
Classici, verdi con verdure, insaporiti con la Barbera, con farcia di animelle e cervella o ancora con carne d’asino. Una volta cotti non c’è che l’imbarazzo della scelta per il condimento: burro, salvia e parmigiano, sugo d’arrosto, in brodo di carne (ma talvolta anche con vino rosso) oppure tartufo o altre salse bianche per esaltarne il sapore. Anche se anticamente in realtà si preferiva consumarli al naturale per assaporarli al meglio.
Una pasta antica

Pasta golosa tipica della tradizione piemontese, gli agnolotti deriverebbero il loro nome da anulòt, che in dialetto indica una sorta di ferro dalla forma ad anello usato proprio per tagliare questa speciale pasta. Un piccolo capolavoro creato da semplici ingredienti con il ripieno racchiuso fra le due sfoglie di pasta all’uovo, tirate finissime per far intravedere la farcitura.
Secondo altri la ricetta (e il nome) sarebbe stata inventata invece da un cuoco del Monferrato, tale Angiolino detto Angelòt (da cui agnolotto). Qualunque sia la sua storia, questa pasta ripiena è stata inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani (PAT) e tutelata come prodotto regionale di qualità.
Non a caso è considerata uno dei piatti simbolo della tavola piemontese che da sempre ne conserva gelosamente i segreti di preparazione sbizzarrendosi in varianti (diverse da zona a zona), tutte però irresistibili al palato. Se la farcia cambia, la sfoglia rimane invece sempre uguale, sottile ma resistente alla cottura. Ecco qualche curiosità.
Quelli dal plin

Tipici delle zone di Langhe e Monferrato sono gli agnolotti dal plin, pizzicotto in piemontese, il gesto che si fa con le dita per richiudere questa pasta fresca. Se volete provare a prepararli questi sono gli ingredienti necessari per 4 persone; il tempo di preparazione e cottura è di circa 2 ore e mezza.
Per la pasta:
- mezzo chilo di farina di frumento
- un uovo intero
- tre tuorli
- un pizzico di sale
Per il ripieno:
- un pugno di riso
- 300 gr. di carne magra di vitello
- 100 gr. di spinaci
- una foglia di cavolo verza
- un porro
- una piccola cipolla
- un rametto di rosmarino
- un uovo
- vino rosso
- parmigiano reggiano
- olio extravergine di oliva
- sale quanto basta
Disposta la farina a fontana su un piano di lavoro, si aggiungono al centro uova, sale e acqua lavorati energicamente per ottenere un impasto omogeneo da lasciar riposare mentre si prepara il ripieno.
Si procede poi a cuocere in acqua salata il riso, a cui si uniscono a metà cottura cavolo e mezzo porro; a parte si lessano invece gli spinaci. Nel soffritto di cipolla, olio e rosmarino si fa rosolare la carne macinata sfumata con il vino e fatta cuocere lentamente. Al porro soffritto a parte si uniscono poi tutti gli altri ingredienti che vengono sminuzzati nel tritatutto.
La farcia pronta viene infine adagiata in piccole porzioni sulla pasta sfoglia stesa, come da tradizione, sull’asse di legno; chiusi a fagotto, gli agnolotti dal plin vengono tagliati uno ad uno con la rotella e cotti in abbondante acqua salata (4-5 minuti, non di più). Ottimi con il sugo d’arrosto.
Piccola Biblioteca di Cucina Letteraria

Allora Giuseppe, chi è che fa gli agnolotti più buoni? La signora Agnese o la mamma? E io, bastardissimo: Tutte e due. Seguiva la risata squillante di mio padre mentre mia madre scuoteva la testa e ribatteva: Allora la prossima volta mangi solo quelli di Agnese; ma si trattava di una finta.
Se volete sapere tutto, compresa qualche ricetta, di questa pasta piemontese vi consigliamo di leggere il libro di Giuseppe Culicchia (Agnolotti, Slow Food Editore); tratta della prima adolescenza, di prati e biciclette, di ragazze e amore ma anche di estate, della mamma e degli amici. E pure di agnolotti per l’autore sinonimo di festa, ancora oggi, a distanza di quarant’anni dalla giovinezza spensierata raccontata fra le pagine di questo scritto d’altri tempi. Perché i sapori e i profumi della cucina si possono assaporare anche in un libro.
Testo e foto Sonja Vietto Ramus |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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