Viaggiare: il mondo al giro di boa

Il viaggio visto come conquista di terre e di anime, come avventura onirica e romantica attraverso le sole parole e il viaggio, infine, come risultato del progresso tecnologico

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Viaggi Coloniali, un libro di Mario Coglitore

Dedico questa recensione-riflessione ai colleghi che hanno svolto e continuano a svolgere questo lavoro di assoluto privilegio (viaggiare per raccontare), perché quello di Mario Coglitore è un libro che dovrebbero a loro volta acquistare e leggere.

Potranno inizialmente obiettare che la letteratura di viaggio è sterminata, ricca di opere di spessore che hanno esplorato tutte le possibili varianti del viaggio e dell’avventura – geografica e umana – in ogni angolo della terra e attraverso gli scritti di autori famosi.

Nulla di nuovo sotto il sole, dunque? Non è proprio così, in verità, perché il libro scritto da Coglitore è, per molti versi, un libro speciale che possiede un pregio sopra gli altri: induce il lettore attento e appassionato all’argomento a riflettere, comparare, dedurre, apprendere.

Si parla di viaggi, di geografia, di ambienti, di popoli; ma si indaga a fondo su alcuni paesi, uomini, fatti e misfatti colti nel loro specifico momento storico.

Si parla di uomini, anche: del loro modo di muoversi, agire, sbagliare, rimediare e soccombere, in una vorticosa alternanza di scenari con attori protagonisti e comprimari, attraverso situazioni in divenire o tenacemente cristallizzate.

Si parla, ancora, di un periodo storico – fine Ottocento, primi Novecento – che ha visto mutazioni sociali epocali e comprensibili adattamenti a situazioni di vita diverse,spinte da esigenze storiche anch’esse in costante evoluzione.

Come una sinfonia

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Mario Coglitore, autore di “Viaggi Coloniali”

In questo quadro composito e proteiforme, Mario Coglitore ha saputo mettere in ordine eventi e pensieri, proponendoli metaforicamente con le sequenze di un concerto musicale: l’ouverture precede il primo movimento (adagio) cui seguono il secondo (allegro) e il terzo (presto) per concludersi col finale.

Ma questo è un libro di parole (lette, cercate, comparate e scritte) che tutte insieme includono cronaca, pathos, drammaticità; uomini e avvenimenti aggrovigliati nel loro protagonismo e tuttavia guidati, quasi presi per mano da questo professore che scrive in maniera brillante ma che non dimentica mai di essere un ricercatore sociale.

Un uomo che insegna ad altri come entrare nelle trame ora ingenue ora complesse e non di rado balorde della vita; e lo fa con stile, con la necessaria chiarezza, con l’ausilio (prezioso, oh se prezioso) di esaurienti sintesi esplicative, puntuali rimandi bibliografici.

Scelta finale originale e illuminante, perché Coglitore ha modo di dispiegare – in un crescendo di notizie e di aspettative – i motivi di questo cammino, indagando a fondo su quelli che diverranno i fili conduttori della sua opera: Roger Casement, Emilio Salgari, il treno e la ferrovia.

Casement, irlandese ribelle

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Un’immagine d’epoca del periodo coloniale in Congo ©wikimedia

Straordinaria la vita e l’avventura umana di Roger Casement, irlandese di Dublino nato nel 1864, inizialmente devoto funzionario dell’Impero Britannico in diversi Paesi africani e in Sud America, quindi implacabile accusatore di un colonialismo distruttore di vite e di risorse.

La ribellione aperta degli ultimi anni della sua vita lo porterà alle accuse di sedizione e tradimento e quindi alla morte per impiccagione nel 1916, malgrado le numerose richieste di clemenza, fra le quali quelle di George Bernard Shaw e Arthur Conan Doyle.

Conclusione di un’esistenza travagliata e spiritualmente sofferta, che lo ha visto viaggiare molto, aprire vie commerciali e favorire rapporti con un mondo sino allora pressoché sconosciuto. Casement è stato definito, da molti scrittori del suo tempo e da altri nati in epoca successiva, un “colonialista ribelle”.

Ha servito la Corona con capacità e puntigliosità anche come Console in Mozambico, in Angola e nei primi anni dello scorso secolo, in Brasile. Ha conosciuto Joseph Conrad in navigazione sul fiume Congo e instaurato con lui una discreta amicizia.

L’autore di Cuore di Tenebra e La Linea d’Ombra, così lo descrive: “In lui c’è anche qualcosa del conquistatore; perché l’ho visto partire in mezzo a una natura indicibilmente selvaggia facendo dondolare, come unica arma, un bastone da passeggio dal manico ricurvo…”.

Lo abbandonerà al suo destino, alla fine, definendolo uomo senza testa; non stupido, ma individuo preda delle proprie emozioni e passioni sino a rimanerne distrutto. Ai giudizi di Conrad si sono uniti quelli di Mario Vargas Llosa (affatto tenero con lo scrittore polacco-inglese) e, anni dopo, quelli dello scrittore tedesco Winfried Georg Sebald, che annota: “forse proprio in virtù della sua omosessualità Casement seppe riconoscere, di là dai confini delle classi sociali e delle razze, l’oppressione, lo sfruttamento, l’asservimento e la riduzione a rottame umano costantemente perpetrati ai danni di coloro che si trovavano a insuperabile distanza dai centri del potere”.

L’irlandese Colm Tóibín, autore di saggi critici sulla vita di Casement, ne compendia la vita attiva e trasgressiva così: “Amava la gente del Congo e gli indiani dell’Amazzonia. Durante il giorno scriveva le sue annotazioni e progettava strategie per tirare dalla sua parte il governo inglese in modo da poterli aiutare e quando scendeva la notte (…) voleva accarezzarli e fare l’amore con loro nel modo che più poteva dargli piacere”.

Bene ha fatto Mario Coglitore nello scegliere i “viaggi” di Casement: non solo spostamenti da un continente all’altro, sempre a contatto con gli umili e gli oppressi, ma figura emblematica di un riscatto morale a suggello di una vita e di un’esperienza uniche.

Salgari, parole dal salotto di casa

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Le copertine di alcune opere di Emilio Salgari

Differenti ma complementari sono gli altri due soggetti finali scelti dall’autore dei Viaggi Coloniali: Emilio Salgari, fecondo scrittore veronese che ha accompagnato la crescita e le giovanili emozioni di molteplici generazioni e la Ferrovia, intesa come conquista fisica e umana di nuove terre, specie quelle africane.

Coglitore accosta la figura di Salgari al suo enorme, globale e spesso criticato contributo al mondo dei viaggi e alla glorificazione della scrittura d’avventura.

Uno scrittore prolifico in eccesso, perennemente combattuto dall’idea di essere sfruttato dai numerosi editori con i quali veniva in contatto e spesso frustrato per le feroci critiche riserbate ai suoi scritti; indicativo, al riguardo, il giudizio di un aggrondato Giosuè Carducci (uno scribacchino fanfarone di poca letteratura e di troppi aggettivi).

Altri critici hanno formulato ipotesi e giudizi meno drastici rispetto a quelli di Carducci; per esempio Giorgio Cusatelli, anno 1982, spiega perché il lettore di Salgari rimanga affascinato dalle sue pagine: “proprio in virtù di questo andirivieni di richieste interpretative che da un lato ancorano alla realtà, quando l’esperienza del colonialismo – nei paesi che lo avevano vissuto da protagonisti – aveva progressivamente sostituito al vagheggiamento il contatto effettivo con l’altro”.

Qualche anno dopo (1995) è Silvino Gonzato a rimarcare l’atteggiamento ondivago degli scritti di politica estera – per l’Arena di Verona – di Salgari: ”anticolonialista quando si trattava di cantargliele agli inglesi (con qualche riserva) e ai francesi (senza riserva); fervente interventista quando c’era di mezzo la politica coloniale italiana”.

Si è scritto e detto tanto su questo romanziere atipico che viaggiava dappertutto senza spostarsi da casa e ci ironizzava pure (scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli) ma è innegabile il contributo corposo e determinante lasciato dalle sue opere alla letteratura di viaggio

Ecco il treno nella giungla

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Enorme fu l’impatto dei binari in territori che prima venivano attraversati solo a piedi Photo by Racim Amr on Unsplash

Le pagine che Coglitore dedica alla nascita e alla crescita del trasporto ferroviario soprattutto in Africa, nel Congo in particolare, testimoniano in ultima analisi un mutamento radicale nel grande panorama dei viaggi in molte terre soggette alle potenze europee colonizzatrici.

Enorme l’impatto pratico, emotivo e accelerante che due binari paralleli hanno prodotto in territori che prima venivano percorsi a ritmi lenti da tribù stanziali o da esploratori venuti dalla vecchia Europa o dalla nuova America: entrambi appiedati o quasi.

Coglitore racconta con estrema efficacia questo travolgente e stravolgente cambiamento che ha senza alcun dubbio accelerato il ritmo di vita dei Paesi africani generando in loro, nel contempo, l’idea prima e la necessità subito dopo di avere giovani del luogo cui affidare un processo di modernizzazione e rinascita che porterà, con la fine dell’epoca coloniale, nuove identità nazionali e nuove aspirazioni di vita, accompagnate comunque da inevitabili contraccolpi negativi. Tutto questo, grazie anche alla Ferrovia.

Scrive Barbara Henry, nella prefazione del libro Viaggi Coloniali: “… originalissima opera, di difficile inquadramento disciplinare, cosa tanto più salutare e benefica per la ricerca in questi ambiti, che sono terreno d’incontro almeno fra iconografia politica, storia, geografia, scienze della comunicazione, filosofia politica, relazioni internazionali e condizione fondamentale per la buona ricerca in genere”.

Al di là del personale, convinto gradimento per la lettura del libro di Mario Coglitore, non avrei saputo sintetizzarne il valore meglio di quanto abbia fatto la docente di Filosofia politica che ne ha scritto la prefazione.

Posso solo rinnovare il consiglio iniziale rivolto ai colleghi che viaggiano e scrivono di ciò che hanno visto: questo è un libro da leggere con attenzione e partecipazione. Il piacere che ne consegue è assicurato.

Viaggi colonialiPolitica, letteratura e tecnologia in movimento tra Ottocento e Novecento di Mario Coglitore – Prefazione di Barbara Henry – (Il Poligrafo, Padova, novembre 2020, € 24)

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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