A Sarajevo vent’anni dopo: il tunnel e le rose


Più che altro ricordo il buio e l’odore di fumo. Abbiamo attraversato le montagne per ore incontrando solo qualche luce. I fari del nostro furgone illuminavano i gusci delle case ai lati della strada. Case senza tetto, vuote, annerite. Non si poteva mettere un piede fuori dall’asfalto perché ogni angolo poteva essere minato. Era il 1996. Facevo parte di un convoglio umanitario della Croce Rossa che trasportava nella Bosnia in macerie ogni genere di aiuto: cibo, attrezzature, latte in polvere. Si era da poco concluso l’assedio di Sarajevo, il più lungo assedio della storia bellica moderna, iniziato nel 1992. Gli U2 avevano già inciso “Miss Sarajevo” e la piccola Zlata Filipovi? aveva raccontato l’assedio sul suo diario, cosa che la rese celebre come l’Anna Frank di Sarajevo.

Sono tornato là solo oggi, con la mia bambina, passando per la Grecia e la Macedonia. Poco dopo la dogana cominciano i resti delle case che non hanno più ricostruito, coperte dai rovi. Sarajevo adesso brilla di vita coi suoi locali, i bei ponti sul fiume, il bazar e il centro storico ricostruito. L’edificio che ospitava la Biblioteca Nazionale è ancora in piena ristrutturazione dopo l’attacco dell’agosto ’92, quando le bombe colpirono al cuore l’identità culturale della Bosnia e andò perduto gran parte del patrimonio librario. Le finestre della Biblioteca sono annerite di fuliggine. Attorno alla città, allungata in una conca fra le montagne, si notano i cimiteri bianchi dove riposano le vittime dell’assedio. La strada che allora andava dal centro all’aeroporto era detta dei cecchini, per via dei tiratori appostati sulle colline. Adesso è la strada che in dieci minuti porta al Museo del Tunnel, passando accanto all’Holiday Inn con la sua inconfondibile sagoma gialla. Questo albergo, durante l’assedio, fu risparmiato dai bombardamenti e ospitava i giornalisti di tutto il mondo.

Il Tunnel della Vita è una delle tracce che riportano alla guerra. Fu costruito dai bosniaci assediati per collegare la città con l’area neutrale dell’aeroporto. Era lungo ottocento metri, alto un metro e mezzo e largo un metro, scavato di nascosto con pale e picconi. «C’erano spesso delle pozze d’acqua profonde una gamba» racconta il proprietario della pensione dove soggiorno, che a quei tempi aveva 16 anni. «Per andare da un lato all’altro ci voleva mezz’ora, chinati, attenti a non sbattere la testa. Ci passavano cibo, armi, rifornimenti, uomini feriti. Anche gli animali. Se ci avessero preso il tunnel, Sarajevo sarebbe caduta». Quel tunnel è quasi completamente crollato, ma ne restano una ventina di metri che fanno parte del museo omonimo, ospitato in una casa colonica. La casa è facilmente riconoscibile, visto che i muri esterni non sono stati ristrutturati dai tempi della guerra. Alcuni filmati permettono di comprendere la vita che si svolgeva attorno al tunnel e gli sforzi fatti per difenderlo.

Se vent’anni di ricostruzione hanno riportato Sarajevo alla sua bellezza, l’asfalto della città è l’altra traccia che parla del passato. Camminando, capita di incontrare delle macchie rossastre sulla strada o sulla pavimentazione delle piazze. Sembrano spruzzi di colore. Si tratta delle rose di Sarajevo, le cicatrici dell’assedio. Dove era caduta una granata, a fine conflitto hanno versato resina rossa. Le trovi vicino al mercato, ai luoghi di culto, sui marciapiede, lì dove si è fermata una vita. Adesso sembrano fiori scoloriti e molte di esse sono scomparse col rifacimento della pavimentazione. Le rose segnano le vie di una città anche detta Gerusalemme dei Balcani, che è stata un modello di integrazione multietnica, con moschee, sinagoghe, chiese cattoliche e cristiano ortodosse. Esiste un itinerario proprio dedicato alle rose, una bella passeggiata lungo il centro storico per ritrovare quelle che restano, magari buttando poi l’occhio sulle montagne attorno. Aspre, coperte di boschi, nel 1984 ospitarono le Olimpiadi invernali e pochi anni dopo erano piene di mine.

Testo e foto di Devis Belucci RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM

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