La terribile catastrofe del terremoto di questi giorni, nella Turchia del sud e nella Siria del nord, produce in chi legge i giornali e in chi vede le immagini televisive, sentimenti di vera angoscia, compassione e insieme impotenza per chi vorrebbe dare aiuto e non può.

La solidarietà mondiale non manca e almeno questo, nel tempo, allevierà le pene di chi è sopravvissuto e non possiede più nulla. Dà comunque conforto vedere l’impegno di tutti per essere presenti nel fornire assistenza in queste giornate nelle quali la terra continua a tremare e le sofferenze sono accentuate anche dal freddo intenso.
Turchia, paese ad alta sismicità
La terra continua a tremare perché il teatro di questo sconvolgimento naturale è uno dei più sensibili agli eventi sismici e tra i più martoriati del mondo. Solo per rifarsi agli avvenimenti più vicini nel tempo, se ne possono ricordare tre: quello del 1939, con oltre 30.000 morti; quello del 1999 con oltre 17.000 decessi e l’attuale che rischia di risultare, alla fine, letale come se non più dei precedenti, dato che le vittime accertate hanno superato al momento le 16.000 unità.
La magnitudo di questi sismi? Vicina agli 8° della Scala Richter; elevatissima. Gli esperti confermano che il 90% del territorio nazionale turco è ad alta sismicità.
La penisola anatolica, che si innesta ad oriente nella catena montana caucasica, è percorsa da oltre 400 faglie attive; alcune sono giudicate molto pericolose, come quella poco a sud di Istanbul a elevato rischio di collisione (per fortuna non si può prevedere quando!) in grado pertanto di generare conseguenze territoriali addirittura tragiche.
In questa massiccia penisola, compresa tra il Mar Nero e il Mediterraneo, le faglie sotterranee principali dividono la Placca Anatolica centrale da quella Euroasiatica a nord e da quella Africana a sud; come se non bastasse, entra in gioco anche la Placca Araba che spinge da sud est.
Orogenesi mondiale
Anche se non sono purtroppo in grado di prevedere quando un evento sismico sia in procinto di manifestarsi, i sismologi hanno compiuto molti passi positivi nel comprendere i meccanismi dei movimenti sotterranei della Terra, fornendo alla fine un quadro generale che lascia capire in anticipo – almeno quello – quando una zona vada monitorata più di altre proprio in virtù dei pericoli che il sottosuolo racchiude.
Ora, grazie agli studi compiuti e perfezionati da apparecchiature sempre più sofisticate, si è arrivati a completare una mappatura mondiale dei fenomeni sismici, partendo dallo studio dei movimenti delle zolle terrestri. Movimenti che, giova ricordarlo, sono quasi esclusivamente collegati ad aree montane, con rischi maggiori per quelle che all’interno del sistema orografico, comprendono vulcani attivi: ad esempio Centro e Sud America, zone asiatiche (Giappone, Kamchatka ecc.).
Deriva dei Continenti
Ha avuto inizio circa 4 miliardi di anni fa. Le zolle continentali si spostano ad una velocità variabile da 1 a 10 centimetri all’anno, separandosi o avvicinandosi in continuazione.
Per tali movimenti, le estensioni degli oceani subiscono modifiche e tra due continenti in avvicinamento, le acque tendono a sparire. Ovvio che quando i continenti collidono, l’energia che sprigionano è gigantesca, inimmaginabile; anche se la velocità di spostamento è ridotta – centimetri, come abbiamo visto – le masse che si scontrano sono nell’ordine del miliardo di miliardi di tonnellate. Questi movimenti, continui dalla notte dei tempi, hanno originato la formazione delle catene montuose più elevate.
Catena Alpino-Himalayana
Quella che ci riguarda da vicino, si è formata seguendo questa dinamica generale, ma è più “giovane” di altre. Ha avuto inizio nell’era Mesozoica (tra 250 e 65 milioni di anni fa) per completarsi nell’era successiva (Cenozoica, da 65 a 2 milioni d’anni fa).
L’intero periodo di formazione ha avuto luogo in un centinaio di milioni d’anni: come dire poco più del 2% dell’intera vita della Terra. Le spinte che entrano in gioco in questo lungo ma recente periodo di genesi sono ancora attive oggi e rappresentano la causa dei terremoti che hanno devastato e continueranno ancora a devastare le zone prossime alla catena alpidica. Tra questi: il Friuli, Skopje in Macedonia, l’Anatolia, l’Armenia, i Monti Zagros in Iran.
Faglie e Cunei sotterranei
Sempre a detta degli esperti – non potrebbe essere altrimenti per un argomento di complessa scientificità come questo– la situazione della catena orografica alpidica (è bene ricordarlo: termine che unisce il sistema Alpino a quello Himalayano), nella quale si sta verificando il devastante terremoto turco-siriano, è soggetta ai movimenti di collisione di due margini continentali: quello africano e quello europeo che si presentano su posizioni grosso modo rettilinee.
Ma la pericolosità complessiva del movimento delle placche sotterranee è in questa vasta area aggravata dalla pressione di due enormi cunei o promontori che caratterizzavano il margine settentrionale del continente afro-arabo. Due sporgenze definite rispettivamente dalla parte settentrionale della penisola araba e dalla cosiddetta sporgenza adriatica: penisola italiana, Sicilia, alpi dinariche, regione adriatica.
Questi due promontori, infilatisi come due cunei nel continente euro-asiatico, hanno determinato, se così si può dire, le “complicazioni” dei fenomeni sismici in una zona già di per sé critica come quella anatolica, oggi in grande evidenza per il catastrofico terremoto.
Libertas Dicendi n°390 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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