Archeoricette: a tavola con gli antichi

Quella che sto per raccontarvi è un’iniziativa gastronomica molto particolare. Io per prima non ho mai pensato di cercare una ricetta nei libri di archeologia, ma evidentemente ho sempre sbagliato. A Torino, città in continua e veloce evoluzione, è nato un nuovo progetto: le Archeoricette. Strano pensare di mettere in tavola un bollito miceneo o dei Choria, dolcetti offerti alle divinità, eppure oltre ad avere una storia interessante queste ricette sono anche buone. Se doveste trovarvi in città in concomitanza di una delle Archeocene potreste sperimentarlo di persona.

Il creatore dell’iniziativa è un appassionato e preparato ricercatore che, oltre ad arricchire il blog dedicato di ricette e curiosità, anima le cene raccontando aneddoti e preparazioni. Lui è Generoso Urciuoli e l’ho intervistato per approfondire questo curioso argomento.

D: Innanzitutto, presentati: chi è e cosa fa Generoso Urciuoli?

R: Sono laureato in Civiltà Bizantina presso l’Università degli Studi di Torino, ho approfondito il percorso di formazione in ambito archeologico con un master in tecniche di scavo archeologico e corsi di alta specializzazione in “instrumentum domesticum” (Pontificio Istituto Archeologia Cristiana di Roma), in ceramica e Archeologia subacquea (Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera). Ho lavorato come operatore archeologico e responsabile di scavo archeologico per varie università ed enti di ricerca in ambito italiano; ho svolto l’archeologo anche per varie ditte certificate per l’esecuzione dello scavo archeologico occupandomi di ricerca, conservazione di beni culturali e documentazione di reperti e siti archeologici. Più tante altre “cosette” fatte negli anni in ambito culturale.

D: Sei archeologo, nasce quindi dal tuo interesse nell’indagare la storia antica il progetto delle Archeoricette?

R: Sono un forte appassionato della cultura materiale delle civiltà antiche. Adoro conoscere e capire le tracce materiali che ci hanno lasciato, e il cibo non è solo un prodotto culturale ma è anche cultura materiale. Indagare sugli alimenti del passato presenta alcune difficoltà: il cibo è un prodotto che viene consumato e ne rimangono poche tracce; la situazione, però, è bilanciata dalla mole importante di documenti riguardanti l’alimentazione e i riti ad essa connessi, in ogni caso il cibo è a tutti gli effetti un manufatto, materia che ha subito una manipolazione, anche solo con la raccolta. L’alimento è al centro di un processo complesso che si realizza con molteplici azioni: conservazione, stoccaggio, trasporto, trasformazione, consumo e smercio, per citarne alcune.

D: Qual è il messaggio che speri di divulgare con questo progetto?

R: Banalizzo. vorrei raccontare che il passato stupisce sempre e che le nostre conoscenze sulle antiche civiltà, quelle che derivano dalla vulgata, sono “spesso condizionate” da filtri o paradigmi superati.

D: Cosa ti ha spinto a realizzare nella pratica ciò che leggevi nei testi antichi organizzando le Archeocene a Torino?

R: Quando è stato scritto il primo post di Archeoricette, l’approccio era quello di, in poche righe, raccontare uno dei tanti aspetti legati alle antiche civiltà e in particolare: le abitudini alimentari. Il  post si era trasformato in una ricetta con un contorno storico per contestualizzare il tutto ma Archeoricette non è un progetto di “cucina” (in accezione contemporanea), anche se lo è. Il passaggio successivo, quasi ovvio: sperimentare a tavola la formula del racconto e della degustazione.

D: Nel passato le ricette erano come le vediamo oggi con indicazione di dosi e spiegazione dettagliata della preparazione?

R: Lascio la parola a una ricetta mesopotamica che risale al 1750 a.C circa, ritrovata su una delle due tavolette d’argilla che a tutti gli effetti rappresentano il primo ricettario dell’umanità:  “Lavare il grano schiacciato e ammorbidirlo nel latte; aggiungere sale, samidu, porri e aglio e olio. Lavorare in modo da ottenere un impasto morbido e aggiungere latte a sufficienza a tale scopo. Esporlo al calore per qualche minuto. Dividere l’impasto in due pezzi”.  Da questo punto la situazione si fa ingarbugliata: “Prendere un piatto di grandi dimensioni che contenga i volatili. Stendere uno strato di impasto sul piatto e fare in modo che  ne scenda poco dal bordo (per poi coprire i bordi in un secondo momento?) e mettere a cuocere nel forno. Porre sulla parte superiore del forno per cuocerlo. Sulla pasta che è già stata condita, disporre i pezzi degli uccelli e le ventriglio e pizzicare. Coprire con il coperchio di pane e inviarlo al tavolo”. Mancano le dosi, ma i grandi cuochi hanno bisogno delle dosi? Cucinare era un’arte ed era un saper fare che si tramandava. Le dosi e i tempi di cottura, probabilmente, erano il classico “segreto professionale”.

D: Durante il World Food Festival che si è appena svolto a Rotterdam, le ricette archeologiche erano presentate come un modo di alimentarsi in maniera salutare, utilizzando soprattutto semi antichi con il motto di “Baking the past to make the future”. Tu cosa pensi in merito?

R: Penso che sia una moda, interessante ma una moda. E’ innegabile che a parità di condizione sociale mangiamo molto meglio con il cibo attuale, soprattutto per un discorso di conservazione e preparazione. Poi i gusti sono gusti e non entro nel merito, ma la materia prima attuale, quella di alta qualità (la stessa per intenderci che avremmo potuto trovare sulle tavole di un faraone o un ricco aristocratico romano o che veniva offerta alle divinità e poi mangiata dai sacerdoti) è immensamente migliore.

D: Dove si possono trovare queste ricette dal passato?

R: Spesso le ricette sono fedeli trascrizioni dalle fonti (con i dovuti aggiustamenti) talaltre sono ricostruzioni compiute grazie all’analisi “archeologica” del contesto, ricostruzioni che si possono considerare verosimili e soprattutto filologicamente accettabili. Le fonti, per sintetizzare possono essere molteplici, comprese anche quelle iconografiche.

D: Infine, quale è la tua ricetta archeologica preferita?

R: Penso il panino del viandante. Gli abitanti dell’Egitto post faraonico ne erano golosissimi. Ne abbiamo realizzato diverse varianti, ma gli ingredienti base sono formaggio, menta, miele e ovviamente pane.

Testo di Federica Giuliani | Foto web

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