Sorprendenti solitudini

Una coppia a passeggio lungo la spiaggia Foto di Mike Flynn da Pixabay

Oggi, 1° maggio 2020, è la Festa del Lavoro. Festa che la Chiesa glorifica nella figura di San Giuseppe falegname, simbolo di paterna operosità. Questa rubrica settimanale – nata nel 2014 su invito dei due amici che hanno fondato e accompagnato la crescita e il successo di Latitudes – gode del privilegio di non avere un tema fisso; naturalmente si occupa anche di turismo e di viaggi, mission primaria del magazine, ma poi spazia ribelle e felice toccando cento temi diversi, molti dei quali sono forzatamente condizionati dagli avvenimenti (semplici o epocali) che il calendario propone. Ed è sotto gli occhi di tutti constatare come il condizionamento non gradito di questi ultimi mesi sia decisamente epocale: si chiama Covid-19, distruttivo come una guerra e destabilizzante come un incubo, dato che non si sa bene quando si dissolverà. Da mesi la brutta bestia è l’invisibile timone impazzito che si è arrogato il diritto di guidare le nostre esistenze; impreparate esistenze che navigano e si arrabattano in un oceano di timori e di dubbi. Covid-19: bubbone esploso lontano e arrivato con un salto triplo dall’oriente; subito temuto, combattuto, odiato e alla fine maledetto, questo raffreddore andato a male che ha sconvolto, senza preavviso e ritegno alcuno, le nostre abitudini di vita. Diciamolo chiaramente: il Coronavirus, protagonista assoluto dell’anno Venti-Venti, fa purtroppo parte della nostra realtà e per uno che scrive – per professione e per piacere – come faccio io, rappresenta quasi un tema obbligato attorno al quale annodare altre storie: incredibili, edificanti, sicuramente personali e, perché no, universali.

una foto dei tempi della scuola: Federico in alto a destra, Silvana in basso a sinistra

La vita è senza dubbio strana ed è molto spesso prodiga di sorprese che, di volta in volta, determinano nel soggetto interessato sensazioni e comportamenti tra loro diversissimi a seconda di come si sono manifestati, ma che raramente lasciano indifferenti; altrimenti non sarebbero sorprese. Attraverso i social, salotti o parloir dei tempi moderni, ho trovato un commento (Scusi, da ragazzo abitava al Carrobbio? Grazie). Una richiesta gentile, educata, senza il “tu”brutale di una confidenza all’inizio inesistente, con tanto di ringraziamento finale. Una perla! A proposito: al Carrobbio (crocicchio, incrocio, dal latino medievale quadrivium) slargo milanese compreso tra le vie Torino, Cesare Correnti, corso di Porta Ticinese e altre minori, io non abitavo; ho quindi risposto a Silvana che abitavo un po’ più in là del Carrobbio e che ricordavo una compagna di classe con il suo cognome. Sorprendente l’intervento successivo: …si, ti ricordo molto bene, eri negli ultimi banchi (perché più alto e forse meno tranquillo dei compagni, n.d.r.) e ricordo che declamavi l’Iliade e l’Odissea; associavo la tua voce a quella di un attore, di un fine dicitore. Un ricordo piuttosto dettagliato, quello di Silvana, e a mio parere decisamente esagerato. Non nascondo di aver subito dirottato la memoria in quella terza Media di tanti (troppi) anni fa. Ho ricuperato la foto di classe di fine anno, con le ragazze e la professoressa Campogrande in prima e seconda fila e i maschi dietro ancora, in piedi su una panca. Ricordo i nomi di tutti (o quasi) ma non ricordo come fossimo distribuiti nei vari banchi, particolare che al contrario sarà nitido per Silvana. Però mi è visivamente chiaro com’era lei: non molto alta, capelli scuri e corti, un faccino gradevole e proporzionato e uno sguardo fin troppo serio, per quell’età.

Una coppia a passeggio nella pineta © Lucio Rossi

Pochi giorni fa, a integrazione di questa storia personale che mi ha sorpreso e toccato non poco, ho ricevuto un messaggino così concepito: …tu che hai il dono della comunicazione, posta qualcosa per allietare la solitudine di noi in quarantena; poi, superato tutto, ci accosteremo con gioia ai tuoi libri. Accipicchia, Silvana! Non ti nascondo che è quel allietare la solitudine (che purtroppo ci accomuna) a imbarazzarmi; io la compagnia per la quarantena che rischia di diventare semestrale, fortunatamente ce l’ho; spero l’abbia anche tu. Altro motivo di preoccupazione è il verbo allietare; ci sarò sicuramente riuscito quando declamavo le opere di Omero, dal banco dell’ultima fila; forse avrete persino sghignazzato! Oggi, in dirittura d’arrivo dopo un lungo cammino, mi accontenterei di fregare in via definitiva il Covid-19. Ho imparato che la vita è una continua sorpresa di belle sensazioni e situazioni che, per fortuna, annullano i risvolti negativi. La riprova della positività degli accadimenti sei proprio tu. Due vite vissute e reciprocamente sconosciute: solo che Cassandra (per restare in carattere) questa volta ha partorito un oracolo positivo. Buona vita a te.

Libertas Dicendi n° 259 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com