Appena riaperto dopo una ristrutturazione ardita e coraggiosa che ne ha sconvolto e rivoluzionato struttura, impianto e percorso espositivo, il Museo Reale delle Belle Arti è una delle tappe gioiello della città.

C’era una volta un museo. Anzi Il Museo, orgoglio e vanto della città, un maestoso edificio fine ’800 nello Het Zuid (letteralmente, Il Sud), il distretto dalla inconfondibile allure parigina ridisegnato e realizzato (a partire dal 1875) negli spazi occupati per secoli da una fortificazione Spagnola.
Quello del KMSKA (sigla impronunciabile che sta per Koninklijk Museum voor Schone Kunsten Antwerpen, cioè Museo Reale delle Belle Arti di Anversa) era uno di quei palazzi, edificati negli anni delle Grandi Esposizioni, severo e solenne, dai volumi extralarge con la facciata che ricordava un tempio greco (colonne, propilei, capitelli, lesene, statue di divinità).
Nonostante le sue dimensioni importanti, con gli anni questo museo era diventato troppo angusto per la quantità di opere che doveva contenere.

Ed ecco partire, undici anni fa, i lavori di restauro e di ampliamento: le migliaia di oggetti della collezione del KMSKA che raccontavano sette secoli di storia dell’arte, dai primitivi fiamminghi fino alle avanguardie del ‘900, avevano bisogno di nuovi spazi.
Il progetto messo a punto dallo Studio KAAN Architecten non prevedeva nessuna costruzione al di fuori del contenitore ottocentesco, ma solo un recupero sapiente degli spazi interni, riconquistando i cortili e i patii dell’antico edificio e ricavandone un white cube, una specie di scatola cinese, invisibile dall’esterno ma collegata al vecchio edificio da un dedalo di scale, passaggi e corridoi.
Un Museo. Due caratteri

La doppia personalità del KMSKA così è segnalata solo dalla diversità delle scelte cromatiche delle sale: rosso pompeiano o verde salvia per quelle dell’edificio storico, bianco totale per quelle della parte nuova.
Tutto qui? No, naturalmente. Il percorso espositivo non segue un criterio cronologico, ma piuttosto un criterio tematico: ci sono, infatti, sale dedicate alla luce, al colore, alla forma, agli eroi e via così…
Chi, insomma, si aspetta di trovare la “solita” successione di sale che raccontano i diversi momenti della storia dell’arte, al KMSKA rimane spiazzato perché qui lo aspettano stili, artisti, tecniche, quadri e statue, antico e moderno che, in un mix disordinatamente ordinato, occupano sale, saloni e gallerie, dialogando tra di loro.
E così capita, per esempio, di ammirare nella stessa sala un quadro di Antonello da Messina di fronte ad un video di Bill Viola e accanto ad un’opera di Rubens, o ancora i gioielli eleganti e leggeri di Fausto Melotti che fronteggiano i monili accuratamente dipinti da Van Eyck, da Fouquet, da Jan Massijs. E ancora: sale immersive e camere virtuali, capolavori di Rubens e supporti multimediali sparsi ovunque.
E i piccoli visitatori? Il visual artist Christophe Coppens ha pensato a loro e ha creato dieci pezzi ispirati a dettagli contenuti nelle opere esposte: cammelli di pelouche e velluto (stanno di fronte alla “Adorazione dei Magi” di Rubens) su cui arrampicarsi, una inquietante mano girevole, una mosca gigante, una finta roccia che dialoga con il paesaggio dipinto in una tela, un teschio enorme simile ai crani dipinti in dettaglio nei quadri che lo circondano.
All’ingresso, inoltre, ai giovanissimi art addict viene distribuito un libretto con un kit di matite colorate dove disegnare particolari di animali, fiori o altri particolari da scovare nei quadri.
Anversa o Parigi?

Fuori dal KMSKA c’è, come si diceva, Het Zuid, la Petit Paris di Anversa con le sue piazze su cui convergono viali e boulevard e le costruzioni tardo ottocentesche che seguono le diverse influenze di stili fin de siècle (neogotico e neorinascimentale a gogo, Art Nouveau, Tudor rivisitato e orientalismi di gran moda ai tempi). Da qui passare a scoprire il quartiere di Nieuw Zuid (il Nuovo Sud, ovviamente) è un gioco da ragazzi.
A far da cerniera tra “Vecchio” e “Nuovo” Sud è l’immaginifico Palazzo di Giustizia (qui, scherzosamente, lo chiamano Palazzo delle farfalle per il suo profilo frastagliato che ricorda le ali di una farfalla in volo) opera del geniale Richard Rogers, lo stesso archistar che ha progettato il Centre Pompidou di Parigi e il Millennium Dome di Londra.
Il nuovo Sud che parla anche italiano

E, c’era da aspettarselo, nel Nieuw Zuid il registro cambia. Il progetto di uso e riuso di questa zona della città (12 ettari) ha dell’incredibile: i bacini di carenaggio e i canali sono stati prosciugati e trasformati in viali, giardini, orti condivisi, il verde occupa più della metà del quartiere, il masterplan urbano (progettato dall’italianissimo Studio Secchi-Viganò) è ispirato ad un città ideale del Rinascimento, una miscela equilibrata tra un insieme modernista di spazi aperti e una cittadina a blocchi chiusi.

Ed eccolo, il Nuovo Sud: palazzine eleganti, testimonial di un minimalismo estetico, case clima, una new town assolutamente indipendente dove tutto è a portata di mano, dagli asili nido alle case per gli studenti, dall’edilizia popolare alle palestre per il fitness alle gallerie d’arte.
Non manca neppure l’Italian touch: Stefano Boeri, fresco del suo Bosco Verticale milanese, qui ha riproposto un Palazzo Verde che accoglie piante, cespugli ed alberi non solo sulle facciate, nelle logge e sui balconi, ma anche in copertura.
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Testo di Enrico Saravalle foto di Lucio Rossi|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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