Scrivere per trasmettere emozioni

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Pochi giorni fa, presentando e discutendo al Circolo dei Lettori di Torino i mille ricordi che hanno caratterizzato la mia vita di viaggi, ho approfondito (meglio: cercato di approfondire) la ricerca, il significato e il modo migliore per descrivere le emozioni che accompagnano la vita di noi tutti; sia che scaturiscano da una infinita varietà di situazioni e di esperienze, sia che vengano generate per semplice esercizio mentale, se ci va di farlo.

Nelle note che seguono butto giù alcune riflessioni sulle emozioni che trovano rispondenza nello scrivere e nel leggere, esercizio notoriamente intercambiabile.

Una lingua dalle parole emozionanti

Il sogno di chi scrive, magari inespresso per modestia o per il timore opposto di apparire presuntuoso o non all’altezza nel giudizio di terzi, è quello di saper scrivere suscitando emozioni in chi legge.

Le emozioni legate a un personaggio o a una storia, rappresentano il logico punto di fusione tra quello che lo scrittore vuole esprimere e la capacità di assorbimento emotivo di chi legge, sempre ché siano parole legate a formare – per le ore della lettura o per periodi più prolungati di tempo – quel confortevole universo (differente da lettore a lettore) di sensazioni, attese, stupore e progressiva immedesimazione che lo lega alla capacità espressiva dello scrittore; risultato non scontato ma possibile, a patto che il racconto dimostri che chi l’ha scritto viva in continua (quasi) perfetta simbiosi con la lingua italiana, ne conosca le infinite possibilità d’amalgama e valorizzazione.

Chiunque possieda mente e cuore, dispone anche di un complicato intreccio di terminali nervosi in grado a loro volta di veicolare, quasi travasare nelle fibre del corpo le emozioni e i messaggi generati dalle parole di un articolo, di un libro.

Il lettore vuole provare emozioni

Quasi tutti acquistano un libro perché ne hanno sentito parlare alla radio, alla tivù, hanno letto le recensioni di critici qualificati o magari è stato consigliato da amici (il famoso passaparola), quindi meritevole di considerazione.

La successiva prova del nove (la lettura) può tuttavia svelare una realtà differente: il lettore si accorge, già dalle prime pagine, che qualcosa non funziona: il discorso è farraginoso; non si capisce bene dove il personaggio principale e i comprimari vogliano andare a parare; le azioni, i movimenti e gli atteggiamenti descritti non vengono suffragati dalle riflessioni interiori suggerite dallo svolgersi dei fatti; mancano pensieri introspettivi, manca un legame logico che li unisca.

Alla fine, il lettore legge una decina di pagine, ne sfoglia distrattamente altre verso la metà del volume sperando di scoprire qualcosa di elettrizzante, poi finisce per rinunciare ad andare oltre.

Non ha trovato niente che gli rendesse viva la storia; niente che gli desse un’idea di ciò che passava nella mente e nei comportamenti dei vari personaggi descritti. Era un libro, quello tanto decantato, che non procurava emozioni, positive o negative che fossero. Tutto piatto, o quasi.

Lo scrittore deve generare emozioni

Lo scrittore uomo e la scrittrice donna si equivalgono in quanto a possibilità d’espressione, ma divergono nella scelta e descrizione delle personali e delle altrui emozioni.

Entrambi devono quindi essere in grado di descrivere i comportamenti esteriori dei personaggi attraverso il loro stato emotivo; debbono in ultima analisi fornire ai lettori chiari indizi, tracce di come pensano e agiscono i loro protagonisti, lasciando al lettore il compito di individuarne le scelte e i relativi comportamenti.

Parole, frasi, riflessioni, previsioni, deduzioni, per accompagnare il lettore nei pensieri di coloro che descrive. Le azioni conseguenti, non saranno più una sorpresa magari infarcita di dubbi per il lettore, perché avrà al contrario avuto modo di arrivare a giustificarle o meno attraverso le parole generatrici d’emozioni con le quali lo scrittore, o la scrittrice, le avrà rese chiare e comprensibili.

Difficile raggiungere livelli di scrittura che sappiano coinvolgere, emozionare; quando ciò avviene, il lettore si affeziona all’autore e al suo modo personale di scrittura.

Come narrare le emozioni

Esistono regole abbastanza precise per scrivere in maniera emozionante, magari tenendo presente la formula adottata e collaudata dagli scrittori americani: “show, don’t tell” (mostra, non raccontare).

C’è chi affronta la questione di petto, dicendo apertamente cosa il protagonista di un racconto, di un romanzo, prova in quel momento specifico; lo scritto fornisce quindi un’informazione ben precisa, definitiva, che non lascia spazio a dubbi o interpretazioni. Questo modo diretto è semplice ma non molto efficace, per chi legge.

Una seconda possibilità è quella di far parlare il protagonista e fargli esprimere a voce quello che prova; in questo caso il lettore non manca di riflettere sul fatto che, nella quasi totalità dei casi della vita reale, ben difficilmente una persona espone con chiarezza le proprie emozioni, i propri sentimenti.

Al cospetto di una dichiarazione esplicita, all’interlocutore rimane il dubbio sulla veridicità di quanto ha appena ascoltato, anche perché sono i comportamenti, le espressioni del viso, il tono delle parole pronunciate a denunciare lo stato d’animo, l’emotività del protagonista.

Ne consegue che se lo scrittore descrive tutte queste cose senza far parlare il protagonista, ottiene risultati più sottili, interessanti, emozionanti in chi legge; una terza possibilità di scrittura, questa.

Il lettore, in definitiva, non vuole che qualcuno gli dica come si sente un personaggio; vuole capirlo da sé e vuole provare lui stesso le medesime emozioni.

Scrivere imparando a riconoscere le emozioni

Dando per scontato che chi scrive sappia come far presa sui suoi lettori, non gli resterà che concentrarsi sulla personale capacità di saper percepire, analizzare e descrivere le emozioni dei personaggi che animano le sue storie. Le emozioni della gente sono di tre tipi: di livello esterno,interno e mentale.

Quelle di livello esterno si manifestano attraverso il linguaggio del corpo, le espressioni facciali, le azioni che una persona compie. Più forte è l’emozione, più ci sono reazioni fisiche immediate ed esteriori sulle quali non abbiamo un controllo razionale: paura, spavento, rabbia o disgusto.

A livello interno le emozioni spesso producono sensazioni viscerali anche molto forti, comunque poco visibili perché ben mascherate: senso di calore per un’attrazione fisica; il batticuore generato dall’ansia; le contrazioni muscolari dovute all’adrenalina in situazioni di pericolo o la stretta allo stomaco per un momento di vergogna o di umiliazione.

A livello mentale, infine, le emozioni inducono pensieri e riflessioni che procedono per schemi logici e razionali, ma più spesso migrano in maniera non sequenziale e veloce da una situazione all’altra; impiegare una sequenza riflessiva per narrare i pensieri di un personaggio, vuol dire portare il lettore dentro la testa del personaggio stesso; si finirà per capire come ragiona e si potrà osservare il mondo dal suo modo di osservarlo. In definitiva, occorre trovare il giusto equilibrio, anche scrivendo.

Captare le emozioni che tutto circondano è il punto di partenza ottimale.

Libertas Dicendi n°352 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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