Una selva di gambe, seni, glutei, braccia tese, cavalli rampanti e bambini felici, accoglie il visitatore all’entrata del museo studio di Hendrik Christian Andersen a Roma.

Tutto bianco, tutto gigantesco. Corpi scultorei con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto. Bambini sorridenti, busti cinquecenteschi di personaggi famosi, progetti grandiosi di fontane e città inimmaginabili.
Questo è il mondo creato dall’artista americano Hendrik Christian Andersen, che ha vissuto per molti anni a Roma frequentando il belmondo dell’Urbe.
Lo studio si trova nel quartiere Flaminio, poco lontano da piazza del Popolo. Il portone è sormontato dall’iscrizione “Helene”, e si tratta di una delle poche case museo presenti a Roma (tra le altre segnaliamo quella di Pietro Canonica, a Villa Borghese; quella del pittore Francesco Trombadori a Villa Strohl-Fern e la casa Studio di Giorgio De Chirico a Piazza di Spagna).
Dalla Norvegia all’Italia

Ma andiamo per ordine: Hendrik Christian Andersen era nato nel 1872 a Bergen, in Norvegia, ma l’anno dopo la sua nascita la famiglia, non certo ricca, si trasferì nel Rhode Island, Stati Uniti.
Hendrik visse i primi anni della sua vita in America con i fratelli Andreas, che poi diventerà pittore e Arthur, futuro musicista. Nel 1893, grazie all’interessamento e al sostegno economico di alcune ricche famiglie di Newport, intraprende il classico viaggio di formazione in Europa per studiare arte e, in particolare scultura, prima a Parigi e poi a Roma, nel 1896, dove poi ha abitato fino alla sua scomparsa nel 1940.
Il fratello di Hendrik, Andreas, aveva anche lui intrapreso gli studi artistici come pittore e, nel 1892 a Parigi, incontrò Olivia Cushing (1871-1917).
Andreas e Olivia si sposeranno nel 1902 ma, a neanche un mese dal matrimonio, Olivia rimase vedova. Decise quindi di trasferirsi a Roma nel 1903, dedicandosi alla famiglia Andersen e soprattutto a Hendrik, con il quale condivise ogni progetto.
Anche grazie al suo interesse e soprattutto al suo sostegno economico, la famiglia Andersen poté costruire la casa-studio nel quartiere Flaminio a Roma: Villa Helene.
Villa Helene, la casa studio nel quartiere Flaminio

Il palazzo è composto da un seminterrato-deposito, al piano terra si trovano i due saloni-atelier in cui sono esposte le sculture dell’artista, il primo piano con un terrazzo e negli altri 2 piani c’era la sua abitazione.
La famiglia e la casa diventeranno un punto importante della mondanità romana e internazionale, di qui sono passate personalità note come il poeta indiano Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore, Umberto Nobile, famoso per le sue due trasvolate in dirigibile del polo nord – del quale Hendrik realizzò anche un busto – la diva del cinema Francesca Bertini e l’attore comico Ettore Petrolini.

Il giovane ed efebico Hendrik a Roma cominciò a guadagnare e a farsi conoscere come scultore di busti-ritratto, e riuscì a inserirsi molto bene nell’ambiente di nobili e benestanti personaggi della Roma dell’epoca, e fu proprio così che conobbe lo scrittore americano Henry James.
I due si incontrarono per la prima volta nel 1899, sulla terrazza di palazzo Rusticucci in Borgo, vicino San Pietro, in occasione di una festa di alcuni amici comuni, quando Andersen aveva solo 27 anni e James 56. Si videro poche volte ma i due svilupparono un’intensa relazione che durò fino alla morte di James nel 1915.
La natura di questa relazione non è molto chiara e si presta a interpretazioni controverse. Tra loro si scambiarono numerose lettere, raccolte da Rosella Mamoli Zozi nel libro “Amato ragazzo”, dalle quali emerge un legame molto stretto, forse meglio illustrato in una lettera di James ad Andersen in seguito alla morte del fratello di quest’ultimo, il 9 febbraio 1902: “Il fatto che non posso aiutarti, vederti, parlarti, toccarti, tenerti stretto a lungo o fare nulla per tranquillizzarti e farti sentire la mia profonda partecipazione – questo mi tormenta, carissimo ragazzo, mi fa dolere per te e per me stesso; mi fa stridere i denti e gemere contro l’amarezza di queste cose … prima o poi ti vorrei vedere là, e stringerti e lasciarti posare su di me come fratello e amante, sostenerti, lentamente confortarti o almeno toglierti l’amarezza del dolore…”.
Andersen, artista visionario

Andersen faceva tutto in grande: cavalli, angeli e demoni, la maggior parte della sua produzione, comprendente sculture di gesso e bronzo, dipinti e opere grafiche, ruota pertanto sui temi dell’amore, della maternità, del vigore fisico, dell’intelletto che trionfa sulla forza ceca, ben rappresentata nelle imponenti figure di eroi ed eroine che popolano i due grandi atelier del piano terra.
Da gran visionario, voleva costruire una città ideale, un modello per il mondo intero. Chiamata World Centre of Communication, questa città avrebbe dovuto essere una sperimentale capitale mondiale, priva di un preciso ruolo politico, in cui potesse riunire il meglio dell’Occidente, con grandiosi edifici e sculture monumentali.

La sua idea era grandiosa e irrealizzabile: “Voglio fondare un’ampia e nuova città internazionale, nella quale le più grandi manifestazioni della civiltà umana vengano concentrate da ogni parte del mondo, per poi nuovamente essere riversate, coordinate e dirette, in torrenti apportatori di bene e progresso sul mondo intero”.
Secondo la sua idea questa città sarebbe stata una città perfetta in cui l’arte sarebbe stata simbolo di virtù e avrebbe assicurato pace e armonia. Ne aveva preparato una dettagliata pianificazione, ma al momento della progettazione doveva rimanere segreta la locazione, anche se alcuni indizi richiamavano località in Belgio, Francia, Svizzera e a Fiumicino nelle vicinanze di Roma.
Nel 1926 Mussolini assicurò la disponibilità di Fiumicino, ma con la progettazione dell’Esposizione Universale di Roma e anche a causa dello scoppio della II Guerra Mondiale, non se ne fece più nulla.
Così sono rimasti i disegni elaborati assieme agli architetti Ernest Hébrard e Gabriel Leroux, che vennero racconti e pubblicati nel 1913 in un libro, in due versioni inglese e francese, dal titolo “Creation of a World Centre of Communications”.
Si tratta di un tomo enorme di oltre 5 kg, che narra il progetto della città mondiale. Ma questo progetto, certamente fantastico, non fu privo di critiche, anche da parte dall’affezionato scrittore Henry James che gli dette del megalomane.
Il Museo Andersen e il fascino degli anni ’30

Il Museo Hendrik Christian Andersen è uno straordinario esempio di casa atelier di un artista scultore della prima metà del Novecento. E’ un luogo appartato, lontano dai grandi flussi di visitatori, ma ricco di fascino e suggestione. Quasi stordisce quando si entra e si cammina tra questa selva di statue.
Aperto al pubblico dal 1999, si trova in via Pasquale Stanislao Mancini 20, ed è ospitato nell’edificio progettato dallo stesso Andersen tra il 1922 e il 1925 anche nei più piccoli dettagli.
Donato allo Stato italiano, insieme a tutto quanto in esso contenuto (opere, arredi, carte d’archivio, materiale fotografico, libri) alla sua morte nel 1940.
Vengono spesso organizzate mostre di artisti contemporanei, tra cui una con le opere di Luigi Ontani. Qui sono conservate oltre 200 statue in gesso e bronzo, altrettanti dipinti e numerose incisioni.
Il villino, in stile tra il Neorinascimentale e il Liberty, è dedicato all’adorata madre Helene, come recita l’iscrizione sul portone d’ingresso.

L’interno è diviso tra la parte privata nei piani superiori, mentre due grandi e luminosi atelier si trovano al piano terra. Non sono state apportate modifiche e, quindi, ci troviamo davanti a un complesso inalterato che mantiene tutto il fascino dell’epoca e il gusto personale dell’artista.
A Villa Helene ogni cosa racconta di questa “gloriosa utopia”, questo sogno che divenne per Andersen un’ossessione, ma che s’inserisce nei dibattiti del movimento pacifista internazionale guidato dalla colta borghesia intellettuale di inizio Novecento.
“Our dream of a city for all nations, dedicated to the creative spirit of God in man, was our hope and prayer in life. Here the dreamers sleep*”
(Il nostro sogno di una città per tutte le nazioni, dedicata allo spirito creativo di Dio nell’uomo, era la nostra speranza e preghiera nella vita. Qui dormono i sognatori) così è si legge nella iscrizione della tomba, realizzata da Hendrik per la famiglia Andersen nel cimitero acattolico di Roma.
Per informazioni: Museo Hendrik Christian Andersen: pagina facebook del Museo Andersen
Testo e foto di Dino Latella | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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