Chi va a Valencia non può perdere l’appuntamento con una paella; ma per mangiarla nel modo più autentico, ecco dei precetti che vengono direttamente dagli chef valenciani

Pochi giorni fa, il 20 settembre, a Valencia si è celebrato il “Giorno della paella”. Da alcuni anni i cuochi valencians si spogliano delle vesti di guardiani della ricetta segreta per condividere la paella col mondo. E così questa giornata è diventata una festa in tutto il mondo.
Lo chef Mateus Ávila Lobo Coelho, del Restaurante Albufera di Milano, proprio in occasione di questa ricorrenza ricorda alcune “regole” per mangiare la paella che chiunque vada a Valencia dovrebbe tradizionalmente seguire: consuetudini che i locali rispettano, anche se i turisti spesso ignorano completamente.
Prima regola
Per esempio, la paella è un piatto creato con la carne oppure con il pesce, ma i due ingredienti non andrebbero mai mescolati: dunque se chiederete una paella “mista” a Valencia, è possibile che il cameriere storca il naso. Certo, un’ottima commistione di sapori, e forse è la ricetta più famosa al di fuori della Spagna, ma non rientra nella tradizione della paella.
Seconda regola

Un’altra regola tradizionale da seguire viene infranta ogni volta che ordiniamo una paella per cena: la paella si mangia, per tradizione, esclusivamente per pranzo (certo però nessuno vi sgriderà se cenerete con un “mariscos” o una “negra”).
Terza regola

La terza regola – che ha un’importanza che va ben oltre l’essere solo cibo – riguarda la condivisione: la tradizione non ammette monoporzioni di paella. La porzione più piccola di paella è almeno per due persone. Questo significa che la paella è un piatto che va condiviso. La padella che la contiene viene posta a centro tavola, e suddivisa in porzioni di forma triangolare, come quando si taglia una torta.
Quarta regola
La quarta ed ultima regola – ed anche la più interessante – è una sola parola: incontro. Così come in Italia ci incontriamo con la scusa del caffè o dell’aperitivo, a Valencia la scusa è proprio la paella. Questo piatto assume un significato di ritrovo, la buona scusa per organizzare un appuntamento.

Queste consuetudini (e tante altre che appartengono alla tradizione) sono solo tracce, che chiunque è libero di ignorare senza incorrere in sguardi biechi di cuochi e camerieri. Ma le caratteristiche di condivisione e di incontro di un piatto che da Valencia si è diffuso prima in tutta la Spagna, poi in Europa e nel mondo intero, sono valori aggiunti da non ignorare mai, e che forse miglioreranno il sapore del riso già squisito.
Curiosità
Chef Mateus, mentre impiatta una valenciana, dà un altro consiglio: il riso che si attacca alla padella non è da lasciare, anzi è la parte più buona della paella: è il cosiddetto socarrat, il riso un po’ bruciacchiato ma più saporito, che forma una crosta croccante da gustare appieno: un valore aggiunto ad un piatto prelibato già di per sé. Provare per credere!
Testo di Stefano Ghetti| Riproduzione riservata Latitudeslife.com
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