
FAI – giardino della Kolymbethra
Testo Gianfranco Podestà|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com