Attività all’aria aperta, tradizioni locali e gastronomia contadina sono le sfumature di un autunno altoatesino tutto da scoprire. Ecco cosa ci ha regalato l’itinerario alla scoperta di un angolo di Tirolo, in provincia di Bolzano.
Testo di Sonja Vietto Ramus, foto Sonja Vietto Ramus e Massimo Valentini

Già il fatto che in questo territorio s’incontrino tre lingue – italiano, tedesco e ladino – fa dell’Alto Adige un luogo unico al mondo. Se si aggiunge poi una natura fatta di contrasti, con le vette dolomitiche che abbracciano le colline coltivate a vite, e anche il clima favorevole (300 giorni l’anno di sole, in media) a garanzia dell’eccellente qualità di mele, vino e speck, il gioco è fatto.
Il Südtirol è da sempre una terra di tradizioni antiche che convivono con innovazioni moderne, di usi contadini che si fondono con la cultura mediterranea, di cultura, religione e gastronomia. Una terra di delizie che provengono da masi e osterie contadine sotto il pregiato marchio del “Gallo Rosso”.
Chi desidera effettuare escursioni nella natura e andare alla scoperta di sapori antichi e saperi tramandati, può seguire un itinerario di tre giorni fra Bressanone, Velturno, Varna, Chiusa e Barbiano, perfetto per immergersi nell’autunno altoatesino.
Bressanone, la millenaria città vescovile

Adagiata fra Isarco e Rienza, Bressanone è la città più antica del Tirolo. Una città che ha molto da raccontare grazie ai vicoli del centro storico, al duomo in stile barocco, al Palazzo vescovile e ad una deliziosa gastronomia locale.
Meta di imperatori e sontuosa residenza vescovile, la località è un connubio perfetto di mondanità e raccoglimento: andarne alla scoperta è un viaggio nel tempo. Un suggestivo itinerario può iniziare dalla Sonnentor, la Porta del Sole, quella occidentale, che permetteva l’accesso alla strada per Bolzano.
Il centro storico è un susseguirsi di edifici che hanno fatto la storia di questa città altoatesina: il Palazzo vescovile, tre piani con facciata esterna di un giallo pallido, antica residenza del vescovo e oggi sede di un museo diocesano e di una mostra permanente di presepi, la colonna millenaria in marmo eretta nel 1909 sul lato meridionale di piazza Duomo, il Brixner Dom, in stile barocco dedicato a Santa Maria Assunta e San Cassiano da Imola e capolavoro di affreschi e di marmi (ben 33 tipi differenti rivestono le pareti) con e antichi organi, di cui uno ha 3335 canne, e due campanili.
Adiacente al lato destro del Duomo c’è il chiostro romanico che per i suoi dipinti che raffigurano le Sacre Scritture è chiamato anche “Bibbia dei Poveri”. Alle pareti ci sono lapidi e sarcofaghi di personalità importanti e prelati; sulla sinistra, accedendo al chiostro dall’omonima porta, una parte di soffitto è priva di affreschi poiché adibita a passaggio pubblico con bancarelle. Delle 20 arcate presenti, 15 sono affrescate con opere, fra gli altri, di Erasmo da Brunico e Leonardo da Bressanone.

Lasciato il chiostro si può raggiungere la statua lignea risalente al Cinquecento e rimaneggiata il secolo successivo: è l’Uomo a Tre Teste (Wilder Mann), adagiato sulla facciata di un edificio fra via Portici Maggiori e via Portici Minori; la tradizione popolare racconta che questa figura, che osserva con lo sguardo in più direzioni, espelle monete dalle tre bocche.
Il cuore della città è un susseguirsi di palazzi antichi con finestre a bovindo, suggestivi balconi coperti che, grazie all’ampia finestratura, permettevano alla luce di illuminare le stanze interne dell’abitazione anche quando l’elettricità non c’era ancora: in realtà, pare avessero anche funzione difensiva poiché, dall’alto e con maggior campo visivo, si poteva controllare chi si avvicinava a casa.
Passeggiando per la città s’incontrano, inoltre, giardini e fontane, da cui sgorga acqua potabile. Non può mancare una visita al mercato del pane e dello strudel dove ci si può far raccontare dalle contadine locali i metodi di panificazione e qualche segreto per preparare l’ottimo dolce a base di mele, pinoli, uvetta e cannella.
L’abbazia di Novacella, ottava meraviglia del mondo

A soli 5 km da Bressanone sorge Varna, graziosa cittadina all’imbocco della Valle di Scaleres. Qui è situato il più grande complesso abbaziale del Tirolo: l’Abbazia dei Canonici Agostiniani di Novacella.
Un luogo dove si cura lo spirito e non si disdegna di allietare il palato non solo dei fedeli con il buon bere grazie alla produzione vinicola. Sono circa 700mila le bottiglie prodotte all’anno negli 88 ettari destinati al vigneto: fra le varietà di bianchi spiccano il Sylvaner, il Müller-Thurgau e il Pinot Grigio mentre fra i rossi figurano l’Edelvernatsch ed il Pinot Nero. Non solo vino, però: ci sono 25 ettari di terra coltivati a mele, 400 di alpeggio e 700 di bosco.
Sin dall’epoca della sua fondazione, avvenuta nel 1142 ad opera del beato Artmanno, Novacella è stato un importante centro religioso e culturale. Le numerose opere architettoniche ed artistiche fanno di questo luogo di culto un vero e proprio capolavoro d’arte.
La Basilica è costituita da diversi edifici di diverse epoche e stili differenti: la massiccia torre campanaria e l’aula della chiesa abbaziale sono di epoca romanica, l’alto presbiterio ed il chiostro tardo-gotiche mentre la chiesa e la biblioteca sono in forme barocche e rococò. Tutti gli elementi coesistono armoniosamente in uno spazio ben definito.
Ad accogliere il visitatore è il “cuore ardente di San’Agostino”, presente sopra al passaggio che conduce al cortile principale e in molti altri luoghi del monastero. Numerosi i punti di interesse da non perdere. A cominciare dal “pozzo delle meraviglie”.

Sopra la vasca marmorea d’inizio 1500, un padiglione ottagonale di oltre 150 anni più tardi accoglie i dipinti di Nikolaus Schiel: nel mezzo delle sette meraviglie del mondo antico, è dipinta l’abbazia stessa, autoproclamatasi ottava bellezza.
A sud della chiesa abbaziale si può ammirare il chiostro, vero gioiello di affreschi in stile gotico: sulle pareti spiccano pietre tombali di prelati e nobili che un tempo si trovavano in chiesa.
Nel museo abbaziale sono invece esposti oggetti di epoca medievale e della prima età moderna: tra questi figurano pale d’altare, codici miniati, strumenti scientifici e globi terrestri. Del 1770 è la biblioteca di Novacella che possiede una sala con stucchi dorati in stile rococò e pavimento in pietra naturale: qui i volumi sono circa 20mila, piccola parte del prezioso tesoro cartaceo custodito nei magazzini dove se ne contano altri 75mila.
Riportate da poco alla luce, nella primavera del 2021, le pitture del 1780 ritraggono una Cina esotica con scene di vita quotidiana, splendide decorazioni che abbelliscono le pareti di un ambiente un tempo anticamera alla sala della biblioteca.
Fra i tesori di Novacella vi sono anche il giardino abbaziale, ricostruito nel 2004 nella sua forma barocca e Castel Sant’Angelo, eretto nel XII secolo, uno dei monumenti romanici più importanti del Tirolo.
La residenza estiva del principe vescovo: Castel Velturno
A Velturno, paesino di 3mila abitanti adagiato sui rilievi soleggiati della Val d’Isarco, si trova un edificio storico unico nel suo genere: Castel Velturno.
Costruita nel 1580 come residenza estiva del principe vescovo di Bressanone, Johann Thomas von Spaur, la struttura appare austera e sobria nelle forme architettoniche esterne ma decisamente raffinata in quelle interne.
Le dieci stanze sono un tripudio di boiseries e pitture che rendono il palazzo una delle residenze rinascimentali meglio conservate di tutto l’arco alpino. La camera da letto del principe vescovo è fra le più straordinarie opere d’arte lignea conosciute al mondo.
Da un ambiente all’altro la vista si perde fra stufe in maiolica, legni pregiati e fini intarsi, soffitti a cassettoni e ingegnosi accorgimenti prospettici. Al piano terra è ospitata una mostra sui reperti archeologici rinvenuti a Velturno e in Val d’Isarco e la cappella di Santa Caterina decorata dal pittore Hans Schmid.
Il Sentiero del Castagno e il Törggelen

È la natura l’altra grande protagonista dell’Alto Adige. Chi ama passeggiare in ambienti incontaminati può percorrere il Keschtnweg, il Sentiero del Castagno che da Novacella si snoda per una sessantina di km sino a Castel Roncolo (Bolzano), anche se in realtà l’itinerario è stato recentemente allungato di una trentina di km sino a Terlano e Vilpiano.
Ottobre e novembre, tempo del foliage, sono i mesi migliori per avventurarsi lungo il sentiero che porta attraverso boschi di latifoglie colorati e castagneti secolari. Il primo tratto sull’asfalto cede presto il passo a una sterrata che costeggia il maso biologico Radoarhof, gestito da Norbert Blasbichler con la famiglia: qui è d’obbligo una merenda tradizionale con salumi e formaggi, circondati da frutteti e vigneti.
Ripreso il cammino si prosegue per alcuni km lungo una facile mulattiera dalla quale si possono ammirare splendidi paesaggi. Questo sentiero è particolarmente popolare durante la stagione del Törggelen.

A spiegare di cosa si tratta ci pensa Rosmarie, autrice di una guida su questo argomento: “E’ un’antica tradizione, portata avanti tutt’oggi, che vuole che nelle ultime giornate calde d’autunno, le osterie aprano le stube agli avventori di passaggio per far assaggiare il succo d’uva dolce, non ancora fermentato, che diventerà poi vino novello. Il tutto con speck, canederli, zuppe d’orzo, salsiccia contadina con crauti, pane duro e castagne”.
Infine ecco la salita, con pavimentazione lastricata, che conduce al convento di Sabiona, arroccato sulla sommità dello spuntone roccioso che domina la conca cittadina di Chiusa.
Il Convento di Sabiona a Chiusa

Il monte Sabiona con il suo monastero benedettino è uno dei luoghi di culto del Tirolo. Distrutta da un incendio nei primi decenni del 1500, una prima rocca vescovile eretta a Sabiona lasciò il posto alla fine del XVII secolo all’attuale convento che riportò il monte sacro agli antichi splendori.
La cinta muraria merlata, pressoché invariata, racchiude al suo interno un gruppo di chiese, solo alcune aperte al pubblico: c’è la cappella di Santa Maria, o delle Grazie, con i resti gotici nell’abside, la chiesa di Nostra Signora con affreschi in stile barocco, stucchi e un altare d’inizio 1600, la chiesa del Monastero e quella della Santa Croce.
Dopo 335 anni, la storia del monastero sembra, purtroppo, essere destinata a concludersi: gli alti costi di manutenzione del complesso e il ristretto numero di religiose sarebbero le ragioni di una scelta che gli abitanti del territorio sperano possa trovare diversa soluzione.
Da Sabiona si scende costeggiando le mura fortificate con un panorama che spazia sulla vallata sino a raggiungere la medievale cittadina di Chiusa. La sera ci si può immergere ancora nella tradizione del Törggelen scegliendo il maso Hubenbauer a Varna.

Qui, nel 2010, due amici hanno dato vita alla loro idea di produrre una birra, occupandosi personalmente dell’intero procedimento. Il riscontro è stato talmente positivo che dal 2018 il vecchio fienile ristrutturato ospita un modernissimo birrificio. In questo storico cascinale tutto parla bio: verdure, erbe e frutti utilizzati in cucina sono quelli coltivati nelle terre adiacenti il maso e i salumi sono affumicati con rami d’abete, secondo la tradizione.
Se si è golosi allora bisogna provare anche il gelato realizzato con i migliori prodotti della zona: ottimi quelli ai fiori di sambuco, al lampone e alla nocciola. Il top è il “Die Seele Südtirol”, che tradotto dal tedesco suona come “L’anima dell’Alto Adige”: una delizia a base di mele, speck e pane nero croccante.
L’escursione alle cascate di Barbiano e alle Trechiese

Un altro suggestivo itinerario, lungo circa 5 km, è quello che dal parcheggio di Barbiano arriva sino alle Trechiese. Invece di compiere l’anello completo si può effettuare solo il tratto di andata così da avere il tempo di recarci al nuovo ponte sospeso, lungo 120 metri e alto 55 metri dal fondovalle, che attraversa il rio Ganda collegando Barbiano con la frazione di San Ingenuino.
L’escursione conduce lungo il sentiero Wasserfallweg che inizia a salire all’interno di un bosco di castagni. Da qui si gode di uno splendido panorama sulla Val d’Isarco. Una mezz’ora di cammino, fra alberi di alto fusto e profumi autunnali, porta alla cascata inferiore che si presenta in tutta la sua imponenza con un salto fragoroso di 85 metri.
Proseguendo si sale su scalette in legno e si giunge alla seconda cascata, la superiore, più piccola ma altrettanto suggestiva. Un belvedere con panchine e chaise longue in legno permette di fermarsi per contemplare il panorama mozzafiato sulla valle, la Plose e più in lontananza il Sassolungo e lo Scilliar.
Poco dopo si raggiungere il terzo livello della cascata che si può attraversare grazie ad un ponte in legno. A questo punto si imbocca il sentiero numero 6 che indica il percorso per le Tre Chiese raggiungibili in circa 50 minuti fra boschi senza troppi dislivelli.
Sono diverse le erbe officinali che s’incontrano lungo il percorso: la piantaggine, usata per lenire le punture d’insetti o come sciroppo contro la tosse, l’alchemilla, per dolori femminili e in grado di donare eterna bellezza se strofinata sulla pelle o bevendone la rugiada mattutina, il solidago, perfetto contro le infiammazioni.
Usciti dal bosco s’incrocia una strada asfaltata sino a ritrovare le indicazioni per il sentiero 6 che indica l’arrivo a destinazione in 30 minuti. Da una radura erbosa s’intravedono le Tre Chiese, una accanto all’altra: tetti in legno, tre campanili e pietre in bella vista.
Quella dedicata a Santa Maddalena è la più grande ma anche la più recente e priva di affreschi. In onore di Santa Gertrude è invece quella con l’affresco esterno che ritrae San Cristoforo, protettore dei pellegrini; infine la chiesa di San Nicolò con il coro ricoperto di affreschi.

Per dare l’arrivederci all’Alto Adige non rimane che una sosta gastronomica al maso Messnerhof, a due passi dalle tre chiesette gotiche, immerso nei pascoli montani. Qui Lukas e la sua famiglia propongono piatti preparati con prodotti della propria fattoria biologica: fra le specialità lo speck di prosciutto (ma anche di spalla, carrè e pancetta) essiccato 12 mesi, knödel in tantissime forme e colori, anche in versione dolce con le prugne, brasati e selvaggina con verdure e erbette dell’orto.
Eccellenze a marchio “Gallo Rosso” che contraddistingue l’alta qualità e i rigidi controlli che danno al consumatore la massima sicurezza.
Testo di Sonja Vietto Ramus, foto Sonja Vietto Ramus e Massimo Valentini | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Sfoglia la rivista
Caro lettore,
Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.
Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.