Riccione, una storia spumeggiante

 

Riccione come Capri, la Versilia e Portofino. Siamo nel cuore dei ’60, gli anni del boom economico e delle prime vacanze di massa. Come le storiche repubbliche marinare, geograficamente e per importanza, le 4 mete turistiche che salgono alla ribalta sono le imperdibili se si vuole assaporare  il gusto della bella e dolce vita promessa a tutti.

Sono i luoghi per incontrare i cantanti, gli attori, per conoscere le ultime novità della moda e le nuove tendenze, per godere del benessere del mare e del clima. Alcune più crasse e altre più raffinate. La Romagna non è certo terra di sottigliezze, ma la Perla Verde si ritaglia un spazio sempre crescente nelle cronache mondane da quegli anni e sino ad oggi.

La storia della città è recente. O meglio, la storia della nuova città è recente. Perché Riccione ha anche un passato. Strano a dirsi. Pochi lo sanno, ancora meno ci credono. Ma basta visitare gli scavi della zona di San Lorenzo per trovare un piccolo, ma ancora sano, ponte romano sul Rio Melo, un fiumiciattolo che scorre alle spalle dell’abitato. La città antica non è sul mare, ma attorno alla via Flaminia che collega la vicina Rimini a Roma. Si sposta sulla riva a metà dell’800, quando il passaggio della ferrovia e l’apertura di una stazione danno il via definitivo al turismo. Arrivano frotte di bambini malati per le benefiche terapie di sole e mare. Negli anni del fascismo Mussolini dedica risorse e attenzioni alla città romagnola, e infine, negli anni ’60, arriva la consacrazione a meta turistica di massa: i film di Dino Risi, quelli di Fellini (anche se focalizzati più sulla vicina Rimini), l’apertura delle discoteche e dei locali sulla spiaggia, l’offerta alberghiera in costante aumento… Riccione entra di diritto tra le mete agognate dai turisti di tutta Italia.

D’altronde, in questo piccolo lembo di terra, situato nella parte sudorientale della Romagna, si alternano discoteche, club, 6 chilometri di spiagge, 151 stabilimenti balneari, parchi tematici , centri benessere, centinaia di alberghi e molto altro. E’ stato grazie al piano urbanistico che ha arricchito la città con grandi viali alberati e parchi attorno alle piccole villette della nuova classe media, che la città ha guadagnato il nome di Perla Verde, che è ancora oggi il suo marchio. Riccione, inoltre, vanta le più prestigiose boutique di moda nazionali e internazionali. La sue vie principali, Viale Ceccarini e via Dante, sono un vero e proprio salotto di moda, una passerella all’aperto di grande prestigio.

Il centro storico, per quanto piccolo, regala alcuni luoghi interessanti, come le ville Liberty sorte in riviera nei primi anni ’20. Sul lungomare a pochi passi da viale Ceccarini si trova villa Mussolini, oggi restaurata e dedicata a incontri ed eventi culturali. Nella parte nord, oltre la stazione, sorge Villa Lodi Fé, altro edificio storico della città che ospita la sede del premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, immersa in un parco silenzioso e tranquillo. Poco oltre, in Viale Fratelli Cervi, si sviluppa il vecchio paese.

Riccione, però nasconde una perla ancora più preziosa e meno conosciuta, ed è il suo rigoglioso entroterra. La vallata del fiume Conca, che risale sino al massiccio del Monte Carpegna, è costellata di borghi e castelli, che si adagiano su morbidi declivi coltivati a grano o a vite – da cui nascono i più pregiati vini Sangiovese – e da cui è possibile ammirare la linea della costa che si snoda verso sud, interrotta dal promontorio di Gabicce.

Le zone attorno a Coriano, sulle colline alle spalle di Riccione, venivano chiamate il Granaio dei Malatesta, per la coltivazione del grano, ma anche per la presenza di olivi, delle vigne e di molti altri prodotti. Il paesaggio è ordinato, i colli rotondi e gentili si perdono sino all’orizzonte.

Basta proseguire pochi chilometri e il territorio cambia radicalmente, la coltivazione lascia il posto alla vegetazione selvaggia e la natura prende il sopravvento, almeno una volta imboccata l’apertura delle grotte di Onferno. Il nome deriva da Inferno, scelto per la nebbia che sbuffa dalla cava, o per l’aspetto selvaggio del luogo. Sono le uniche grotte naturali della vallata del Conca, formatesi dall’erosione di un piccolo corso d’acqua che scavò la massa di gesso per milioni di anni.

Si entra nelle grotte attraverso un’antica torre di pietra, che probabilmente era parte dell’antico castello.

Prima di arrivare a Montescudo, borgo malatestiano circondato dalle solide mura medievali che sovrasta tutta la vallata, la strada serpeggia attorno alle rovine di un’antica chiesa. E’ Trarivi, distrutta durante la seconda guerra mondiale. Il luogo è davvero suggestivo. L’abside è uno spazio aperto, senza tetto né pareti. Da qui si può guardare tutta la vallata. Brandelli di mura punteggiano lo spazio, come lo scheletro del campanile.

Testo di Stefano Rossini  © RIPRODUZIONE RISERVATA  Latitudeslife.com

 

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