Si atterra nel verde irlandese, si arriva a Belfast per scoprirne la doppia anima, si scende verso la contea di Down con in testa la sigla di Game of Thrones e si torna a casa fischiettando le note strazianti di Céline Dion. Un viaggio nel profondo nord simile ad una partita di ping pong tra storia e modernità, parchi e muri, asfalto e natura, sceneggiatura e realtà, guerre e street art, pioggia e sole, carne e pesce. Noi eravamo la pallina.
Premesse
Belfast è così. Come uno di quegli attori ai cui esordi non avresti dato due lire ma che poi vedi vincere un premio, come una di quelle band che inizialmente suonava per strada e che ora si chiama U2 o Take That, o come J.K Rowling a cui prima le case editrici chiudevano le porte in faccia e che adesso, le stesse, pagherebbero per avere una GiraTempo per tornare indietro a non commettere lo stesso errore. Belfast è così. In equilibrio tra l’essere stella nascente e l’essere dannatamente strana, portatrice di tante e grandi promesse, quante sono le fratture che ha dovuto riassestare, di cui sono visibili ancora i segni.
La vecchia fama, quella di città pericolosa, di città di scontri, di città dei perché mai ci dovrei andare, l’ha sempre preceduta, rischiando di farla cadere in una sorta di condizione irreversibile di libertà vigilata o quarantena. Difficile riemergere da un tunnel profondo se le pareti portanti ti crollano addosso. Eppure, qui, nel Northern Ireland, sulla costa orientale, non tanto lontano dalla gemella diversa Dublino, qualcosa si è mosso, si sta muovendo e continuerà a farlo.
Eccoci quindi, oggi, in una nuova Belfast, che piace, attrae e sta ripartendo: non grazie alla Fortuna o ad allineamenti astrali favorevoli, quanto più alla sinergia degli abitanti con infrastrutture, enti e l’intero stato, alla forza di volontà e alle scelte giuste al momento giusto. Ed eccoci, quindi, anche in una nuova Irlanda del Nord che si sta (ri)scoprendo, rendendo proprio il turismo la sua carta vincente. E che per il momento pare proteggersi con uno scudo da quello più incontrollato, colpevole della deturpazione di alcune colleghe.
Siamo stati qui, a Belfast e siamo stati nella zona più a sud, nello Strangford Lough. Abbiamo scoperto un patrimonio culturale, storico, artistico e paesaggistico inimmaginabile, ci siamo divertiti, abbiamo camminato e siamo stati abbracciati ovunque dall’entusiasmo e da un’accoglienza calorosa. Nessuna paura, solo tanto stupore e ammirazione per un’intera terra che sta rinascendo dalle sue stesse ceneri. E come per ogni ascesa all’Olimpo-della-gloria che si rispetti, il processo è lungo, ma la vetta ormai vicina.
E sì, se ve lo state chiedendo, i portafogli ce li abbiamo ancora.
Belfast
Dal St. George’s Market al Sormont Estate, passando per la Queen’s University
Prima tappa del nostro viaggio non poteva che essere uno dei mercati più noti della città. Il St. George’s Market è un piccolo universo nato tra il 1890 e il 1896, racchiuso in quattro mura dallo stile vittoriano e costellato di bancarelle che si alternano nei lunghi corridoi. Apparentemente silenzioso, se ne sta adagiato su East Bridge Street ormai da quasi due secoli. Lì, tra odori, spezie, vestiti, articoli riciclati, souvenir, tapas e paella, bretzel e fajitas, crepes e cottage pie ti senti un po’ in Irlanda e un po’ ovunque.
A sud del St. George’s Market c’è, poi, uno degli scorci naturalistici più interessanti, uno dei punti d’incontro maggiormente bazzicati da locali, turisti e studenti: il Botanic Gardens, che affonda le radici nel 1895, anno in cui è stato reso parco pubblico cittadino. Al suo interno, via per i sentieri verdeggianti, ci si imbatte in letti di fiori e particolari installazioni create con materiale riciclato o scartato. Si spiega così, ad esempio, l’albero di pneumatici e di scarpe usate che porta la firma dell’artista Alan Cargo, realizzato per ricordare l’impatto dell’ “impronta di carbonio” sulla vita della gente e sull’ambiente.
Una volta da queste parti, approfittatene anche per intrufolarvi nei cortili della Queen’s University, una prestigiosa università del Russel Group che rientra nella classifica tra le 200 migliori al mondo. Anche per quest’altra struttura è la storia a parlare.
Per godere di un bel panorama, invece della più turistica terrazza Dome di Victoria Square, abbiamo optato per Stormont Estate, in auto raggiungibile in soli 10-15 minuti dal centro. Si tratta di un sito che include alcuni dei principali edifici governativi dell’Irlanda del Nord, circondati da boschi e chiazze erbose, in cui spicca quello in pietra del Parlamento, con la sua facciata spigolosa arrotondata dalle colonne e la sua imponenza irriverente resa più leggera dall’esercito di finestre che guardano a sud. Ai suoi piedi ci si sente troppo piccoli.
Da qui, l’occhio si perde sulla strada sgombra che tira dritto come una freccia dall’altura fin giù e l’unico ostacolo che incontra è la statua di Lord Carson, in una posa quasi drammatica.
Sotto i muri di Belfast
Comodi nel nostro van, ci siamo lasciati Stormont Estate alle spalle, alla volta della zona ovest di Belfast. Come se si fosse attraversato uno strano portale, la vitalità vibrante delle strade del centro è stata sostituita dall’atmosfera mistica quanto criptica della periferia della città. Quella che è stata teatro degli scontri tra cattolici e protestanti, spaccata in due da barriere: blocchi unici di cemento (s)piacevolmente decorati da grate e inferriate e interrotti, di tanto in tanto, da cancelli che permettono il passaggio da un quartiere all’altro. Rigorosamente aperti solo nelle ore diurne della giornata. Sono questi i muri divisori della città innalzati all’epoca dei Troubles dell’Irlanda del Nord. Sono queste le Peace Lines, nate per separare i nazionalisti dagli unionisti.
Una delle barriere più lunghe e famose è quella che divide Falls Road da Shankill Road. Qui, si diventa spettatori di un’inusuale sfilata: non vestiti e scarpe all’ultimo grido ma colori. Ritratti di militari caduti in battaglia, bandiere, cuori, politici, caricature, scene di guerra e scene di pace, e poi le scritte, da quelle che invocano richieste come Bring down the walls o Smash the walls of separation, passando per le più drastiche come Sectarianism it hasn’t gone away. Tirate giù i muri, Distruggete i muri della separazione, Il Settarismo non è sparito. Un susseguirsi continuo di immagini e parole che ti martellano e ti stordiscono fino a rapirti. Urla silenziose che danno di malinconia e di protesta contro le violenze da una parte, e che sono dei promemoria dall’altra. Lì, a ricordarti che i conflitti – di Belfast e del mondo – rimangono sempre un po’ latenti.
Il centro storico: street art and more
Walking tour
Il segno distintivo di Belfast è fatto, come in un certo senso anticipato, di disegni, di murales. Concedetevi, quindi, un giro per le strade nel cuore della capitale alla scoperta di queste opere. Ogni murales è una voce, un pezzo di puzzle colorato che ricostruisce la storia controversa della città, raccontandone i conflitti che per decenni hanno aperto i servizi di tutti i telegiornali nazionali.
Adam Turkington fa parte di questa cricca di artisti narratori, una sorta di guru della street art. Quindi, per un walking tour guidato (di circa 90 minuti) mettetevi nelle sue mani. Si parte da Commercial Court e ci si inoltra nelle vie antiche, palcoscenico di rappresentazioni che si celano a qualsiasi angolo e si manifestano, immense, quando meno te l’aspetti. Scene del Titanic, fate alate che portano la firma dell’italianissima Alice Pasquini, sirene, volti, animali che forse sono uomini, uomini che forse sono animali.
Dal City Hall a Victoria Square, passando per il quartiere delle cattedrali
Cercate di far rientrare il City Hall nella vostra to-do list. L’edificio, ancora una volta in pietra di Portland, come per il cugino-alla-lontana Parlamento in Stormont Estate, rientra nel Belfast City Council ed è situato in Donegall Street. Rivolto verso nord, il municipio cittadino è anch’esso una piacevole opera architettonica, dallo stile baroccheggiante, incorniciato nel verde di un ampio giardino: tappa fissa per i cacciatori di relax. La facciata è bella, sì, ma è con gli interni che rivela la sua autenticità: con la statua straziante del Conte di Belfast, con la scalinata centrale, con il marmo di Carrara e la carrellata di vetrate colorate che riportano, tra le altre cose, i simboli della città.
Ah, e nella Hall alzate lo sguardo sul soffitto. La cupola è magnifica.
Proprio da Donegall Street e delimitato da Waring St., Dunbar St. e York St., si apre il cosiddetto Cathedral’s quarter, il quartiere storico – originariamente mercantile – che prende il nome dalla cattedrale della città. La protestante St Anne’s Cathedral che domina sulla strada col suo stile romanico, ha dell’insolito. È, infatti, sede di ben due vescovi, quello di Connor e quello di Down & Dromore.
Nell’ultimo ventennio la zona è stata sottoposta ad un processo di riqualificazione che ne ha consentito il rapido sviluppo economico e culturale. I tipici vicoli lastricati costellati da bar, locali notturni, cinema e teatri sono, ad oggi, punto di riferimento della vita mondana, luogo di eventi e festival e sede di appuntamenti artistici. A conferma di quanto Belfast stia tornando a splendere.
Nella già citata Commercial Street, di fianco al celebre pub Duke of York, insinuatevi nel “vialetto d’ombrelli”: vi ritroverete in una piccola corte che è uno spettacolo, fatta di luci e – ancora, sì – di vivacissimi murales che ritraggono personaggi illustri e non, locandine di film e serie tv di spicco.
Fate anche un salto in Victoria Square, un complesso architettonico capeggiato da una cupola interamente in vetro, ideale per gli amanti dello shopping. All’interno di questa sorta di navicella spaziale vi aspettano più di 70 brand e una terrazza panoramica. Infine, una birra al Crown Bar, che non ha bisogno di presentazioni, non può mancare.
Titanic Quarter
Andare a Belfast e non visitare il quartiere del Titanic è come dire di essere a Barcellona e non voler passeggiare sulla Barceloneta. Questa zona a nord est, interamente dedicata al transatlantico costruito proprio nella città e affondato nell’aprile del 1912, riporta indietro nel tempo.
Uno degli elementi commemorativi iconici è il Museo del Titanic: un edificio ultra moderno che racchiude tra le sue arcate una vicenda vecchia più di mille anni. Nove gallerie spalmate su 4 piani che raccontano la storia da cima a fondo, approfondendo aspetti sulla progettazione dell’imbarcazione, rispondendo a curiosità e scavando nella vita delle persone coinvolte (capitani, ingegneri, operai e vittime). Un tripudio di reperti e di riproduzioni 3D in un percorso interattivo e multimediale.
Nella Contea di Down dello Strangford Lough
Da Donegadhee a Portaferry
A circa 20 km dalla capitale, la piccola cittadina di Donagadhee se ne sta silenziosa nella contea di Down. Poche case, pochi abitanti, un lungomare che segna la curva della baia in cui si infiltrano le acque del Canale del Nord irlandese e un faro che domina solitario il molo. Il comune vanta di essere il punto più vicino alla Scozia e offre una concentrata miscela di storico e nuovo. L’antichità degli edifici un po’ old school, tipici delle località portuali, mixata a shops e ristorantini graziosi (segnatevi Pier 36!) che guardano alla modernità.
Il vero protagonista di questa regione orientale è, pero’, lo Strangford Lough.
Dopo quattro passi a Donagadhee tirate dritto verso Newtownards. Sulla strada vi imbatterete nell’ampio fiordo marino che, ricoprendo una superficie di circa 150 m2, detiene il primato di insenatura più vasta dell’arcipelago britannico. Lo Strangford Lough racchiude una flora e una fauna vibranti, che si sviluppano nella tranquillità del clima mite che caratterizza la zona, e si presta a set per delle fotografie suggestive, soprattutto al tramonto.
Costeggiandolo, si arriva quindi al Mount Stewart House and Gardens: un lembo di terra che Lady Londonderry trasformò nella sua casa nel 1928, e, ad oggi, curato e in possesso del National Trust. Qui, potete visitare l’antica dimora, incorniciata nella rigogliosa natura di un giardino che ospita piante di ogni genere, fontane e laghetti. Il tour al suo interno è una sorta di viaggio nel passato, alla scoperta delle tradizioni e della vita nobiliare, attraverso le stanze e gli oggetti di famiglia tra cui dipinti, ceramiche, mobili e porcellane.
Proseguendo alla volta della prossima località, la Greyabbey è una di quelle cose che non si possono saltare. Uno dei migliori esempi di architettura anglo-normanna. Fondata nel 1193 da Affreca, moglie di John de Courcy, l’abbazia all’inizio del XVII secolo fu concessa a Sir Hugh Montgomery e la navata rinnovata al culto fino alla fine del XVIII secolo. Ciò che si vede adesso sono i suoi resti, perfettamente inseriti nel chiostro.
Alla fine eccoci a Portaferry, punta estrema a meridione della penisola di Ards, un’altra minuscola cittadina che ricorda la vecchia Donagadhee. Tra le sue vie il tempo sembra essersi fermato; il suo cuore pulsante è fatto di barche e reti. Di pesca.
Da Portaferry alle terre di Game of Thrones
Ogni giorno da Portaferry è possibile usufruire di un servizio di trasporto eccezionale. Un traghetto che parte dal piccolo porto, va avanti e indietro da una costa all’altra, collegando il villaggio a quello opposto di Strangford, a meno di un km di distanza. Per chi soffre di mal di mare, tranquilli, c’è speranza anche per voi: il tragitto è rapido e indolore (5 minuti circa).
Una volta a Strangford è la volta di esplorare un universo totalmente nuovo. Si arriva al cospetto dei castelli, corti delle battaglie e dei Grandi Inverni di una delle serie più acclamate del momento. Se prima il protagonista era il fiordo con le sue cittadine da cartolina, questo è invece il territorio targato George R. R. Martin e HBO. Una zona in cui le bellezze naturali, la cordialità dei locali e gli scorci made in Ireland si intrecciano alle storie di Game of Thrones dello scrittore statunitense, portate per la prima volta sugli schermi nel 2011 dalla ormai fedele emittente televisiva.
Tappa principale è, quindi, Castle Ward. Situato sulle sinuosità di una collina, il castello della famiglia Ward – fino al XVI secolo – è un palazzo imponente in cui il classico va a braccetto col gotico, immerso in 820 acri di giardini e boschi. Gli interni vi catapultano nella frizzantezza settecentesca, tra salotti, librerie e oggetti antichi, passaggi segreti, sontuose scalinate e le stanze della servitù. D’impatto è anche l’ala dedicata alle camere da letto: quelle degli adulti (al piano inferiore), a quanto pare, erano divise da quelle dei più piccoli (al piano superiore) da lucernari in vetro che permettevano ai genitori di tener d’occhio i figli e di dare loro la buonanotte con un “bacio volante”.
Finito il tour si va giù per la collina, attraverso un sentiero alberato, per giungere nei pressi di una cinta muraria che racchiude un piccolo agglomerato di case in cui capeggia la torre di un orologio. Proprio questa zona del parco ha ospitato il cast di Game of Thrones per 8 settimane, facendo da sfondo alle vicende dei suoi protagonisti, per la puntata pilot e gran parte della prima stagione.
Benvenuti a Winterfell.
Da Strangford back to Belfast
Ultime ditate sulla tastiera per consigliarvi un’altra esperienza degna della vostra to-do list. Al civico 52 di Ballymorran Road c’è un complesso di villette dove la regina è bionda (very irish) e si chiama Tracey. Esperta di food, madre e moglie, questa donna energica accoglie con grembiulini i più curiosi – e affamati – nella sua cucina per dei cooking lab, durante i quali insegna i trucchi per fare il tradizionale pane irlandese (soda bread). Totalmente diverso dal nostro sia a livello di gusto sia di preparazione, con una lievitazione magica, una farina locale e una cottura di qualche minuto.
Da Strangford, sulla via del ritorno, ne abbiamo approfittato per andare a caccia di altre rovine. Prima tappa è stata, quindi, l’Inch Abbey, fondata da John de Courcy e ritenuta la seconda più antica assieme alla Greyabbey. Poi, il Castello di Sketrick, su Sketrick Island, St. Patrick’s Abbey e il monastero di Nendrum, uno dei migliori esempi di sito pre-normanno dell’Irlanda del Nord, e infine la Scrabo Tower. Una torre che capeggia su una collina a 540 piedi sopra il livello del mare, visibile anche da Belfast in una limpida giornata. Ah, attenti al vento …
Epilogo
Siamo stati qui, a Belfast e siamo stati nella zona più a sud, nello Strangford Lough. Abbiamo scoperto che silenziosamente (ma non troppo) l’Irlanda del Nord sta cavalcando l’onda del riscatto, che il verde qui è tanto verde, che draghi ancora non ne volano ma che si tifano Jon Snow e gli Strak. Abbiamo scoperto pure che alla capitale avere soltanto un’anima non bastava, così ora ne ha due, una più scura e una più colorata. Chapeau.
E sì, se ve lo state chiedendo, è vero che per capire il mondo bisogna uscire di casa.
Testo e foto di Francesca Romana Sassone|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Info utili
Link: Irlanda, Discover Northern Ireland, Visit Belfast
Dove dormire
A Belfast: Grand Central Hotel; Titanic Hotel
A Portaferry: Portaferry Hotel
A Strangford: The Cuan
Dove Mangiare e bere
A Belfast: St George’s Market; James Street Restaurant; Holohans at the Barge; Titanic Hotel’s Wolff Grill. Crown Bar Liquor Saloon
A Donaghadee: Pier 36
A Portafererry: 10 The Strand Restaurant
A Strangford: The Lobster Pot; The Cuan Seafood Restaurant