Senza alcun dubbio Milano è città ricca di monumenti, chiese e palazzi; molti sono più belli e prestigiosi, altri più amati (il Duomo su tutti!) rispetto all’Arco della Pace che i milanesi chiamato Arch del Sempión; ciò non toglie che l’arco in pietra situato appunto all’inizio di corso Sempione possieda un fascino che in gran parte gli deriva dagli avvenimenti storici che l’hanno originato.

Da un arco in legno a quello in marmo
Si può dire che l’Arco di corso Sempione sia entrato nelle simpatie degli ambrosiani sin dall’inizio, grazie a un precedente storico curioso. Nel gennaio del 1806, su disegno del marchese Cagnola, viene infatti eretto un arco costruito in tela, gesso e legname, lungo il corso di Porta Orientale (oggi corso Venezia) dalla forma architettonica grosso modo simile all’arco in pietra attuale.
Costruzione effimera e temporanea, eretta per festeggiare l’ingresso in città degli sposi Eugenio di Beauharnais, viceré d’Italia, e Augusta di Baviera. Visto il successo di pubblico del manufatto, il consiglio comunale di Milano delibera il mese successivo di edificarne uno nuovo, che avrà dimora all’inizio di corso Sempione, rivolto quindi verso nord.
Costruzione dell’Arco: pietra, marmo e bronzi
Nei primi anni dell’Ottocento l’area della vecchia piazza d’Armi, un tempo fortificata, vede la realizzazione di numerosi progetti urbanistici che finiranno per dare un’impronta edilizia tutta particolare alla zona: Antolini progetta il Foro Bonaparte, Cagnola costruisce l’Arena Civica e contribuisce alla realizzazione della nuova Strada del Sempione che unirà idealmente Milano con Parigi.

A completamento di tali progetti, è sempre Luigi Cagnola che realizza l’Arco della Pace. Nell’anno 1807, in pieno periodo napoleonico, ha inizio la costruzione del monumento che avrà ai lati i caselli daziari; l’edificio ricalca i modelli romani della cultura classica del Settecento ed è in granito di Baveno, mentre i rivestimenti marmorei provengono dalle cave della piemontese Crevola d’Ossola.
L’arco, alto 25 metri e largo 24, è caratterizzato da tre porte a loro volta fiancheggiate da enormi colonne corinzie scanalate; sulla sommità, campeggia la scenografica Sestiga della Pace: un complesso bronzeo di Abbondio Sangiorgio che comprende il cocchio trainato da sei cavalli, con la Minerva in Pace, pesante statua di dieci tonnellate alta oltre quattro metri.
Quattro Vittorie a Cavallo, opere di Giovanni Putti, completano la sommità dell’Arco. Sopra la trabeazione del monumento vi sono poi le personificazioni dei principali fiumi del nord Italia: Po, Adda, Ticino e Tagliamento.
Dediche e dispute

La costruzione dell’Arco, iniziata nel 1807, viene interrotta alla caduta del regno d’Italia (1814) e sospesa l’anno dopo con la disfatta di Napoleone a Waterloo. La ripresa vera e propria dei lavori si ha nel 1822 con una nuova serie di bassorilievi; particolare curioso: la sestiga in bronzo, prima rivolta verso la Francia, cambia posizione e fronteggia ora il Castello (quasi a farsi beffe dei francesi!).
Francesco I d’Austria (è il 1826) ordina il completamento del monumento che viene definitivamente dedicato alla Pace Europea del 1815. Nel 1833 muore l’architetto Cagnola; i lavori vengono proseguiti da Francesco Peverelli e Francesco Londonio, per terminare nell’anno 1837.
L’anno dopo sarà l’Imperatore Ferdinando I d’Austria ad inaugurare l’Arco ultimato, in concomitanza con la sua incoronazione; è il 19 settembre del 1838.
Ultime date per completare la storia dell’Arco della Pace: il 1848 registra l’epopea delle gloriose Cinque Giornate per la liberazione di Milano dal giogo austriaco; il 1859 vede la vittoria di Magenta e l’arrivo trionfale nell’Arco di corso Sempione di Napoleone III e di Vittorio Emanuele II, acclamato re d’Italia. Scomparse le dediche del periodo francese, vengono cancellate anche quelle fatte apporre dagli austriaci.
Nuova vita per l’Arco della Pace

Oggi gli spazi attorno all’Arco ospitano avvenimenti artistici, raduni politici o di categoria e sono area di svago per i cittadini.
Tra il 1998 e il 2010 sono stati eseguiti lavori di conservazione e pulizia dei bronzi, pulitura delle superfici lapidee e dei gruppi scultorei.
L’Arco è da sempre un monumento superstar.
C’è chi, come la giornalista e fotografa Elisabetta Pina, ha pensato di condensarne l’esistenza fotografandolo per un intero anno, tutti i giorni e alla stessa ora, col bello e col cattivo tempo. Un singolo atto d’amore che riflette quello diffuso dei milanesi per la loro città.
Libertas Dicendi n°301 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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