Dublino musei: la prigione di Kilmainham

Da temibile luogo di detenzione a monumento nazionale museo sulla storia del Nazionalismo Irlandese; è una tappa obbligatoria per capire la più recente storia e la lotta del popolo irlandese contro il dominio britannico.

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Foto di NakNakNak da Pixabay

Arrivato all’aeroporto nella capitale Irlandese, ad aspettarmi c’era un sole splendido e caldo, purtroppo appena aperto il portellone e sceso dalla scaletta, un vento gelido mi ricorda che le temperature d’Irlanda in questo periodo dell’anno sono un bel po’ più rigide del tepore appena lasciato in terra spagnola.

La mia ultima visita a Dublino risale agli anni ’90 e per le strade della città le mie orecchie erano cullate dalle note di Nothing compares to You della indimenticabile Sinead O’Connor e dai brani più in stile rock di Sunday Bloody Sunday degli U2

Ed è proprio collegandomi a questa ultima canzone, ed al suo significato, che mi accingo oggi, a distanza di anni, ad intraprendere una visita più mirata nella città di Dublino andando a scoprire, dietro consiglio di una amica residente, la terribile prigione di Kilmainham, conosciuta anche con il nome di New Gaol.

La storia del Nazionalismo Irlandese

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©Mirko Mondiali

Le carceri di Kilmainham si trovano ai margini occidentali della città, in direzione di Phoenix Park, il magnifico parco con i cervi al suo interno. Si può raggiungere la prigione arrivando con il treno fino alla stazione di Heuston oppure scendendo alla fermata Suir Road della Linea Rossa con il bus.

In entrambi i casi, una breve passeggiata vi separerà dalla vostra meta. La via più corta sarà da Suir Road, mentre la più interessante dal punto di vista del panorama, sarà quella che dalla stazione vi porterà a destinazione costeggiando il fiume Liffey, il principale corso d’acqua della città.

L’imponente edificio, oggi museo sulla storia del Nazionalismo Irlandese, è una tappa obbligatoria per capire la più recente storia del popolo irlandese contro il dominio dell’Impero britannico.

Chiamata New Gaol per distinguerla dalla vecchia prigione che dista appena 50 metri, fu costruita in 3 anni e completata nel 1795 e fino al 1924 fu considerata una delle carceri più terribili d’Europa.

Fuori il verde d’Irlanda, dentro tutto grigio

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Kilmainham Gaol. © National Monuments Service. Dipartimento di Arti, Patrimonio e Gaeltacht

Arrivati davanti all’ingresso siamo subito colpiti dalla struttura in mattoni grigi, si presenta massiccia, davvero massiccia e non è facile capire il senso di questo termine finché non ci si trova davanti ad un edificio come questo che ne incarna alla perfezione il significato. Siamo accompagnati da una guida che parla un inglese scandito e ben comprensibile.

Il gruppo di cui faccio parte è composto da 12 persone di varie nazionalità: ci sono francesi, alcuni danesi, 3 argentini, un americano ed io. La porta d’ingresso principale è piccola e stretta, un piccolo spioncino grigio scruta il nostro passaggio dandoci il primo brivido della giornata.

L’interno si presenta come un altissimo cortile chiuso, a ferro di cavallo, con le 100 celle di reclusione disposte su quattro piani che si affacciano tutti nell’androne, l’intera struttura è fatta di ferro e mattoni grigi.

Tutto è grigio qui dentro ed il verde meraviglioso che invade l’Irlanda è rimasto fuori, qui non è riuscito a penetrare. Ogni piano è collegato da passaggi e scale in ferro dipinto di grigio.

Ogni cella è piccola e buia, in nessuna di queste è possibile veder la luce del sole e, dettaglio che mi ha fatto sentire di nuovo i brividi lungo la schiena, in molte di queste pareti sono presenti ancora le scritte dei prigionieri: alcune inneggianti alla politica, altre “semplicemente” dedicate con amore a qualcuno che stava fuori da quelle mura.

Non erano state pensate delle celle d’isolamento ed in ogni stanza, grande circa 2 metri per 1 e mezzo, potevano starci fino a 5 persone. Niente elettricità e chiaramente, niente riscaldamento. Ad ogni stanza veniva consegnata una candela che doveva servire per una settimana come luce e, nelle notti più gelide, per scaldarsi

La triste fine dei prigionieri

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Fuori da questo alveare di celle, ci sono due particolari cortili dove i prigionieri non avevano molto da uscire per svagarsi o prendere una boccata d’aria, anzi, era il luogo dove i prigionieri andavano a finire di soffrire: chi impiccato, come nel cortile degli Invincibili (dal nome dell’organizzazione segreta rivoluzionaria i cui membri erano detenuti alla New Gaol ) oppure fucilati nel cortile delle Croci Nere (come nel caso dei capi dell’Insurrezione di Pasqua).

La prigione è nota soprattutto come luogo di detenzione (e sopratutto di tortura) dei prigionieri politici condannati per reati contro la Corona ma per oltre 120 anni è stata dimora di criminali, o presunti tali, accusati di ogni tipo di reato, dal furto di una mela all’omicidio più efferato, tutti insieme senza distinzione.

Il trattamento peggiore però, fu riservato a coloro che guidarono le insurrezioni del 1798, 1803, 1848, 1867, e che, come avvenne per i 15 leader della Ribellione di Pasqua del 1916, furono alla fine giustiziati proprio tra le sue mura.

Le atrocità di New Gaol proseguirono fino al 1924, seguì quindi un abbandono fino al 1960 e successivamente una ristrutturazione che trasformò questo carcere terribile nel museo oggi aperto al pubblico. Si dice che gli ospiti più giovani siano stati una bimba di 7 anni (colpevole di aver rubato una mela ad un commerciante) ed un bimbo di 5 (colpevole di aver tirato un sasso ed aver rotto un vetro).

 Tra le curiosità si annotano il videoclip girato al suo interno dagli U2 nel 1982 per il brano “A celebration” ed alcune scene del film “Nel nome del padre” con l’attore Daniel Day Lewis candidato all’Oscar per la sua interpretazione.

Il Museo di Kilmainham si trova in Inchore Road, è aperto tutti i giorni dalle 9:30 alle 18:00. Raccomando la visita di questo luogo con un minimo di preparazione e con il maggior rispetto possibile al luogo in cui ci si trova e nel quale in molte persone, a ragion veduta o oppure no, hanno lasciato la vita.

testo e foto di Mirko Mondiali | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

                         

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