Città del Vaticano, un’avventura giornalistica

Vaticanisti. Così vengono definiti i giornalisti che frequentato la Città del Vaticano e si occupano di scrivere o documentare gli avvenimenti che riguardano il Vaticano. Mai avuta questa qualifica, naturalmente, ma ho conosciuto da vicino per diversi giorni e in più riprese due aspetti dell’attività della Santa Sede: quella tipografica e l’altra – appariscente e colorata – del Giuramento delle Guardie Svizzere. Un’esperienza interessante e particolare che ricordo con piacere.

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La Basilica di San Pietro, Città del Vaticano @Shutterstock

Vaticano, obiettivo difficile

Va da sé che i miei sono ricordi di lavoro di un anno che, oggi, appare ed è davvero lontano nel tempo; il 1985 mi vedeva impegnato in documentari radiofonici per la Radio Svizzera in primo luogo, quindi per articoli dedicati a realtà sociali il più possibile lontane e diverse dalla quotidianità e per tale motivo intriganti e meritevoli di venire perseguite e realizzate.

Così è stato per i “lavori” pensati prima e portati a termine in seguito nella Città del Vaticano. Obiettivi dichiarati: il Giuramento delle Guardie Svizzere Pontificie e l’incredibile e senza alcun dubbio specifica vocazione divulgativa della Tipografia Vaticana. Ripensandoci, dato che i viaggi a Roma sono stati due (il primo per il Giuramento a maggio, quindi in settembre per la Tipografia) debbo ammettere che senza l’aiuto di un prelato della CEI amico di famiglia, il pragmatico e dolcissimo Don Francesco, Monsignore, non avrei combinato nulla.

Lui conosceva le persone giuste alle quali rivolgersi in Vaticano e lui le ha preavvertite, facilitandomi i contatti; io mi sono limitato a completare l’opera riempiendo prima di ogni viaggio un  buon numero di moduli – inviati in via preventiva – sulle regole d’accesso al Vaticano, gli orari da rispettare, le procedure per le interviste, persino la gerarchia da seguire per gli incontri; oltre a ciò, il locale Ufficio Stampa mi aveva dotato di un prezioso cartellino con foto da esibire da un ufficio all’altro, da una persona all’altra; non solo: mi avevano anche riempito di piccoli pro-memoria stampati su carta gialla che recavano i nomi, date e orari dei vari dipartimenti da visitare, dei responsabili con i quali avrei parlato, eccetera.

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Città del Vaticano,. la chiesa di Sant’Anna @Shutterstock

Per tutte e due le visite mi muovevo, all’interno della piccola città-stato, in compagnia di un giovane e compreso sacerdote che fungeva da guida personale. In aggiunta a tutto questo, da quattro mesi prima di maggio ad ottobre dopo la visita di settembre, una mole fantastica di lettere di presentazione, contatti e ringraziamenti, quando la posta mail in Italia non c’era ancora.

L’atmosfera sospesa di un’enclave speciale

All’interno del Vaticano mi sono spostato a piedi naturalmente e su una piccola utilitaria in qualche caso, più per rispettare gli orari fissati per gli appuntamenti che per le distanze da coprire; sempre col giovane sacerdote pugliese Don Giacomo che, oltretutto, si è offerto di trasportare l’apparecchio registratore, discretamente pesante!

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Città del Vaticano,. le Guardie Svizzere @Shutterstock

Nei momenti di sosta, ho visitato le vie raccolte e silenziose dell’abitato oltre le mura della Porta di Sant’Anna, cuore pulsante del Vaticano; qui ho visitato gli alloggiamenti (barracks) delle Guardie Svizzere e, più a nord, quelli della Gendarmeria papale. Luoghi in seguito visti per lavoro e curiosità personale: la Sala Stampa, l’Ufficio Postale centrale, negozi e abitazioni, il market e, dall’altra parte di San Pietro, la Radio Vaticana, i Musei, il Palazzo del Governatorato.

Dulcis in fundo, una visita accompagnata sulla fantastica Cupola di San Pietro, con gli ultimi scalini della grande cupola ogivale, diversa rispetto al progetto originario di Michelangelo e compresa nella struttura a doppia calotta, compiuti col corpo e la testa piegati a sinistra per assecondare al meglio la forma del “Cupolone”. Dall’alto, una città splendida, davvero eterna, specie nelle ore del tramonto. Il luogo ideale per sentirsi più vicini a Dio, suggeriva ispirato Don Giacomo.

Il giuramento delle Guardie Svizzere Pontificie

Ricordi di scuola: il Sacco di Roma, con le milizie di Carlo V che il 6 maggio del 1527 mettono sotto assedio la residenza di papa Clemente VII. Le guardie svizzere affrontano la battaglia a difesa del Pontefice e alla fine solo 42 guardie – quelle che salveranno la vita del Papa lungo il passaggio che collega il Vaticano a Castel Sant’Angelo – ce la faranno; le rimanenti 147 periranno in battaglia.

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Città del Vaticano,. la cerimonia di giuramento delle Guardie Svizzere @Shutterstock

Il Papa del 1985 è Giovanni Paolo II, il polacco Karol Wojtyła (oggi Santo) e il capitano delle Guardie Svizzere Pontificie è Roland Buchs-Binz, svizzero di Friburgo. Lui mi illustra in questo 6 maggio, giorno del Giuramento delle reclute, quali siano i compiti delle Guardie delle quali è Comandante: la difesa del Pontefice, in primo luogo, anche a costo della vita; il Corpo si occupa poi della vigilanza, sicurezza e protezione del Papa all’interno del Palazzo Apostolico e durante i suoi viaggi, oltre che dei servizi d’onore in occasione di udienze e ricevimenti.

La cerimonia del Giuramento è ormai prossima. Un Feldweibel (sergente maggiore) mi ricorda quali siano i requisiti per entrare a far parte della Guardia Svizzera del Vaticano: uomini di cittadinanza svizzera, di fede cattolica, con servizio militare svolto nell’Esercito svizzero e con certificato di buona condotta.

L’età deve essere compresa tra 18 e 30 anni e occorre esser alti almeno un metro e 74 centimetri, essere celibi (ma ora le Guardie si possono anche sposare) e possedere infine un certificato di capacità professionale o una maturità medio-superiore. Il Cortile di San Damaso, dove si svolge la cerimonia alla presenza delle massime personalità religiose del Vaticano, rappresentanti politici e militari della Confederazione Svizzera, oltre che parenti e amici di chi presterà giuramento, è imbandierato e i colori vivi delle uniformi (blu e giallo dallo stemma familiare di Papa Giulio II della Rovere, fondatore del Corpo) risaltano nella bella giornata di sole.

Il cappellano della Guardia legge il testo del giuramento: “Giuro di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II e i suoi legittimi successori, come pure di dedicarmi a loro con tutte le forze, sacrificando, ove occorra, anche la vita per la loro difesa. Assumo del pari questi impegni riguardo al Sacro Collegio dei Cardinali per la durata della Sede vacante. Prometto inoltre al Capitano Comandante e agli altri miei Superiori rispetto, fedeltà e ubbidienza. Lo giuro. Che Iddio e i nostri Santi Patroni mi assistano”.

Le reclute, chiamate per nome, avanzano e ripetono il giuramento alzando tre dita della mano destra, simbolo della Trinità. Il loro motto futuro sarà questo: Acriter et Fideliter (con coraggio e fedeltà).

L’universale Tipografia Vaticana

Tipografia Vaticana, Messale stampato nell'anno 1635
Tipografia Vaticana, Messale stampato nell’anno 1635

Monsignor De Bono, un simpatico prelato della provincia di Avellino, mi riceve nell’edificio della Tipografia costruito nel 1908. Mi mostra tutto quanto c’è in questo spazio che si allarga sempre più per le aumentate esigenze di stampa.

Macchine tipografiche vecchie e attrezzature nuove; raccolte di caratteri a piombo in quasi tutte le lingue del mondo; la sezione riservata alle esigenze dell’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede che viene pubblicato in cinque edizioni settimanali (italiano, francese, inglese, spagnolo e portoghese).

La tipografia provvede alle esigenze dei vari uffici del Vaticano e alla produzione artigianale di pregio per il Santo Padre e la Segreteria di Stato. Prodotti di particolare rilevanza, aggiunge De Bono, sono i Vangeli e le guide spirituali stampate nelle varie lingue del mondo e affidate alle Missioni Cattoliche sparse nei cinque continenti.

A riprova di quanto dice, mi regala una copia del Vangelo stampata in malgascio, la lingua del Madagascar. Conclude il Monsignore: questa è una Tipografia che è stata affidata, agli inizi, a un artista della stampa quale fu Paolo Manuzio; dicendolo, propone un brindisi finale con un liquore alle erbe che gli ha inviato sua mamma dalla Campania.

Libertas Dicendi n°378 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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