Tra tapas, vino e vermut: nell’alta gastronomia de La Rioja ecco Logrogno, una delle città dove si mangia meglio in Spagna.
Dal Terminal 4 dell’aeroporto di Madrid-Barajas ogni sessanta minuti parte un autobus che dal cuore della Spagna conduce per trecentoventidue km al nord, direttamente nel capoluogo di La Rioja, la città di Logrogno, a centoventi chilometri da Bilbao.
Città di centocinquantamila abitanti al confine con i Paesi Baschi, Navarra, Aragona, Castiglia e León, Logrogno è stata proclamata nel 2018 dal Merco (Monitor Empresarial de Reputación Corporativa) la città dove si vive meglio in Spagna. Sorprende per la vastità dei parchi, centocinquanta ettari diligentemente curati nei quali è frequente imbattersi in qualche scoiattolo, per la rilevante presenza di monumenti d’arte contemporanea dislocati nell’intera area urbana insieme all’elevatissimo numero di panchine per invitare alla passeggiata, ammirando la cattedrale barocca di Santa Maria de la Redonda, la chiesa gotico romana di San Bartolomé, i balconi con sospesi i fili di peperoni a seccare, incrociando continuamente i pellegrini che camminano con già molti chilometri alle spalle. Sì, perché qui passa il Cammino di Santiago, lungo strade che sono state dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
Una città dal carattere aggraziato Logrogno, costellata di fiori e attorniata dai variopinti colori stagionali delle distese delle uve tempranillo, garnacha, graciano e mazuelo che danno il vino spagnolo più pregiato, quello delle prestigiose bodegas come la Marques de Riscal, disegnata dall’architetto Frank Gehry (lo stesso del Guggenheim di Bilbao), la Viña Real, disegnata da Philippe Mazières, la Baigorri dal progetto di Iñaki Aspiazu, la Ysios dell’architetto Santiago Calatrava. Queste solo per citarne alcune.
Imperdibile la visita al Museo Wurt, a quindici chilometri da questa città di vino e tapas, dal 2012 capitale gastronomica spagnola, alta struttura di sapori: una realtà espressa chiaramente nelle vie del tapeo, calle del Laurel e calle San Juan, con oltre sessanta bar in duecentocinquanta metri di passeggiata, ognuno specializzato nella rapida preparazione di particolari tapas e pinchos, pregiate pietanze, alcune ad altezza di chef ma al costo di pochi euro. Senza dubbio una delle città dove si mangia meglio in Spagna.
Allontanandoci dal centro della movida enogastronomica, a cinquecento metri, si arriva alla cosiddetta Laurel pobre, via di tapeo di quartiere, più economica, con uno spirito meno turistico e maggiormente conosciuta dai residenti, ma non meno interessante. Jesus Angel nel suo bar Beitia offre quaranta tipologie tra pinchos e tapas. Conosciuto da tutti come Chechu, in un angolo cottura di un metro e mezzo per due provvisto di tre fornelli, prepara da solo le tapas richieste al banco dai clienti che, se spagnoli, consumeranno il pasto rigorosamente in piedi. In 4 minuti Chechu prepara un Entrecote o un Secreto iberico, impiatta e serve a pochi euro. Appassionato d’arte, nei suoi piatti è evidente la ricerca della bellezza, piccole creazioni, perché per lui la digestione non inizia nella bocca bensì negli occhi.
In tre minuti Chechu prepara La Daniela, tapa in omaggio a sua figlia, un trito di pomodoro, cipolla, olive nere e l’ingrediente proteico, il sugarello (chicharro), a riempire un pomodoro pera pelato, capovolto e adagiato su un disco di pane, guarnito con olio e crema di aceto balsamico con contorno di lattuga. Il tutto in un aggraziato piatto che forse contiene l’essenza di questo bar e di questa città: colori, accoglienza, bellezza, e dove sempre si possono sorseggiare i vini riojani di pregio a uno o due euro, il prelibato vermut Martinez Lacuesta o uno preparato con ricetta segreta.
Testo e foto di Margaret Caddeo|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com