Cercando il romanzo del fiume Oglio

Nella grande letteratura spesso al centro della narrazione si trova il fiume. Forse perché nel suo scorrere intercetta e racconta storie grandi e piccole di uomini, luoghi, piante e animali, tracciando nel tempo una scia colma di memorie e fantasia. E poi è gravido di metafore e bene rappresenta il viaggio, fuori e dentro di noi. Dal punto in cui l’Oglio si congeda dal Lago d’Iseo per iniziare il suo cammino verso il Po, è un fluire insieme a lui e al suo intorno di fatti, personaggi, esistenze. Il Parco lombardo che ne tutela l’integrità si sforza di conservarne anche l’identità. Entrambe compiti non semplici. Ma proprio grazie al Parco Regionale, nelle sue articolazioni Nord e Sud, oggi è più facile venire qui ed entrare in un mondo ancora impregnato di vissuto, bellezze, tradizioni, rarità; e orgoglio di chi si spende affinché non vadano perduti. Una discesa lenta e “bustrofedica”, andando a zig-zag all’interno delle aree tutelate come il bue che ara, ci farà trovare le parole per raccontarlo.

“La luce rossastra del tramonto produceva strani riflessi sull’acqua, tinteggiava di fuoco le cime degli alberi e incipriava d’oro le nuvole ammassate all’orizzonte. Era l’ora del profondo incanto, dell’estatica speranza, della nostalgia” – Tre uomini in barca – Jerome K. Jerome – fiume Tamigi

Il bosco flottante, l’officina delle locomotive, la campanara sorridente – Parco Oglio Nord

In nostro viaggio inizia da qui, qualche centinaio di metri oltre la diga di Paratico che chiude il Lago Sebino per regolare le acque dell’Oglio. Bisognava essere piuttosto bislacchi ma arguti per piantare in un’ansa spesso allagata della riva sinistra un bosco di tassodi, alberi tipici delle zone umide nord americane, roba completamente avulsa dal contesto. Oggi una passerella nell’area tutelata consente di passeggiare a lato di queste grandi conifere, ammirando d’autunno e inverno il rosso ruggine dei tronchi e delle foglie. Germani, svassi, gallinelle e il raro, cromatico, guizzante martin pescatore ne hanno fatto la loro casa, mente l’airone cenerino, evento raro, addirittura nidifica in primavera fra le fitte chiome. Le piante vivono bene, perché si giovano di caratteristici tubercoli radicali affioranti dal suolo detti pneumatofori, che le fanno respirare anche quando il terreno è allagato. Se rimarrete delusi per non aver scorto fra il fogliame palustre anche il profilo inquietante di un caimano, in pochi minuti ci sarà di che consolarsi.

I tassodi di Paratico respirano anche quando sommersi dall’acqua e rosseggiano nella luce autunnale

Un tempo le alte mura contenevano un rimessaggio delle locomotive della linea Palazzolo-Paratico. Su iniziativa del Comune, dove meccanici e ferrovieri sudavano e imprecavano fra ingranaggi e pistoni oggi c’è l’Org, un elegante bistrot in cui è possibile manutenere adeguatamente il palato con cibi e vini della zona, dormire, acquistare cose buone, informarsi sui dintorni. Da questi edifici di fine Ottocento parte una bella passeggiata verso il lago, in primavera ci saranno bici in affitto per percorrere almeno un tratto della lunga ciclabile dell’Oglio, dalla foce alle sorgenti, e un paio di volte l’anno si potrà prendere un vero treno a vapore. Prima di lasciare Paratico seguendo la placida corrente, il richiamo della collina è troppo forte per non farsi tentare e salire ad un estremo angolo di Franciacorta. L’azienda vitivinicola Bredasole rende onore con serietà e modestia al meglio di una zona rinomata, ma ultimamente anche preda di mode un po’ troppo commerciali.

L’azienda vitivinicola Bredasole, in un angolo di Franciacorta all’interno del Parco Oglio Nord, produce con metodo classico spumanti di alta qualità e poi rossi esclusivi

Del resto la capacità imprenditoriale e produttiva di queste contrade è storia antica. Lo capiremo andando a Palazzolo sull’Oglio, cittadina operosa edificata verso la fine del XII secolo, crocevia strategico fra Brescia, Bergamo e Milano, che deve al fiume e ai suoi canali l’agricoltura fiorente e la forza motrice per i mulini nel medio evo, sostituiti da grandi cotonifici a metà del XIX secolo. La Torre del Popolo è figlia dell’estro di diversi architetti che tra il 1813 e il 1830 si spinsero sempre più su, fino a farne la torre circolare civica campanaria in mattoni più alta d’Europa. Appoggiata sulla torre della Mirabella, che apparteneva alla cinta muraria difensiva dell’antica Rocha Magna, venne fortemente voluta dai palazzolesi che si tassarono per anni per vederla salire.

Maria Rosa insieme agli altri volontari gestisce e cura il funzionamento delle campane e accompagna i visitatori della Torre di Palazzolo

Oggi quell’orgoglio non è per niente sopito anzi, nonostante il fiatone, l’abbiamo colto vivo e palpitante negli occhi ridenti di Maria Rosa, simpatica, scattante e atletica campanara, entusiasta di farci visitare l’interno, spiegando sequenze e partiture dei vari rintocchi. E facendoci ammirare l’ingegnoso meccanismo originale per il movimento delle lancette, restaurato e perfettamente funzionante, anche se ormai sostituito da un motore elettrico. Un poco intimiditi dalle poderose statue dei Santi e di Maria Maddalena ci affacciamo dalla balaustra.

La Torre del Popolo o di San Fedele, costruita in mattoni, è alta 91 metri. La maggiore in Europa

Il fiume taglia l’abitato accarezzando il ponte romano e contrastando i tetti ocra del centro come una pennellata opalina dai riflessi lucenti nel pallido sole autunnale. In lontananza grandi serre e tante fabbriche. Il lavoro è quasi una religione, ma la cultura non dorme. Tutt’altro: nelle terre del fiume abituiamoci all’idea di arti e nobili mestieri, artigianato di pregio e fonti del sapere, che siano cittadine, villaggi o mondo rurale. Così a Palazzolo, celato da un antico cortile, scopriamo il piccolo, delizioso, Teatro Sociale. Una bomboniera realizzata nel 1870 negli spazi allora occupati dalla caserma Disciplina, che in precedenza avevano ospitato la chiesa della Confraternita dei Disciplini o di San Francesco. Solo 140 posti a sedere, un cartellone fitto e tante iniziative.

Il piccolo e prezioso Teatro Sociale di Palazzolo sull’Oglio

“In un piccolo paese […], mi è stata raccontata la storia d’un vecchio tipografo che s’era ritirato dal lavoro perché voleva finalmente scrivere un memoriale […] avrebbe dovuto trattare questo argomento: come fa il mondo ad andare avanti” – Narratori delle pianure – Gianni Celati, Po e Oglio

Allons enfants, détruisons Venise! Verso la rocca dei film e la stamperia ebraica, fino al tempio contadino – Parco Oglio Nord

Procedendo come detto con l’aratro alla traina, dalla provincia di Bergamo siamo passati a quella di Brescia e ora, di nuovo, a quella di Bergamo. Calcio è un simpatico e vitale paese di cinquemila abitanti. Se vedrete aggirarsi qualcuno con la testa per aria non allarmatevi. Sta ammirando uno dei 47 murales sparsi per le strade centrali. Una galleria all’aperto con opere che raccontano la storia locale, il passato, la vita quotidiana, la campagna, la fatica, le devozioni, i paesaggi con i canali, le rogge, il fiume. Una piccola, niente affatto trascurabile, gioia per gli occhi.

Calcio fa parte del gruppo dei Paesi Dipinti italiani, i temi riguardano soprattutto il mondo agricolo

Oglio, come per tanti suoi fratelli, vuol dire anche antichi confini, lotte fra potenze e casati, guerre e tumulti. La porta di Sant’Andrea, addossata alla rocca di Orzinuovi, fotografa bene questi travagli. Il fregio marmoreo alla sommità rappresenta il Leone alato di San Marco. La testa è stata frantumata. Furono i filo giacobini a infierire sul simbolo dell’odiata Venezia, per quasi quattro secoli padrona della città. Dopo la breve fiammata napoleonica ci pensarono però gli austriaci a fargli abbassare la cresta, almeno temporaneamente. Orzinuovi ha un che di Quarto Stato, e un qualcosa del Novecento cinematografico che induce un poco di commozione in chi scrive, riconoscendo la terra natia paterna mai più rivista. Ma il fiume è sempre lì con le sue lusinghe e un rosario di bellezze da sgranare.

Il leone alato sulla Porta di Sant’Andrea a Orzinuovi, vandalizzato dai filo giacobini. la testa era (sempre) rivolta ad est, verso la Serenissima

E sempre a proposito di film c’è tanta perfezione nell’arcigna Rocca Sforzesca di Soncino, sull’altra sponda, provincia di Cremona, che viene spontaneo pensarla come set. Azzeccandoci. Diverse pellicole l’hanno utilizzata. La più famosa è forse Ladyhawke del 1985, con Michelle Pfeiffer, Matthew Broderick e Rutger Hauer. La bassa collina su cui poggia bastava a farne un presidio fondamentale a guardia dei confini. Intatta e perfettamente conservata, merita assolutamente una visita. Così come tutto il centro, e gli opifici dell’antica filanda, con il Museo della Seta, opportunamente recuperati, a lato del castello. Dunque l’inserimento fra i Borghi più Belli d’Italia non è casuale.

La Rocca Sforzesca di Soncino, utilizzata spesso come set cinematografico

Il fiume non smette di mandarci segnali. Ora, in una austera casa tardo gotica del borgo fortificato, ci parla di Israel Nathan “Soncino”, che verso la fine del Quattrocento promosse la creazione di una stamperia a caratteri mobili.  Era arrivato con la famiglia da Spira, città tedesca vicino Magonza, per fuggire alle persecuzioni contro gli ebrei. Capì che la nuova scoperta, da porre “sopra tutte le invenzioni stupende” (parole di Galileo), sarebbe stata il futuro. A Soncino nel 1488 venne stampata la prima Bibbia completa di segni vocalici in ebraico, e ancora se ne può vedere una riproduzione del calco originale, in questo che oggi è l’interessante ed emozionante Museo della Stampa.

Museo della Stampa di Soncino: la riproduzione del calco originale con cui nel 1488 venne stampata la prima Bibbia completa di segni vocalici in ebraico

Pochi chilometri verso la piana agricola e un paesino di 600 anime ci riserva un altro incontro da incorniciare. Se fossimo in Provenza lo ritroveremmo in qualche pagina di un romanzo rosa o di una sceneggiatura romantica. La Cesuolina di Anzanello ci appare fra le prime brume della sera. E’ la cinquecentesca chiesa sconsacrata dedicata ai Santi Quirico e Giuditta, ora stipata con gusto, amorevole cura e senso genuino per la coreografia dai volontari del museo La Gremula – dal nome dell’attrezzo di legno che era utilizzato per produrre il pan biscotto – con oggetti e memorie del mondo contadino. Ed è come se così avesse trovato una nuova consacrazione. Alla fatica, alla vita semplice, ai volti segnati e antichi di gente spesso povera ma piena di dignità.

La Cesuolina di Anzanello. La chiesa sconsacrata ha trovato una nuova missione: celebrare la vita contadina

“È bello vivere su una zattera. In alto c’era il cielo, tutto punteggiato di stelle, e ce ne stavamo coricati a guardarle, e a discutere se fossero state create, o fosse stato soltanto un caso…” – Huckleberry Finn – MarK Twain, Mississippi

Un’altra bomboniera, la casa perduta delle bambole, il prete guerriero – Parco Oglio Sud

Ostiano, insieme a Volongo, è l’unico comune cremonese ubicato oltre il fiume, sponda settentrionale, e già questo rinvia ad aspre contese. Dopo varie vicissitudini nel 1414 entrò a far parte dei domini gonzagheschi e ci rimase fino al 1746. La presenza degli ebrei favorita dal casato mantovano è attestata dalla sinagoga, purtroppo molto malandata, all’interno della Rocca. Pazienza, c’è altro da vedere fra le mura, senza lasciarsi distrarre, per ora, da voci che alludono a salumi strepitosi a un tiro di schioppo (vedi oltre). Un altro teatro, un altro gioiellino: il Teatro Gonzaga. Recentemente restaurato è in stile ottocentesco, con piacevoli decori tra il leggiadro e il grottesco di notevole effetto.

I pioppeti sono tipici delle zone esondabili sull’Oglio

La zona del Parco Regionale Oglio Sud è decisamente a vocazione agricola. Il fiume prende la forma di un serpente a spire strette, creando anse suggestive fra canneti e prime golene in cui il pioppo si affaccia come pianta resiliente e redditizia. Un tempo il letto scorreva più rettilineo, lo si capisce da nomi di paesi come Isola Dovarese, altro punto da segnare per motivi soprattutto culinari. Ma anche in questo territorio fiorivano eccellenze manifatturiere. Il museo Furga dedicato al giocattolo di Canneto Sull’Oglio ci riempie di stupore con un pizzico di tristezza… Le bambole della casa mantovana hanno nutrito i sogni e la fantasia di almeno tre generazione di bambine (e forse anche di qualche bimbo…). In queste sale vediamo scorrere la storia di un patrimonio di creatività e perizia industriale di stampo artigianale ormai perduto, ammirando le fattezze e i vestitini cambiare secondo le mode e i mutamenti della società.

Nel Museo del Giocattolo di Canneto si racconta la storia di un distretto vitale e della un tempo famosa casa Furga

“Le mani, cinquant’anni che lavorano, i campi che oggi ho visto intorno a Bozzolo. Non è molto elegante e poi bestemmia un po’, ma il cuore ce l’ha in faccia e te lo dà.” Così cantava Gino Paoli in una ode alla sua maniera dedicata al paese dove amava spendere il tempo fra amici fraterni, così lontani da “quella gran città fatta di cadaveri”. Non hanno un carattere facile da queste parti ma sanno dire pane al pane e vino al vino. Don Primo Mazzolari si era formato come cappellano fra le trincee tristissime e insanguinate della Grande Guerra. Poi era tornato a fare il prete, proprio a Bozzolo. Nei suoi scritti, nelle sue prediche, nei suoi interventi contro l’ingiustizia a favore della pace e sulla necessità della vicinanza e dell’incontro con l’”altro” si trova un messaggio forte, di grande attualità.

Don Primo Mazzolari è ancora oggi considerato una voce originale, viva e profetica nel mondo cattolico

Durante il fascismo cercarono addirittura di ucciderlo, e dopo la Liberazione per molto tempo le autorità ecclesiastiche lo censurarono e contrastarono. Inutilmente. Fino a quando il futuro Paolo VI e lo stesso Giovanni XXIII ne riconobbero il valore e lo riabilitarono, purtroppo solo poco prima che se ne andasse, concludendo il suo viaggio di “pellegrino” sul quel pulpito da cui lanciava messaggi che oggi sembrano andare contro corrente. La Fondazione di via Castello in Bozzolo raccoglie, custodisce e diffonde il patrimonio documentale storico di Don Primo Mazzolari e ne valorizza l’opera. A rendere omaggio al prete scomodo, amico di Don Milani, qui sono venuti Papa Francesco e il Presidente Sergio Mattarella.

Nel mondo stanno accadendo cose incredibili. A portata di mano, sull’altra riva del fiume, c’è ogni sorta di apparecchiatura magica, e noi continuiamo a vivere come gli asini” – Cent’anni di solitudine – Gabriel G. Marquez, fiume Cataca (probabilmente)

La frutta che brucia, il ciclope delle acque, i ponti di barche – Parco Oglio Sud

Questa parte della Bassa Padana è famosa per cibi gustosi e caratteristici. La ricercatezza e la sapidità di molti piatti sono dovute probabilmente ai Gonzaga, noti per essere raffinati gourmand. Dunque la curiosità e l’acquolina ci muovono verso Campitello di Marcaria, sempre nell’area del Parco, dove l’Agriturismo Senga prepara, fra altre delizie, delle mostarde mantovane da sballo (in un certo senso danno dipendenza…). Mentre i nostri buoi metaforici brucano placidamente facciamo la conoscenza della ventina e passa di varietà lavorate dai soci: si va dalle classiche, mela, pera, mela cotogna, zucca, melone, a quelle più originali, come fragola, cipolla, mela e caffè, prugne, kiwi, e altre in purezza o abbinate. Frutta e verdura sono coltivate in azienda e la preparazione rispetta rigorosamente le qualità organolettiche di ogni varietà. La palma di chi scrive va all’anguria bianca e al fico. Per la mostarda non esistono vie di mezzo: o la si ama o la si odia. Quella di Senga, decisa nella senape, picchia di brutto: astenersi titubanti.

L’anguria bianca viene coltivata appositamente per ricavarne gustosa mostarda. Quella di Senga è decisa e saporita

Non ci siamo dimenticati del fiume, nonostante le tentazioni. Percorriamo l’argine verso la confluenza col Po. Le piogge autunnali hanno gonfiato il letto che, in alcuni tratti, ha coperto la zona esondabile. Dall’altro lato grandi cascine a corte aperta o chiusa fra campi di zucche o nera terra arata. Poi un mastodonte di 9 corpi di fabbrica posto su una platea lunga 182 metri e larga 35 fondata su palafitte copre l’orizzonte. È l’impianto di prosciugamento di San Matteo delle Chiaviche, che controlla contemporaneamente il livello di tre canali di deflusso, azionando alla bisogna delle grandi pompe di scarico nell’Oglio. Venne costruito tra il 1923 e il 1940. Bisogna riconoscere che l’architettura razionalista degli enormi edifici ha un certo fascino austero. Dentro i locali privi di parete divisoria una serie di sale macchine, alcune ancora originali e funzionanti.  Impressionanti nel magazzino gli antichi generatori elettrici di continuità, derivati da motori di sottomarini della regia marina.

I generatori per alimentare le pompe, ormai in disuso, erano ricavati dai motori dei sottomarini

Ci muoviamo ormai per l’appuntamento fatale, e allora concediamoci una sosta propedeutica, per arrivare preparati. L’imponente Torrazzo Gonzaghesco di Commessaggio del XVI secolo domina il ponte di barche sul canale Navarolo, voluto dai cittadini, che hanno contribuito sia lavorando sia per l’acquisto dei materiali. Una versione minore ma sempre suggestiva di quello di Torre d’Oglio, sulla strada tra San Matteo delle Chiaviche e Cesole. Venne costruito nel 1926 e con quello di Bereguardo, sul Ticino, in provincia di Pavia, è forse l’ultimo di fiume rimasto. Lo salutiamo perché poco oltre ci aspetta la stazione finale. Alla foce le acque intorbidite dell’Oglio incontrano il chiarore metallico del Po, ora ingrandito dalle precipitazioni più a nord. La linea che si disegna un poco ricorda il più famoso incontro fra Rio Negro e Rio Solimões, presso Manaus, in Amazzonia. E allo stesso modo pare simboleggiare ciò che abita la nostra anima, fatta di chiaro scuri, che ci portiamo dietro, giorno dopo giorno, nel racconto della vita. Ma almeno, finché scorre libero, il fiume…

“… c’è, non sparisce, non promette ciò che non mantiene, non abbandona, scorre fedele e verificabile; non conosce l’azzardo della teologia, le perversioni ideologiche, le delusioni dell’amore.” – Danubio – Claudio Magris

Il ponte di barche sul canale Navarolo a Commessaggio, poco lontano da quello di Torre d’Oglio, presso lo sbocco nel Po

Mangiare (bere) & Dormire

Lungo il suo percorso da monte a valle l’Oglio abbraccia terre generose, con produzioni agro alimentari buone e di sostanza. Qui domina il maiale, per salumi e insaccati tutti da conoscere e, spesso, da scoprire per quanto rari e gustosi. Nei campi soprattutto mais, e poi zucche, angurie, mitici meloni, l’originale radice amara di Soncino. E ancora il pesce di fiume, i formaggi vaccini e caprini, i distillati aromatici d’erbe e spezie. Da segnalare le nuove modalità di coltivare e produrre, più rispettose e sostenibili, per iniziativa di molti giovani che tornano alla campagna.

Oltre a quelli già citati, ecco alcuni nomi da segnarsi per un viaggio d’iniziazione gastronomica e non solo nella zona del Parco.

Società Agricola Pagani – Via Verdi 7, Palazzolo sull’Oglio (BS)

Coltiva e vende direttamente nello spaccio agricolo, ortaggi, frutta, cereali (farine di grano e per polenta con il mais Quarantino, macinate a pietra), composte. Verso la certificazione bio, un punto di riferimento certo e affidabile per la spesa di casa.

Il mais Quarantino steso a essiccare, pronto per la macina e per polente d’altri tempi

Azienda Agricola Bertoli Angelo – Via Valverde 15, Castelli Calepio (BG)

Produzione di vini tipici della Val Calepio, premiata per alcune bottiglie, tra cui il potente e complesso IGP Franconia, un concerto di profumi.

Azienda Agricola Biologica Bertoli Emiliana – Via Cividate 60, Pontoglio (BS)

Nessuna parentela con Angelo, ma la stessa voglia di produrre cose buone e genuine. Bella tempra di giovane donna tosta e determinata, come altre ne incontreremo quaggiù, predica e attua il biologico dove la monocultura ha sempre imperversato. Piccoli frutti, pere e mele di varietà antiche, mais Quarantino e grano Senatore Cappelli. Freschi, confetture, farine, dolci, birra e un pane spettacolare.

Il buon pane bio di Emiliana

Enoteca Nettare Di Vino – Via Francesca 27/1, Orzinuovi (BS)

Passando da Orzinuovi una sosta in questa semplice ma fornitissima enoteca permette di trovare l’Anesone Triduo, liquore a base di anice stellato e altri ingredienti tra cui cannella, semi di coriandolo, finocchio, acqua di rose, carrube. “Triduo” perché distillato tre volte. È stato inventato proprio qui, a metà Ottocento, ma oggi si produce in altre zone della provincia. Corroborante, tonico, digestivo, originale: una ramazza.

Oi Società Agricola di Berta e Camilucci s.s. – Via Maglio 34, Urago d’Oglio (BS)

“Oi”, come un tempo si chiamava il fiume Oglio nel cui parco agricolo i soci coltivano l’orzo impiegato per una birra assolutamente naturale: niente filtratura e pastorizzazione, ma lenta rifermentazione in bottiglia. Nel simpatico locale di vendita/degustazione anche altri prodotti del territorio e la possibilità di assaggiare salumi fantastici, tra cui il raro Ret, salame dalle grandi dimensioni, riservato alle occasioni di festa, Denominazione Comunale di Capriolo.

Il “Ret”, salame di grandi dimensioni a lunga stagionatura per le grandi occasioni, Denominazione Comunale di Capriolo (BS)

Macelleria Bonali – Via Razzetto, 5 – 25027 Quinzano d’Oglio (BS)

Ottime carni, ma soprattutto è l’unico posto autorizzato alla vendita del salame a Denominazione Comunale di Quinzano, dal rigido disciplinare, spaziale nella versione da cuocere e servire caldo.

Macelleria Lazzari – Via Garibaldi 31, Ostiano (CR)

La nostra sfilata di templi del suino non poteva che concludersi qui. Una famiglia di norcini conserva il culto della stagionatura estrema. Se ne giova tra gli altri una pancetta morbidissima che ha riposato in buona compagnia nel crotto segreto per quattro anni. La signora Rosella è anche ottima cuoca e pasticcera per acquisti espressi.

Le spezie fondamentali per ogni buon insaccato dell’Oglio

Fattorie Della Valle – Via della Vittoria 37/a, Castelfranco D’Oglio di Drizzona (CR)

Un altro giovane coraggioso ed entusiasta ha abbracciato l’agricoltura biodinamica coltivando 5 ettari ad ortaggi, frutta e cereali. Fra i prodotti passata di pomodoro, sott’oli, mostarde, dado vegetale, farine, verdure e frutta disidratate tutte da scoprire.

Corte Pagliare Verdieri – Via Grande 2, Commessaggio (MN)

Nella sua cascina a corte aperta risalente al XVIII secolo Mimma Vignoli conduce da anni con tenacia, simpatia e determinazione la sua battaglia per un’agricoltura e una produzione biologiche. Nei 20 ettari della tenuta in particolare vite del tipico Lambrusco Viadanese, lavorato in cantina anche nella versione ferma: una rarità da conoscere, come chi la crea.

Il raro e premiato Lambrusco Viadanese fermo

Per una sosta anche rapida ma piacevole:

Planet Cafe Shop – Via Mazzini 1, Paratico (BS): vini, caffè e the selezionati e spuntini con prodotti tipici

Pizzeria al Fienile – Via Dogane 1B, Palazzolo sull’Oglio (BS): citata da numerose guide, molti ingredienti da presidi Slow Food

Con calma:

Hotel Ristorante Palazzo Quaranta – Largo Vittoria 10, Isola Dovarese (CR)

In un bel palazzo del settecento riconvertito al Liberty eleganza e cucina territoriale di qualità si tengono per mano. Sontuosi marubini in brodo, risotti, pesce di fiume (compresi luccio e storione), zabaione e isolini: autenticità con una giusta dose di creatività. Nel palazzo poche stanze e suites arredate con ricercatezza. Professionalità e calore, con una citazione speciale per il capofamiglia, migrato da ragazzo in Inghilterra e fondatore del primo ristorante italiano a Stratford-upon-Avon, per un tocco di poesia in più.

Arredi d’epoca nelle suites di Palazzo Quaranta

Agriturismo Corte Palazzo – Strada Mosio 14, Marcaria (MN)

Una struttura risalente al 1427 come roccaforte dei Gonzaga, oggi offre 8 confortevoli junior suite e una cucina con il meglio dei prodotti locali, a cominciare dalle carni, da allevamento in proprio. Notevoli antipasti e salumi di campagna, tortelli di zucca e dolci senza risparmio calorico.

Agriturismo La Rovere – Strada Contrargine Sud 28 bis, Cesole di Marcaria (MN)

Poco lontano dalla foce dell’Oglio, in questa tradizionale cascina di campagna una fata delle erbe dispensa ricette di famiglia e ospita in tre belle camere. Mariarosa Lazzarini ha imparato tutti i segreti delle erbe spontanee locali e le utilizza con sapienza in cucina per frittate e altre ghiottonerie. Ricette veraci mantovane, dai tortelli di zucca, al sorbir d’agnoli, alla torta sbrisolona, e prodotti genuini della fattoria.

Relais Villa Zaccaria Via Guglielmo Marconi 2, Bordolano (CR)

Una magnifica e imponente villa con diverse corti e un grande parco, di origini cinquecentesche, ospita diversi appartamenti e suites eleganti, spaziosi e molto confortevoli. Tante le sale destinate al ristorante, una più sfarzosa dell’altra. dal 2019 una innovativa formula di modello ricettivo “Appartamenti/Suite uso albergo”, rende comodissimi prenotazioni e soggiorni.

 Parco Oglio Nord

Parco Oglio Sud

Testo e foto di Gianfranco Podestà|Riproduzione riservata ©Latitudeslife.com

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