
Non so voi, ma io adoro il cinema. E si, potrei sembrare scontata, perché la settima arte è un hobby facile: ti siedi sul divano, la sera, e tra uno zapping e l’altro, approdi a qualcosa da vedere che ti accompagni all’ora della buonanotte.
Insomma, amare i film è abbastanza semplice.
Però, in questo passatempo alla portata di tutti, ci sono vari livelli da scalare.
Ed è proprio a questi stadi successivi – e probabilmente maniacali e che orgogliosamente mi vanto di aver raggiunto – che un mondo nuovo ti si apre.
Un universo di immaginazione, creatività, sacrifici, sperimentazione, fallimenti e grandi conquiste.
Nel mio lessico, le citazioni cinematografiche sono all’ordine del giorno, ci sono personaggi che mi hanno insegnato a vedere la vita con più leggerezza, che mi hanno accompagnata per mano in notti buie, che sembravano interminabili, e che grazie a loro ho superato.
Una giornata speciale

In quest’ottica, Los Angeles per me è il regno dei sogni che si avverano, non tanto per la speranza di incontrare Brad Pitt al supermercato – anche se ci spero sempre – piuttosto per calpestare le stesse strade dove tanti capolavori sono stati immaginati, elaborati e realizzati.
Per mesi avevo seguito gli aggiornamenti sull’inaugurazione dell’Academy Museum, credo di essere stata tra i primi ad iscriversi alla loro newsletter.
Poi, il momento è arrivato – inaspettatamente e rapidamente, come gran parte dei desideri che si realizzano – loro avevano aperto i battenti, e noi eravamo proprio in quel di Los Angeles.
L’Academy Museum of Motion Pictures è la più grande esposizione dedicata all’arte della cinematografia, in tutti gli Stati Uniti d’America.
Il primo posto a livello mondiale, sapete chi lo detiene?
Il China National Film Museum, che si sviluppa su un’area di oltre 263.000 mq a nord di Pechino, e focalizza la sua attenzione sulla storia del cinema cinese.
Per molti, ma non per tutti.
Ma torniamo a noi, in California e con sette piani di storia della cinematografia – progettati nientepopodimeno che da Renzo Piano – da esplorare e gustare minuto per minuto.
Insomma, c’era solo l’imbarazzo della scelta: sale di proiezione, retrospettive su registi, approfondimenti su cult movies leggendari, e of course, una sezione dedicata agli Oscar.
Più che un resoconto di ciò che il Museo offre, mi piace l’idea di proporvi una carrellata delle memorabilia in mostra che più mi hanno fatta emozionare. La sensazione di avere a pochi centimetri veri oggetti del desiderio per ogni cinefilo che si rispetti, è qualcosa di atavico, che ti fa scodinzolare come un cane davanti al suo osso gourmet!
Spike, il collezionista

L’installazione dedicata al regista di Malcom X è un ulteriore viaggio nella storia del cinema ed i suoi protagonisti.
Oggetti e ricordi che Lee ha raccolto e custodisce religiosamente, che emozionano fortemente.
Locandine cinematografiche conservate nel corso dei decenni, con tanto di dediche.
E poi, copertine di giornali, fotografie, strumenti musicali.

Pensieri ed autografi di Akira Kurosawa, Billy Wilder, Jean-Luc Godard, Lina Wertmüller, Martin Scorsese, Francis Ford Coppola. Solo per citarne alcuni.
Durante l’inaugurazione, Spike Lee si è guardato intorno emozionato ed il suo commento è stato: “Sapete di cosa parla questa mostra? Parla d’amore, di persone che mi hanno segnato ed inspirato. E per mia fortuna, con alcune di esse sono diventato amico.”
Per inciso, io ho trovato meravigliosa una locandina in giapponese di Apocalypse Now, autografata: a Spike, con affetto e rispetto. F. F. Coppola.
Rosebud, questa sconosciuta
Non sono qui per farvi una lezione di storia cinematografica, quindi se non sapete di cosa stiamo parlando, ripassate l’ABC del cinefilo dilettante e riguardatevi Quarto Potere.
Mi trovavo a pochi centimetri dall’oggetto cult per antonomasia: la parola indecifrabile e misteriosa che il nostro Citizen Kane pronuncia prima di morire e che rimane un dilemma per tutti i personaggi della pellicola.
Rosebud, lo slittino più celebre nella storia degli slittini.
Ne furono prodotte tre copie per girare il film: seguendo la trama, Rosebud finiva nel dimenticatoio generale e bruciato come un pezzo di legno tarlato, senza alcuna importanza.
Bastarono due ciak per portare a casa la scena giusta, quindi alla fornace sopravvisse un solo slittino. Ora proprietà di?! Stephen Spielberg.

Somewhere, Over the Rainbow
Se dico, scarpette rosse sbrilluccicose, a voi cosa viene in mente?
Nel romanzo originale di L.F. Baum – Il meraviglioso mago di Oz – le calzature magiche indossate da Dorothy erano argentate. Nella pellicola, grazie ad un utilizzo del technicolor considerato avveniristico per l’epoca, venne scelto un rosso brillante, che bucava lo schermo.
Durante le riprese, Judy Garland utilizzò diverse paia delle stesse scarpe, ne sono rimaste quattro in circolazione: una delle quali andò a finire in un Museo dedicato all’attrice, in Minnesota. Nel 2005, quel cimelio fu sottratto dalla sua teca; ci vollero 13 anni di investigazioni per ritrovare il bottino, anche se il ladro non è ancora venuto alla luce.
Molto rumore per nulla?
Non tanto … le scarpette di seta rossa, crepe georgette e paillettes, negli anni hanno acquistato valore. Nel 2012 Leo Dicaprio, Steven Spielberg ed altri ricchi benefattori, hanno fatto squadra per acquistarne un paio e donarlo all’Academy, quelle immortalate da me nella foto.
Siete interessati ad acquistarne un paio anche voi? Potreste dover sborsare sui 6 milioni di dollari.
Zoetrope, zootropio per gli amici

Per quanto mi riguarda, è una parola ostica che difficilmente memorizzo.
In parole povere, lo zootropio è un marchingegno di forma cilindrica dentro al quale vengono posti disegni in sequenza. Lo strumento, inizia a ruotare su se stesso, e man mano che la velocità aumenta, le illustrazioni si animano e magicamente prendono vita.
Questo avveniva già a partire dal 1834, quando il matematico britannico William George Horner inventava appunto lo Zoetrope.
Fate un salto temporale di oltre un secolo, poi mescolate in ordine sparso gli artisti della Pixar, la tecnologia avanzata ed i personaggi di un cult movie. Ed ecco a voi il Pixar’s Zoetrope, che noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere proprio all’Accademy Museum.
Risultato? La sottoscritta appiccicata al vetro per mezz’ora, a bocca aperta, ipnotizzata dai movimenti tridimensionali di Buzz Lightyear, Woody, Andy e tutta l’allegra brigata di Toy Story.
Cosa ipnotizza? Vedere i pupazzetti iniziare a muoversi, lentamente e sempre più velocemente, fino ad arrivare ad un battito di occhi, durante il quale sembrano scomparire, per poi riapparire magicamente, in movimento, reali, proprio li, accanto a te.
Incontri ravvicinati
Vi siete mai ritrovati in una stanza con: Alien, E.T., C-3PO ed R2-D2, Edward Mani di Forbice, l’Uomo Anfibio della Forma dell’Acqua e gli orchi della Terra di Mezzo?
Non una copia, non una foto, ma quelli veri? A prescindere dalla vostra passione per sci-fi e fantasy, ve lo assicuro, è qualcosa che vi scuoterà dentro. Detto questo, non aggiungo altro.
Informazioni: per saperne di più sui viaggi in California sul sito di Visit California o sul sito dell’Associazione Visit USA
Testo e foto di Viviana Biffani|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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Viviana Biffani
Sognatrice per vocazione, viaggiatrice per coincidenza. Racconta con sana ironia di spiagge, compromessi matrimoniali e onde oceaniche. Leggi i suoi racconti di viaggio.
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