Per conoscere e quindi capire Joyce, scrittore che ha frequentato e amato l’Italia e in modo particolare la città di Trieste, sarà opportuno sottolineare alcuni passaggi fondamentali della sua esistenza, insieme ai caratteri distintivi e comportamentali della sua personalità.

Di carattere anticonformista e fortemente critico verso la società irlandese e nei confronti della Chiesa cattolica, James Augustine Aloysius Joyce ha vissuto la sua maturità di uomo e di scrittore a Trieste, ed è in tale contesto che le note che seguono vogliono ricordarlo: come scrittore di fama internazionale che ha scritto delle “cose” di casa sua vivendo in una realtà geografica diversa, attingendo (anzi) spunti di riflessione e di trasposizione letteraria anche dagli ambienti e dalle persone conosciute nella città giuliana.
Nato Dublino il 2 febbraio del !882, James Joyce morirà a Zurigo il 13 gennaio del 1941. In mezzo una vita di scrittore, poeta, drammaturgo, con viaggi in diversi luoghi europei, esperienze varie di lavoro e non poche tribolazioni.
Esule volontario in Italia

Joyce arriva a Trieste,con la compagna e in seguito moglie Nora Barnacle il 20 ottobre del 1904. Vi rimarrà sino al 1915 e, in seguito, negli anni 1919 e 1920. Poco prima, a Zurigo, aveva ottenuto un posto come insegnante di inglese presso la Berlitz School, incarico che dalla direzione era stato mutato in trasferimento alla sede di Trieste; lavoro nato male, questo, perché anche a Trieste non gli confermano l’impiego e lo trasferiscono a Pola, dove rimane sino a marzo del 1905, per essere infine richiamato nella città di San Giusto.
Alterna la scrittura all’insegnamento ed è con questo che deve mantenere la famiglia; dalla Berlitz passa alla Scuola Superiore di Commercio e dà lezioni private. Ma le cose vanno avanti a fatica: Joyce non sa gestire le proprie finanze, non controlla le spese che fa; morale, è sempre squattrinato e pieno di debiti, perché chiede troppo spesso anticipi e favori ai suoi allievi facoltosi, giovani e meno giovani.
A Trieste fa di tutto: insegnante, conferenziere, giornalista, impiegato, studente di canto, traduttore, aspirante imprenditore; frequenta l’élite economica, politica e intellettuale della città.
Ha le mani bucate, Joyce; la famiglia, prima a Dublino e poi anche a Trieste (fratello e sorella) gli imputa di bere troppo e di spender soldi in frivolezze. Ma ciò non di meno lo scrittore non manca di impegnarsi a fondo nei molti lavori che affronta per vivere.
Alti e bassi di vita triestina

Da poco in città, nasce Giorgio, il primogenito di James e Nora; un po’ per nostalgia, un po’ per necessità, James invita il fratello Stanislaus a raggiungerlo a Trieste, sempre come insegnante di inglese.
Lui accetta, ma la convivenza non è facile; il fratello gli imputa le spese eccessive. Nel 1906 la coppia si trasferisce a Roma, per il desiderio di viaggiare ma anche per vedere se sia possibile migliorare il loro tenore di vita; Joyce lavora per un certo periodo come impiegato in una banca e risiedono in un appartamento in affitto in via Frattina.
L’avventura dura da agosto a dicembre ma alla fine fanno ritorno a Trieste. Nel 1907 Joyce scrive qualche articolo per Il Piccolo della Sera – quotidiano della città – e si offre al Corriere della Sera di Milano come inviato in Irlanda, offerta che viene comunque declinata.
Nel mese di maggio ha problemi di salute: soffre di incubi notturni, ha disturbi al cuore, contrae una forma di febbre reumatica ed è affetto da irite, infiammazione all’iride e alle ciglia degli occhi.
Nell’agosto del 1908J ames e Nora, dopo Giorgio e Lucia, perdono il terzo figlio per un aborto. Nello stesso periodo Joyce prende lezioni di canto al Conservatorio di Musica di Trieste e l’anno successivo partecipa alla messa in scena de I maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner, perché era dotato di una bella voce tenorile.
Con la notorietà, incontri famosi

A Trieste James conosce Italo Svevo, (prototipo del personaggio Leopold Bloom) che gli suggerirà molti dettagli sull’ebraismo da lui inseriti nell’Ulisse. Nel 1909 torna per poco tempo a Dublino per far conoscere il figlio alla famiglia e per incontrare i familiari di Nora; intanto raccoglie impressioni e sensazioni per il suo Gente di Dublino.
Si imbarca nell’avventura finanziaria di aprire una sala cinematografica; impresa destinata a fallire. Ritorna a Trieste con la sorella Eileen e nell’aprile del 1912 si reca a Padova per sostenere gli esami di abilitazione all’insegnamento nelle scuole italiane, ma nonostante il buon esito delle prove sostenute, il suo titolo di studio non viene riconosciuto in Italia.
Nell’estate dello stesso anno ritorna a Dublino ancora una volta per la pubblicazione di Gente di Dublino, ma non ottiene i risultati sperati; malgrado il poeta William Butler Yeats lo inviti a rimanere, Joyce parte per non più ritornare in Irlanda.
Nel 1913 conosce Ezra Pound, grazie al quale pubblica a puntate Ritratto dell’Artista da Giovane sulla rivista The Egoist. Nel 1914 escono in volume i racconti di Gente di Dublino e inizia a lavorare ad Ulisse (compone a Trieste i primi tre capitoli), al dramma Esuli (che vedrà la luce nel 1918) e al poemetto in prosa Giacomo Joyce (l’unica sua opera interamente ambientata a Trieste).
Diviene ospite fisso del Caffè San Marco, noto ritrovo di intellettuali triestini. Allo scoppio della prima guerra mondiale, esponenti della borghesia triestina lo aiutano a fuggire a Zurigo e nel 1918 la rivista americana Little Review pubblica alcuni capitoli dell’Ulisse.
Nel 1919 Joyce torna per poco tempo a Trieste, ma trova la città molto cambiata; deciderà quindi di accettare l’invito di Ezra Pound di trasferirsi a Parigi. Trieste: doveva restarci una settimana o poco più; finirà per viverci vent’anni.
Luoghi triestini di James Joyce

L’incisione alla base della scultura che lo celebra sul Ponterosso che attraversa il Canal Grande di via Roma, recita: …la mia anima è a Trieste. Parole queste che Joyce ha scritto alla moglie Nora, a testimonianza del suo forte legame con la città.
Al numero civico 32 di via San Nicolò si trovava la sede storica della Berlitz School, tale dal 1903 al 1905; poi vi saranno altre sedi. All’epoca la scuola era diretta da Almidano Artifoni, personaggio inserito da James nel decimo capitolo dell’Ulisse, come maestro di musica di Stephen Dedalus.
In via della Barriera Vecchia 32 (ora via Oriani 2) c’è la casa triestina dove Joyce ha vissuto per due anni, dall’agosto 1910 al settembre 1912, sopra la farmacia del dott.
Picciola (tuttora esistente). Nelle vicinanze si trova anche la famosa pasticceria Pirona (Largo Barriera Vecchia 12), dove James gustava i presnitz, dolci tipici di pasta sfoglia arrotolata con frutta secca.
In via Bramante al numero 4 c’è la casa che Joyce ha abitato più a lungo a Trieste: dal settembre 1912 al giugno 1915, un periodo molto favorevole per la sua attività letteraria.
Infine, nei dintorni della splendida piazza Unità d’Italia che affaccia sul golfo, l’ultimo luogo legato allo scrittore irlandese: la casa di via Armando Diaz 2, appartamento della sorella Eileen che ha ospitato Joyce e la sua famiglia nel biennio 1919-1920.
Grandezza dell’autore di Ulisse
Dublino è stata la città dove la personalità di Joyce ha avuto origine ed è stata plasmata, Trieste, quella dove lo scrittore ha avuto modo di svilupparla e maturarla; il luogo – sono parole del noto romanziere irlandese ColmToibin – dove Joyce è cresciuto.
La produzione letteraria di James Joyce non è stata molto vasta, ma l’autore di Ulisse e di altre opere di grande prestigio e risonanza ha svolto un lavoro risultato di fondamentale importanza per lo sviluppo della letteratura del XX secolo, in particolare della corrente modernista.
Soprattutto in relazione alla sperimentazione linguistica presente nelle opere, Joyce è valutato come uno dei migliori scrittori del XX secolo e della letteratura di ogni tempo.
Libertas Dicendi n°354 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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