Turismo slow e di meditazione. La via francigena Morenico–Canavesana è un piccolo tratto di quella che da Canterbury porta a Roma. 50 km dei 1900 totali. Chiesette romaniche, laghi, vigneti eroici e trattorie dove rifocillarsi con piatti e vini del territorio.

Le strade della fede
La via Francigena è parte di una rete di percorsi che nel medioevo conduceva alle tre principali mete religiose cristiane: Santiago de Compostela, Gerusalemme e Roma, cuore della cristianità, sede del papato e luogo del martirio dei santi Pietro e Paolo. Il pellegrinaggio aveva una natura fortemente devozionale e per mostrare contrizione e pentimento, si svolgeva a piedi; coinvolgendo indistintamente ricchi, poveri, commercianti, cavalieri, uomini di chiesa o semplici fedeli.
Santuari, oratori, ospizi sorsero lungo il percorso per ritemprare i viandanti dalle fatiche del cammino, agevolando scambi e comunicazioni che portarono alla sostanziale unità della cultura europea tra il X e il XIII secolo. Una delle testimonianze più significative del percorso che attraversava l’Europa, è dell’Arcivescovo Sigerico. L’alto prelato nel 990 annotò su un diario tutte le tappe di un viaggio lungo 1.950 km per tornare a Canterbury da Roma, dove aveva ricevuto l’investitura vescovile da parte del Papa Giovanni XV.

Nel 2004 il tracciato solcato da Sigerico é stato dichiarato “grande itinerario culturale europeo” al pari del Cammino di Compostela in Spagna. Camminare lungo la via Francigena in Piemonte significa intraprendere un viaggio alla scoperta di arte, natura e cultura, dove anche la cucina, i prodotti tipici, le sagre e le fiere di antica tradizione sono tuttora viva espressione dell’identità del territorio. Oggi sono percorribili tre tratti distinti: da Torino a Vercelli, i 50 km della via Francigena Morenico Canavesana (quello che vi proponiamo) e l’itinerario in Val Susa, che per oltre 170 km, dal Moncenisio o dal Monginevro, arriva fino alle porte di Torino.
Il Piemonte, porta sud delle Alpi

Sin dai tempi antichi il Piemonte, fondamentale terra di passaggio dalle Alpi alla Pianura Padana, ha visto transitare eserciti, mercanti, imperatori e papi. Ciò spiega l’importante ruolo che Torino esercitò quale punto nodale dei percorsi diretti ai passi più importanti (Moncenisio, Monginevro e Gran San Bernardo), ma anche alla Terra Santa e a Roma.
Nell’anno 1000, l’asse viario Rivoli-Torino-Chivasso aveva un notevole valore strategico per il fatto che fondazioni religiose come Santa Maria di Lucedio, nella pianura vercellese, godevano di esenzioni di pedaggio per salire verso i valichi valsusini. Il ruolo fondamentale di Torino è oggi sottolineato dalle preziose testimonianze lasciate nel centro della città, all’interno del Quadrilatero Romano dove ebbe origine, le cui porte conducevano alle principali direttrici stradali.
Le vicende storiche e la nascita di pievi e abbazie spiegano il ruolo determinante dei vescovi e della nobiltà torinesi per il controllo dei territori attraversati dai percorsi francigeni.
La via Francigena Morenico-Canavesana

Compresa fra il tratto valdostano e quello biellese-vercellese, la via Francigena Morenico Canavesana attraversa i territori di 10 comuni, circondata dalla cornice naturale del suggestivo Anfiteatro Morenico di Ivrea. Uno scenario creato dal ritiro del ghiacciaio balteo, punteggiato da laghi e caratterizzato dal lungo profilo della Serra, dorsale morenica di 25 km (la più lunga in Europa), che virtualmente abbraccia il viaggiatore.
Molteplici le testimonianze romaniche disseminate lungo il percorso, le antiche fortezze e i castelli eretti a scopo difensivo o per celebrare i fasti e la potenza di nobili casate e della reale famiglia Savoia, oggi musei o prestigiose strutture alberghiere. Rievocazioni della leggendaria figura di Arduino, primo Re d’Italia nell’anno 1000 ed un Museo a Cielo Aperto dell’Architettura Razionalista Olivettiana, lo Storico Carnevale di Ivrea con la Battaglia delle Arance e la tradizionale Fiera dei Cavalli di San Savino dell’antica Eporedia. Enoteche locali che presentano i loro vini nobili: dall’Erbaluce di Caluso DOCG, agli apprezzati DOC, dal prezioso Carema, al Passito di Caluso e al Canavese.

E infine la cucina locale di origine contadina e una grande varietà di specialità dolciarie. Emozioni e grandi suggestioni riempiono lo zaino del viaggiatore, lungo il cammino che oggi può essere ripercorso anche grazie all’Associazione La Via Francigena di Sigerico, che anima l’intero tratto Morenico Canavesano.
Ai molti pellegrini ed escursionisti che attraversano questo tratto oggi è offerta l’opportunità di riassaporare l’anima di questa terra e di ricostruire un mosaico culturale unico, attraverso un turismo dolce che rinfranca lo spirito, la mente e il corpo. Al moderno pellegrino o al camminatore viene offerta l’ospitalità in ostelli, bed & breakfast, ristoranti e punti di ristoro dislocati lungo il cammino, con l’opportunità di vivere e scoprire angoli davvero notevoli.
Da Pont Saint Martin a Viverone

Da Pont Saint Martin – ultimo paese della Valle d’Aosta prima di entrare in Piemonte – a Viverone primo paese del Biellese, passando per Ivrea. Da qui la 45ma tappa del diario di Sigerico. L’imponente ponte romanico sul Lys, il torrente che scende dalla Valle di Gressoney e dai ghiacciai del Monte Rosa è stato l’unico collegamento fra il Piemonte e la Valle d’Aosta fino al 19° secolo e punto d’interesse storico importante; da qui sono transitati a migliaia soldati, mercenari, mercanti e pellegrini.
Si va verso Carema, famoso per il vino e la sua vigna eroica. È una delle doc storiche del Piemonte e le viti di nebbiolo sono impiantate, con il sistema tradizionale della pergola canavesana, a colonne di pietra e tettoie su ripidi terrazzamenti. Impossibile qui l’utilizzo di macchinari, tutto ancora si fa a mano. Il risultato è un grande vino da invecchiamento, apprezzato a livello internazionale.

Del resto il motto dei volontari che curano amorevolmente questa parte di Via Francigena recita opportunamente: “il pellegrino non si mette in cammino se la bocca non sa di vino.”
Camminando tra boschi, ruscelli e campi di grano accade di veder spuntare un castello o un campanile. A ogni passo una scoperta. A Settimo Vittone, in una bella casa antica, ecco la Bottega del Viandante, che accoglie fraternamente con le specialità e le eccellenze del territorio: vino, formaggi di capra e mucca, pane di farine nobili. Di fianco c’è l’osteria La Sosta dove si possono gustare specialità piemontesi dimenticate, come il fritto misto, e altre piatti tipici.

Un sentiero acciottolato porta a un luogo delle meraviglie. È la Pieve di San Lorenzo, con begli affreschi di periodi diversi, dal X al XIV secolo, e il Battistero ottagonale di San Giovanni Battista (VIII-XI secolo) scoperto recentemente. Si dice che da qualche parte presso la Pieve ci sia la tomba di Ansgarda, regina dei Franchi, e moglie ripudiata da Luigi il Balbo (IX sec DC).
Il percorso della Via Francigena è stato in parte ricreato a seguito di approfondite ricerche, e da qui inizia un tortuoso e bel sentiero verso il castello di Montestrutto. Sul cammino incontri inaspettati di case di streghe e posti di cambio. Arrivati in pianura c’è un punto di ristoro ad attendere il pellegrino.
Vertical Rock

Non è il nome di una band. A Vertical Rock gli appassionati e professionisti di arrampicata vivono emozioni uniche all’interno di un grande parco naturale dove si può trascorrere le giornate all’insegna dello sport e del relax, circondati dai colori e dai profumi degli ulivi, dei castagni e delle viti. Ma cosa rende speciale quest’area? Le rocce de “La Turna” di Montestrutto sono di formazione magmatica, erose dal ghiacciaio Balteo e, lambite in seguito dalle acque della Dora Baltea, soggette nel tempo a metamorfismi provocati da alta pressione e bassa temperatura. Poste al limite di un esteso prato offrono una vera e propria palestra per l’arrampicata sportiva. Nel grande parco ci si può ritemprare e godersi il paesaggio circostante ed è pure possibile rifocillarsi con le specialità tipiche del territorio nel punto di ristoro.
Cantine segrete e piccoli laghi

Si riprende il cammino, prossima tappa Borgofranco e i balmetti. Questi sono cantine e depositi per alimenti che sfruttano le correnti d’aria, la “ora”, provenienti dalla montagna, e che mantengono la temperatura costante, intorno agli 11-14°. Ideali quindi per la conservazione del vino e altri alimenti come formaggi e salumi. Oltre alle cantine, i balmetti hanno delle sale dove tradizionalmente ci si ritrova dopo la vendemmia per fare festa. Tipici di Borgofranco sono anche i canestrelli, dolci del Canavese che fin dal Medioevo qui vengono prodotti stampigliando sulla cialda lo stemma delle casate del paese e mantenuti molto sottili e al cacao.

Ultima tappa prima di arrivare a Ivrea è al Lago Pistono, con il suggestivo Castello di Montalto Dora e dove ci si può fermare a La Monella, ristorante e bar fronte lago. Purtroppo, tranne uno, gli specchi d’acqua del Parco Naturale dei Cinque Laghi di Ivrea, che comprende i laghi San Michele, Sirio, di Campagna, Pistono e Nero, non sono balneabili per la presenza di alghe e mulinelli. Ma sono molto pescosi e offrono uno scenario naturale unico. E sorprese lungo il percorso, come le Terre Ballerine al lago Coniglio. Saltando sul terreno fra gli alberi si ha la sensazione di stare su un tappeto elastico, e tornati bambini ci si ritrova tutti a balzare ritmicamente sul morbido e molleggiato fondo naturale. Solo il lago Sirio, il più turistico, è balneabile e abitato, con diversi ristoranti, spiaggette libere e attrezzate.
Ivrea la bella

È tempo della prima sosta per la notte, a Ivrea, l’antica Eporedia dei celtici Salassi, o l’Augusta Eporedia, colonia romana del 100 a.C.. Nella storia della città sono ben presenti le travagliate vicende delle dominazioni susseguitesi in Italia dopo il crollo dell’Impero Romano.
Ivrea è nota in tutto il mondo soprattutto per il suo Carnevale e la battaglia delle arance. L’evento è atteso tutto l’anno e non sarà difficile per il visitatore trovare fra gli eporediesi un esperto pronto a descrivere il copione e le tradizioni del Carnevale. Una delle arterie principali della città è il Corso Umberto I, che costeggia il fiume Dora. Presso il Corso si trova la torre di Santo Stefano, un esempio di architettura romanica canavesana. Altri monumenti ed edifici di rilievo sono situati all’interno del centro storico. Il Duomo di Santa Maria ha subito diversi rifacimenti della facciata: l’ultimo, in stile neoclassico, è del 1854, disegnata dall’architetto Gaetano Bartolotti. Alcuni resti di costruzioni rinvenuti proprio in tale occasione fanno pensare che sotto l’edificio fosse presente un tempio romano. L’imponente Castello fu costruito nella seconda metà del 1300 per volere di Amedeo IV di Savoia, nella zona più alta della città, severo monito contro nemici interni ed esterni, in particolare gli odiati Monferrini.
Ma Ivrea è anche tappa obbligata per chi voglia conoscere i progetti dell’architettura moderna e razionalista sorta intorno alla grande esperienza della Olivetti.
Il muro della Serra

Il giorno successivo si riparte dal punto di accoglienza dell’Associazione della Via Francigena canavesana e, raggiunta in cammino la base della Serra Morenica, si inizia il percorso che porta, fra campi di grano, papaveri e fiordalisi, ai laghi di formazione glaciale.
Il Lago di Campagna ha il suo bel castello, oggi resort di lusso con ottimo ristorante e molte storie da raccontare. Il castello di San Giuseppe è stato dapprima un convento, poi postazione militare voluta da Napoleone e a fine Ottocento dimora di artisti, fra gli altri Eleonora Duse, Arrigo Boito e il librettista Giuseppe Giacosa.

C’è poi una curiosa storia di gangster. Si narra che negli anni Trenta lo acquistò John Perona, all’anagrafe Giovanni Perona, italo-americano nativo della vicina Val Soana che ospitò diverse attrici famose fra cui pare Ginger Rogers e molte ballerine del Moulin Rouge, portate per diletto al castello d’estate dal proprietario. Ma qui non solo la memoria, anche la biodiversità è tutelata e, nascosto dagli alberi in un apposito bacino, il Maresco di Burolo, si trova il raro pelobates fuscus, il rospo dell’aglio.
Special guest nell’ex convento

Cammina e cammina, con passo deciso e meditabondo, si arriva alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo (sec. XI) di Bollengo. L’ingresso è attraverso il campanile e ci sono affreschi attribuiti a Domenico di Ancona (XV secolo). Intorno prati e zone per pic nic e riposo, per un luogo ameno e rilassante. Buonissimi i morbidi biscotti al cacao della locale pasticceria.
Si arriva infine a Piverone, l’ultimo paese della provincia di Torino, dominato dall’imponente torre campanaria, ingresso al ricetto medievale.

Sotto la torre un punto di noleggio mountain bike per chi decide che pedalare sia meglio di camminare. E’ una tappa d’obbligo per tanti pellegrini, come la bella famigliola di una giovane coppia con tre figli piccoli in arrivo dal Gran S. Bernardo e meta finale Roma, o il nonno con nipote. Coglie l’occhio un curioso monumento alla gallina. Uscendo dal paese immerso nelle vigne di Erbaluce, fichi e ulivi c’è il Gesiun, i resti di una chiesa romanica dedicata a San Pietro.

Il clima è mite per la vicinanza lago di Viverone. Così l’ultimo tratto di questa 46ma tappa di via Francigena è particolarmente piacevole e suggestivo, con una deviazione consigliata all’ex convento benedettino Cella Grande. Datato XII secolo, immerso nei vigneti, è oggi relais di lusso. I Bagnod, originari della Val d’Aosta, sono i proprietari dal 2017. Hanno dato nuovi impulsi alla struttura con la bella cantina e il crottin per i formaggi, il ristorante gourmet, le camere e la piscina con Spa. Qui si trovano tutti i prodotti delle diverse aziende di famiglia, dagli ottimi formaggi, ai vini, al riso. L’ultima fatica del percorso: e che il pellegrino si rigeneri alla grande dopo tanto camminare!
Dove mangiare

Trattoria Vecchio Cipresso. Sulle sponde del lago Sirio, terrazza e dehors, piatti della tradizione piemontese e qualche innovazione. Chiaverano (www.vecchiocipresso.com).
Agriturismo Cascina Gaio. In un bel cascinale del ‘700 fra alberi da frutta, vigna e kiwi vicino al Lago di Viverone. Fresche le sale e accogliente giardino. La cucina si giova dei prodotti coltivati dai proprietari e da agricoltori locali. Anche il vino è organico e di produzione propria, più altre etichette del territorio, soprattutto Erbaluce e Carema. Piverone (www.agriturismogaio.it).

Dove dormire
B&B Spazio Bianco. Dimora di charme nel centro storico di Ivrea. Ha 5 camere una diversa dall’altra che raccontano con particolari la storia della città. C’è quella dedicato a Olivetti, al Carnevale, ai castelli… e una di charme. Poi 2 studio a pian terreno perfetti per i bikers che possono ricoverare le preziose biciclette e con angolo cucina. In uno dei bagni anche colonna bagno turco. Piacevole terrazza per le colazioni home made nella bella stagione. Ivrea (www.spaziobiancoivrea.it)
Cella Grande. Nove camere e suite, alcune vista lago. Spa e piscina, ristorante gourmet. Viverone (www.aziendaagricolabagnod.it).

Cosa comprare: La Bottega del Viandante a Settimo Vittone: formaggi di capra e mucca, vini locali Erbaluce e Carema, farine, biscotti e pane.
I biscotti della pasticceria di Bollengo e di canestrelli di Borgofranco, senza dimenticare la squisita torta 900 di Ivrea, tutti al cacao.
Info
Associazione Via Francigena Canavesana di Sigerico
Testo e foto di Teresa Scacchi|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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