Delle tante scale che attraversano Napoli, ce n’è una che davvero non si può perdere: è la Pedamentina di San Martino che scende, impervia, da Castel Sant’Elmo fino a Via Toledo.

Napoli è una città obliqua, percorsa da scale, scalini, gradoni, rampe, salite e discese più o meno note, in un complesso e articolato sistema di collegamento tra le colline e il mare, tra il caos del traffico e la pace dei belvedere.
Si svela così un’altra Napoli, da scoprire a ritmo lento e con lo sguardo aperto verso il mare.
Storia della Pedamentina

Nata nel XIV secolo, dagli architetti Tino di Camaino e Francesco de Vito, come arteria per favorire il trasporto dei materiali necessari alla costruzione della Certosa di San Martino, la Pedamentina venne più volte dotata di sistemi di difesa contro chi intendeva assediare Castel Sant’Elmo, evolvendosi nei secoli fino a essere ricoperta di scale e assumere l’aspetto odierno.
È questa la prima strada mai costruita sulla collina: i quartieri dell’Arenella e del Vomero erano allora solo una stesa di monasteri, casali e campi coltivati e il Castello e la Certosa dominavano in solitudine sul golfo di Napoli.
Percorrendo la Pedamentina, dunque, è possibile ammirare non soltanto un panorama spettacolare sul golfo, ma anche gli orti e i giardini della Certosa: unica è la vista su tutto il centro storico di Napoli con Santa Chiara e Spaccanapoli ben riconoscibili dall’alto dei gradoni.
Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo

Naturalmente, prima di iniziare la scarpinata che porta verso il ventre della città, è d’obbligo una visita al Castel Sant’Elmo e alla Certosa di San Martino.
Il primo è un castello medievale, oggi adibito a museo, che sorge nel luogo dove vi era, a partire dal X secolo, una chiesa dedicata a Sant’Erasmo (da cui Eramo, Ermo e poi Elmo).
Il primo per estensione tra i castelli di Napoli, in parte ricavato dal tipico tufo giallo napoletano, trae origine da una torre d’osservazione normanna di importanza strategica per la difesa della città dalle invasioni provenienti dal mare.
La seconda, fondata in stile gotico da Tino di Camaino nel 1325 per volere di Carlo di Calabria, primogenito di Roberto d’Angiò, e ampliata nell’attuale e raffinata veste barocca nel 1581 dall’architetto Giovanni Antonio Dosio, è stata la casa dei monaci certosini fino al 1836 quando divenne di proprietà dello Stato.

La Certosa di San Martino conta circa cento sale, due chiese, un cortile, quattro cappelle, tre chiostri e giardini pensili, rappresentando tutt’oggi uno dei maggiori complessi monumentali religiosi della città e uno dei più riusciti esempi di architettura e arte barocca, fulcro della pittura napoletana del Seicento le cui opere sono visitabili nell’adiacente Museo Nazionale di San Martino.
Le scalinata della Pedamentina
Percorrere gli oltre 400 gradini che dal piazzale antistante la Certosa arrivano fino alla Stazione di Montesanto è certamente un’esperienza affascinante.

Questo percorso suggestivo collega piccoli “mondi” differenti attraverso passaggi e strettoie che sembrano avere una vita propria, lontana dal trambusto della città.
La scalinata, fatta di enormi gradoni che scendono ripidi verso il basso, rappresenta un’importante testimonianza storica e urbanistica, oltre ad offrire un punto di vista paesaggistico diverso, costeggiando gli orti degli antichi casali e i giardini della Certosa.
In uno degli edifici che si affacciano sulle scale della Pedamentina, soggiornò Baudelaire e qui Marguerite Yourcenar ha ambientato “Anna, soror”, uno dei tre racconti che compongono “Come l’acqua che scorre”.
Scritto nel 1982, il testo parla di una Napoli aristocratica di fine Cinquecento e della famiglia del marchese spagnolo Alvaro De la Cerna.
Oggi, per difendere la scalinata dal degrado, è nato anche un comitato di cittadini a tutela della Pedamentina e varie sono le azioni messe in campo per rivalutare questo magico e imperdibile percorso.
Dal Corso Vittorio Emanuele a Piazza Dante

Nella parte finale la Pedamentina sbuca al Corso Vittorio Emanuele alle spalle dell’Ospedale Militare; da qui, altre scale attraversano il popolare quartiere di Montesanto, caratterizzato dalla stazione in stile Liberty della Ferrovia Cumana e dal folkloristico rione della Pignasecca.
Si giunge così dentro quel budello di vicoli, stradine e anfratti che Matilde Serao definì “il ventre di Napoli”: da qui non si vede più il golfo, il mare e le isole, ma solo alti edifici decadenti addossati uno all’altro.
Questo affascinante itinerario pedonale consente però di scoprire una Napoli diversa e di meravigliarsi della ricchezza dei suoi “mondi” che vanno dall’alto dei giardini al nucleo più antico della città, dai rari angoli silenziosi risparmiati dalle auto al caos cittadino tipico del centro storico.
Ancora una volta, insomma, Napoli non smette di stupire e affascinare con la sua autenticità.
Infoutili
Come arrivare: dal centro di Napoli, Linea metro L1(stazione Vanvitelli, proseguire a piedi fino al Largo San Martino per circa 10 minuti); in alternativa Funicolare di Montesanto (stazione Morghen, proseguire a piedi fino al Largo San Martino per circa 7 minuti).
Quando andare: in ogni periodo dell’anno (maggiormente consigliato in primavera e autunno).
Come vestire: scarpe sportive e abbigliamento comodo.
Durata: 25 minuti
Cosa visitare: Castel Sant’Elmo; Certosa e Museo di San Martino.
Cosa leggere: Yourcenar M., Come l’acqua che scorre: tre racconti, Einaudi, 1983, Euro 13,30.
Testo e foto di Angelo Laudiero |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Caro lettore,
Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.
Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.