“Qui in questa notte di note
a guardarmi la vita
dentro le mani vuote
ma che cos’è mai
che mi fa credere ancora
mi riga gli occhi d’amore
e mi addormenterà dalla parte del cuore”
(Claudio Baglioni)
Le festività mi hanno riportato nella mia città natale, Palermo, per trascorrere qualche giorno con i miei però la smania di gettarmi nelle fiumane della vita notturna è troppo forte: ogni sera un richiamo irresistibile mi seduce e mi vuole spostare nella dimensione di quegli spazi occupati dai chiassosi concittadini. Devo uscire: alzo lo sguardo verso l’orologio e vedo segnate le 23, poco dopo passando dal salone incrocio mio padre che sorridendo sornionamente sottolinea che sono tornato alle antiche abitudini; ricambiando il sorriso gli ricordo che Palermo è un po’ come la New York del buon Sinatra, non dorme mai. Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta che ho guidato la Panda ma mi rincuora averla accanto in questa notte, accendo lo stereo e seleziono la colonna sonora perfetta: Notte di note, note di notte di Claudio Baglioni. Le luci della città la tingono di un giallo caldo, quasi a voler trasmettere il messaggio che il sole è sempre presente e ha lasciato sui muri e sull’asfalto le sue sfumature persino a questa tarda ora. Comincio dal silenzio dei maestosi monumenti che, avvolti dal manto oscuro, tolgono davvero il fiato: faccio fatica ad ammettere che sono gli stessi visti durante il giorno. Lascio la macchina davanti Porta Nuova emulando l’entrata trionfale di Carlo V dopo la battaglia di Tunisi nel 1535. Anche i quattro mori custodi, con l’espressione rassegnata di chi vede passare da secoli storie e persone così diverse, sembrano invitarmi a gustare il magnifico arco. Mentre osservo il leggero loggiato e la copertura piramidale, contemporaneamente noto la
maschera centrale che sembra prendersi gioco della vita stessa e forse anche delle effimere esistenze come la mia. Sorpassando la porta mi ritrovo in Corso Vittorio Emanuele: anticamente era il “Cassaro” ovvero la strada signorile per eccellenza dove i nobili amavano passeggiare. La via ospita da sempre palazzi signorili, chiese e importanti monumenti e il più spettacolare tra questi è di sicuro la Cattedrale che, quasi fosse in rilievo, disegna i suoi preziosi motivi decorativi ricamandoli sul cielo. Le statue delle Patrone di Palermo, Sant’Agata e Santa Rosalia sembrano salutarmi e dirmi di proseguire con la promessa che ancora c’è tanto da vedere. L’occhio si sofferma sui vari palazzi che sfilano ai lati fino all’incrocio con i Quattro Canti (Piazza Vigliena) da cui imbocco
Via Maqueda. Qui si trova la Fontana Pretoria, splendida opera dello scultore fiorentino Francesco Camilliani: le statue nude fecero scalpore nel 1574 e, per questo motivo, i benpensanti ribattezzarono questo luogo con il nome di Piazza della Vergogna. Tra le figure si notano puttini, divinità pagane, cavalli marini, arpie, sirene, geni alati, delfini, nereidi e tritoni che si animano nella fantasia cullata dallo sciabordio dell’acqua. Le statue della fontana sembrano guardare con sufficienza il Palazzo Senatorio detto Palazzo delle Aquile, oggi sede del Comune: protagonista di giorno della vita cittadina, di notte, quando cala il sipario sulle vicende umane contemporanee, gli uffici del Palazzo ormai chiuso restituiscono la scena all’intramontabile
bellezza del mondo classico che si prende la rivincita. Ritornando su Corso Vittorio Emanuele scendo ancora in direzione del mare, fino a sbucare in Piazza Marina dove è ubicato il Palazzo Chiaramonte Steri. Attualmente è la sede del rettorato dell’Università degli studi di Palermo però trasmette, grazie alle sue linee rigorose e alle bifore quasi spettrali, quel misto di fascino e timore che in passato incuteva, in quanto presidio del tribunale dell’Inquisizione. L’orologio scandisce la mezzanotte quando giungo in Piazza Giuseppe Verdi dove campeggia il Teatro Massimo, tempio della musica per gli amanti del Bel Canto e sulla scalinata principale noto la scritta del 2011 realizzata con le stelle di Natale. Mi accorgo che io mi trovo sulla soglia che separa un giorno dall’altro e i gradini, luogo di passaggio, mi indicano che un anno è trascorso. Da qui in poi è un crescendo di rumori e dopo essermi goduto la tranquillità, è giusto riempire i sensi e confonderli con il vociare dei giovani,
gli odori e i sapori del cibo di strada. Le stradine di fronte al Massimo pullulano di vita che anima i localini al chiuso e all’aperto, d’altronde la temperatura lo permette tranquillamente. Questo non è il mondo chic delle disco, qui alla Champagneria basta una birra o un cocktail; incontro tanti amici con cui scambio quattro chiacchiere e riflessioni più o meno sobrie: in una sola parola il rito del popolo della notte che la vive sulla pelle e in prima persona. Le inflessioni della lingua e la musicalità mi fanno sentire ancor più in un clima familiare mentre, guardando l’insieme di Piazza Olivella, faccio il paragone con
altri luoghi in cui sono stato come las ramblas di Barcellona. A qualunque ora si possono gustare un Kebab oppure “un pezzo” di rosticceria. La mia scelta per stasera è una “mattonella”: assaporo i due strati di pan brioche con dentro salsa, prosciutto e mozzarella canticchiando qualche altro verso di Notte di note: “in questa curva di cielo ed ogni odore è un ricordo che torna a bruciapelo e porta via la sete, i giorni sbagliati per una notte di pace nei cuori affaticati.” L’atmosfera di stasera è davvero magica e in ogni curva di questo mio cielo siciliano ho bellissimi ricordi che mi fanno sorridere. Così mi metto a “tampasiare” (perdere tempo) con gli amici tra la gente e sono certo che, qui dietro, dalle parti dell’Antica Focacceria San Francesco in Via Paternostro, di fronte al rosone dell’antica
chiesa, qualcuno sta gustando un panino con la milza pur essendo notte fonda. L’ultima tappa è un passaggio in macchina davanti al Politeama, opera destinata ad accogliere un teatro più popolare ed eretta nel 1865. Le 3 sono l’orario tipico in cui si intavolano discussioni assurdamente filosofiche che sono improponibili dato l’orario e dato lo sfondo in cui si svolgono: un altro bancone di rosticceria per bissare con il salato o con un cornetto appena sfornato. Buonanotte, o sarebbe meglio dire buongiorno ?
Testo, foto e video di Mauro Pinto
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