TAP, si o no? Pro e contro della vicenda che divide l’Italia

Foto credits pagina FB Movimento No Tap

Il progetto multinazionale TAP coinvolge una delle più belle regioni d’Italia – la Puglia – a forte vocazione turistica. Il dibattito è acceso e sentito tra le popolazioni locali ma investe anche i destini economici del paese. Chi si è fatto un’idea personale sull’intera faccenda, è difficile possa modificarla, anche se quello relativo a TAP Italia è solo uno dei molti problemi irrisolti che punteggiano, come una varicella, l’epidermide sfibrata dello Stivale.

 Alla resa dei conti la sostanza è questa: ci sta bene pagare 20 miliardi di euro di penale (quasi Reddito di Cittadinanza e Quota 100 messi insieme: totale 16 miliardi, solo per il 2019) privandoci nel contempo di un “servizio” utile per l’intera comunità nazionale? Dall’altra parte: è giusto fare spallucce e (peggio) ridicolizzare chi si impegna affinché il territorio in cui vive rimanga com’è?

Le “proporzioni” del problema giocano ad esclusivo vantaggio della prosecuzione dei lavori; ma il senso etico e il rispetto che ognuno dovrebbe dimostrare per le argomentazioni di dissenso di chi ne vuole l’interruzione chiedono – se non altro – un approfondimento. Sensazioni e stati d’animo che potrebbero moltiplicarsi per gli altri problemi che sono ancora nel limbo delle decisioni da prendere: completamento della TAV, Galleria del Brennero, Pedemontane Lombarda e Veneta, Passante di Bologna, Terzo Valico Milano-Genova e Gronda di Genova, collegabile questa alla demolizione del viadotto Morandi e alla sua ricostruzione. Poi l’Alta Velocità Napoli-Bari, l’inquinamento ambientale di Taranto e la “normalizzazione” della rete viaria siciliana. È stato calcolato che il valore delle opere previste e bloccate nel nostro paese, da qui al 2030, ammonti a circa 600 miliardi. È solo mancanza delle “risorse” da tutti e per ogni progetto invocate o si tratta anche di insipienza civile e politica?

Fatti vs Valori

Mi ha colpito ciò che ha scritto di recente un linguista americano (George Lakoff) che ha studiato a fondo la “comunicazione politica”. Sostiene Lakoff che “molti giornalisti sbagliano nel credere che se tu spieghi i fatti, la gente ne trarrà la giusta conclusione. Questa sorta di ragionamento illuminista non funziona”. Oggi questa è una realtà verificabile anche solo scorrendo in superficie la valanga di interventi che di continuo e su qualunque argomento o impulso emotivo affollano i media: quotidiani, periodici, radio, televisione e loro, i Social, invasive “new entry” del mondo della comunicazione. Un gran numero di individui, sostiene Lakoff, costruiscono i personali ragionamenti per strutture concettuali e per metafore; più dei fatti per loro contano i valori; ne consegue che la loro testa filtra i fatti per farli coincidere con i propri valori. Ciò non significa che l’argomento TAP non possa essere discusso; sia perché d’attualità, sia perché offre lo spunto per arrivare in definitiva a pensare e a riflettere con la propria testa, possibilmente amalgamando “fatti” e “valori”. Chissà, questa potrebbe dopo tutto essere la giusta miscela.

Gasdotti: ragnatele mondiali e nazionali

 Il discorso TAP comincia con una montagna di “tubi” e una marea di “cavi”. L’uomo della strada non ha la minima idea di come sia articolata e diffusa la rete dei tubi e dei cavi che avviluppano il mondo. Sono condotte metalliche di superficie, interrate o che solcano gli oceani adagiate sui fondali. Le pipelines mondiali superano di poco il milione di chilometri; qualcosa come 25 volte la circonferenza terrestre. Anche in Italia i numeri sono di tutto rispetto: sono 13mila i chilometri lineari che compongono la rete dei gasdotti nel nostro paese. Ma il numero dei chilometri aumenta ancora se alle linee sotterranee e sottomarine di gas se ne uniscono altre esistenti (cavi per elettricità, linee internet, telefonia ecc.); in tutto: 32.500 chilometri.Prima di esaminare la “scheda” TAP, sarà bene dare un occhio a ciò che già arriva in Italia di gas, da altri paesi e produttori; infatti solo il 7% del gas importato è GNL (Gas Naturale Liquefatto) pari a 4,5 miliardi di metri cubi; viene trasportato via nave e il prodotto viene riportato allo stato gassoso in Italia; il totale di gas che arriva e si consuma è dunque ragguardevole: all’incirca 67/68 miliardi di metri cubi. Le linee o gasdotti che lo trasportano sono le seguenti: TRANSMED, proviene dall’Algeria e termina a Mazara del Vallo, quindi GREENSTREAM, che arriva dalla Libia e termina a Gela, mentre dalla Russia proviene la linea TAG, che raggiunge Tarvisio. Infine i giacimenti del Mare del Nord con la società TRANSITGAS che dal passo di Gries (Svizzera) arrivano in Italia.

TAP, dal Mar Caspio all’Adriatico

 Oggi qualunque attività industriale o commerciale che abbia una consistenza e un valore finanziario di un certo peso, deve essere operativa tenendo conto dei fattori politici internazionali, degli interessi spesso in contrasto dei vari attori che si muovono sullo scacchiere mondiale del lavoro, della finanza. Non fa eccezione la TAP (Trans Adriatic Pipeline) che è un consorzio tra BP (British Petroleum), Socar (Azerbaigian), Enagás (Spagna) e Fluxys (Belgio). Opera che nasce con la benedizione Europea e degli Stati Uniti, in funzione anti-Russia. A questo punto è opportuno aprire una piccola parentesi. L’accettazione (o l’imposizione) di installazioni di opere in un determinato paese, quasi sempre prevede l’opportunità o l’obbligo di agire in presenza di forti, talora fortissimi condizionamenti politici, presenti questi anche in nazioni “ufficialmente” democratiche. Il caso TAP, che è quello che ci interessa, è emblematico al riguardo. La pianificazione e lo sviluppo dei lavori che dal Mar Caspio attraversano ben cinque nazioni, trova situazioni politiche (quindi agevolazioni piuttosto che ostacoli) tra loro molto differenti: l’Azerbaigian, l’Armenia, la Turchia, rette da regimi democratici fortemente centralizzati e decisamente autoritari, non trovano ostacoli nella pianificazione e realizzazione dei vari progetti industriali; non così in Grecia e Italia e, parzialmente, anche in Albania, pur se la giovane repubblica adriatica sta attraversando una fase di sviluppo e di entusiasmo produttivo che fa passare in secondo piano, per il momento, molte possibili forme di opposizione o protesta.



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Le date e le cifre di TAP

I primi progetti risalgono all’anno 2013 e nel 2015 sono stati avviati i lavori in Albania; in questo momento il gasdotto è in costruzione anche in Grecia e in Italia. Il giacimento originale di Shah Deniz dal quale verrà estratto il gas, si trova nel Mar Caspio, al largo della capitale dell’Azerbaigian, Baku. Attraverso questo paese e l’Armenia già dal 2018 il gasdotto fornisce la Turchia, paese che attraversa longitudinalmente da est a ovest, col nome di TANAP (Trans Anatolian Pipeline). Dalla zona turca europea il gasdotto entra in Grecia a Kipoi. Qui, col nome di TAP, prosegue lungo la Grecia settentrionale in direzione ovest quindi attraversa l’Albania fino a raggiungere il litorale Adriatico. In prossimità della cittadina albanese di Fier, inizia il tratto sottomarino dell’Adriatico che, raggiunto il Salento, si connetterà alla rete italiana di trasporto del gas.Il gasdotto TAP si snoda dunque per 878 chilometri complessivi, così distribuiti: 550 chilometri in Grecia, 215 in Albania, 105 nell’Adriatico e 8 chilometri in Italia; in Italia passa dunque meno dell’1% dell’intero gasdotto (8 chilometri su 878). Sino ad ora, la compagnia ha già stanziato 45 miliardi di euro per il proseguimento dei lavori che si prevede verranno ultimati entro il 2020/2021. TAP è senza dubbio un’opera colossale; quindi le varie fasi di lavoro e il materiale impiegato mettono in evidenza “numeri” colossali. Ad esempio: il terreno rimosso, quindi scavato, ammonta all’incirca a qualcosa come 5 milioni e 400mila metri cubi di terra, pari a due volte il volume della piramide di Cheope.

Anche la quantità di tubi metallici utilizzati rafforzano la percezione dell’importanza del progetto: sono 32.000 in Grecia, 13.000 in Albania, 9.150 sotto l’Adriatico e 670 nel tratto finale pugliese. Il “peso” totale di questa massa metallica è stimato in circa 520mila tonnellate, l’equivalente di 71 Torri Eiffel messe insieme. Ad oggi, oltre l’80% delle condotte sono state installate; lo stato dei lavori è più avanzato in Grecia e Albania: circa l’85% del totale previsto.

TAP in Grecia e Albania

I lavori TAP nei due paesi balcanici occuperanno un periodo di tempo di circa tre anni. In Puglia i lavori dovrebbero impiegare minor tempo, con l’incognita però dei ritardi dovuti alla soluzione dei problemi insorti con la popolazione. Sia in Grecia che in Albania si sono verificati riscontri positivi – e naturalmente alcune negatività – nel complesso dei rapporti fra la società costruttrice e le varie comunità distribuite lungo il percorso. In Grecia le resistenze sono arrivate soprattutto dai  contadini della zona di Kavala (Macedonia orientale); la TAP ha però recuperato consensi e simpatie realizzando un progetto, costato 20 milioni di euro, per la fornitura d’acqua per 15mila abitanti e per l’irrigazione dei terreni. Altri esempi: il partito politico Syriza (sinistra radicale) era fortemente contrario all’inizio al progetto TAP; una volta al Governo, ha cambiato atteggiamento; un’altra “apertura” verso TAP si è avuta ad Alessandropoli (Tracia) dai contadini della zona; sono stati valorizzati – con l’aiuto di agronomi arrivati da Atene – terreni aridi grazie alle tecnologie impiegate dai tecnici TAP. Curioso poi il fatto che i lavori TAP abbiano consentito, lungo il tragitto, di portare alla luce reperti archeologici (oltre 400 scavi!) con sepolture, tombe, forni e pozzi del periodo preistorico e di quello post bizantino. Vediamo qualche esempio albanese. Tra i duecento operai attualmente impegnati nei lavori della grande stazione di smistamento di Fier (la Melendugno d’Albania) il 70% sono del luogo; i lavori finiranno nel 2019 e sono previste nuove assunzioni. A Tirana, Elbasani e Korça operano imprese locali per la produzione di tubi per la TAP e a 14 milioni di euro ammontano gli investimenti sociali della Compagnia sul territorio: qualità e sicurezza delle scuole, ripristino strade e ponti, sostegno e assistenza a oltre 1500 famiglie vittime di disagi dovuti al clima (alluvioni, freddi intensi in montagna ecc.).

TAP nella Puglia del NO

 La grande opposizione al progetto del gasdotto TAP si è avuta e si ha in Puglia. Opposizione espressa in molti modi. Dal rifiuto integrale e duro per ogni concessione o apertura, ai conseguenti contrasti per ogni singola fase di lavoro proposta dalla Compagnia. Sono circolati opuscoli e manifesti di aperta sfida “…le vene del dominio si diffondono in molti luoghi; con creatività sovversiva possiamo rintracciarle e interromperle …”, creatività che avrebbe previsto aperte azioni di sabotaggio. I contrasti politici tra i personaggi delle istituzioni e quelli locali sono stati continui e spesso molto aspri; a volte anche oggetto di ravvedimenti sospetti o prese di posizione francamente eccessive. Il Movimento 5stelle è stato apertamente accusato di avere impostato in Puglia la propria campagna elettorale, raccogliendo moltissimi voti e mandando in Parlamento diversi uomini e donne della Regione. È comunque evidente che le forme di protesta messe in atto dai NO TAP hanno avuto risonanza nazionale e hanno obbligato la Compagnia costruttrice a fornire precise garanzie. Il primo motivo del contendere – e quello di maggior impatto emotivo – è senza alcun dubbio collegato all’area scelta per l’approdo del gasdotto sulla terra ferma: la località è il litorale di San Foca, circondato da un’ampia macchia mediterranea. La Regione Puglia aveva prospettato altre zone d’approdo per il terminale (più a nord, nel brindisino). Spostare oggi questo approdo significherebbe un ritardo di due-tre anni nell’esecuzione dei lavori. È stato chiesto il blocco dei lavori, ma il Parlamento ha ratificato nel 2013 un accordo internazionale con Albania e Grecia (impegno a non ostacolare ma a rimuovere eventuali intoppi). Il Comitato NO TAP, oltre a denunciare l’infelice scelta di San Foca per i danni paesaggistici collegati ai lavori di scavo, ritiene che ulteriori danni deriverebbero anche dal danneggiamento della flora sottomarina (in particolare, distruzione della cymodocea una pianta acquatica protetta) dall’inquinamento delle falde acquifere, dalla distruzione di parte della scogliera dei fondali della località balneare. Altri danni paventati, l’espianto di un gran numero di ulivi nel tratto di 8 chilometri che conduce a Melendugno, oltre al danneggiamento delle attività agricole in generale.

Gli interventi e le garanzie di TAP

 La Presidenza di TAP ha ricordato in più di un’occasione che da tempo TAP ha organizzato incontri (più di mille) con i cittadini pugliesi e con le parti direttamente interessate; una necessità di dialogo assolutamente da preferire ad azioni di protesta anche violente. La scelta del luogo d’approdo è il risultato di un lungo e approfondito studio; sono state esaminate e analizzate, con le autorità di zona, una ventina di alternative lungo la fascia costiera che va da Otranto a Brindisi. San Foca è stato giudicato il punto nel quale si poteva garantire il minor impatto ambientale, al punto d’aver ricevuto una conferma in ambito VIA (Valutazione Impatto Ambientale) anche per quanto concerne i problemi di sismicità e il monitoraggio delle emissioni inquinanti. I lavori si svolgeranno in tre fasi: la prima, edificazione del terminale di ricezione a 8 chilometri dalla costa, in località Melendugno; la seconda, posa dei tubi a terra e in mare; la terza, micro tunnel e condotta a mare. Il gasdotto inizia il percorso sottoterra a 800 metri dalla costa, prosegue per altri 100 metri di spiaggia e macchia mediterranea a decine di metri di profondità; profondità che sarà poi di un metro, un metro e mezzo per il restante percorso. La TAP è stata progettata nel quadro degli Studi di Impatto Ambientale e Sociale (ESIA) di ciascun paese attraversato; una volta ultimata la posa del gasdotto, tutti i terreni interessati saranno completamente ripristinati nel loro stato originale; TAP risarcirà inoltre i proprietari dei terreni per il disagio procurato durante i lavori (patto di maggior tutela per il proprietario). I lavori progettati da TAP hanno ottenuto il decreto di Compatibilità Ambientale nel 2014 e quello del Ministero per lo Sviluppo Economico nel 2015. Per le limitazioni d’uso dei terreni e per le servitù imposte dalla realizzazione del gasdotto, TAP ha concordato con i vari soggetti interessati – anche in Albania e Grecia – diverse forme di indennità; ad esempio, con il Comune di Melendugno, 3 milioni di euro per gli anni nei quali verranno fatti i lavori e 500mila euro all’anno di imposte che la Compagnia pagherà: 18 milioni complessivi per la durata della concessione. Per i beni e i terreni agricoli – con il supporto di agenzie immobiliari e agronomi – TAP ha liquidato le indennità prima dell’inizio dei lavori.

Per concludere: la TAP (Trans Adriatic Pipeline) è una delle tante grandi opere che viene ad aggiungersi alle molte esistenti nel mondo. TAP è anche una piccola-grande storia di entusiasmi e di contrasti, di tecnologia sconvolgente e di agreste e millenaria continuità di lavoro. TAP è ancora garanzia aggiunta di sicurezza energetica e insieme ostinato rifiuto ideologico di cambiamento.

All’inizio ho citato il linguista americano che puntualizzava la differenza esistente e percepita tra “fatti” e “valori”. Posso concludere con un pensiero di Jules Henri Poincaré, matematico e fisico francese: “dubitare di tutto o credere a tutto sono due soluzioni egualmente comode che ci dispensano, l’una come l’altra, dal riflettere”. Sarebbe bello, ancora una volta, considerare l’importanza di quest’ultimo verbo.

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com


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