Diciamo subito che si tratta di una delle zone più scenografiche d’Italia, insieme alla vicina Matera. Si dice che Mel Gibson, visitando questi luoghi, non riuscisse a capacitarsi della loro bellezza e continuasse a dire “Oh, my God”. In effetti il solo colpo d’occhio sulle rovine di Craco vale il viaggio. Il paese, in parte sventrato da una frana, cinge la sommità di una collina tra ulivi, cipressi e calanchi, in uno scenario sofferto che ricorda quello delle città rupestri in Cappadocia. Da cinquant’anni a Craco non abita più nessuno. I rumori sono quelli delle case che cadono a pezzi e della pioggia che scorre lungo i vicoli, portando a valle pietre e rottami. Craco è stata abitata fin dai tempi antichi, anche grazie alla sua posizione strategica che domina la valle dei fiumi Cavone e Agri, a metà strada tra le montagne e il mare. La struttura del borgo antico, arroccato attorno a un torrione che per i Crachesi è il “castello”, risale all’epoca normanna. In quel tempo la giovane Craco si chiamava Graculum, che starebbe per piccolo campo arato. Il paese raggiunse la massima espansione alla fine del XIX secolo. Vi erano diversi palazzi nobiliari di grande bellezza architettonica, una chiesa e un convento del ‘600, oltre a scuole, municipio, botteghe artigiane e piazzette.
All’inizio degli anni ’60 Craco venne completamente evacuata a causa di una frana di vaste proporzioni che minacciava di sgretolarla. In questa zona il terreno argilloso è infido di suo, e le infiltrazioni causate da lavori per fogne e rete idrica fecero il resto, producendo lo smottamento. I circa 2000 abitanti vennero trasferiti poco lontano, in località Craco Peschiera. Nonostante la frana e i cinquant’anni passati, Craco antica è rimasta relativamente intatta sino a oggi, entrando a buon diritto nel gruppetto delle città fantasma italiane che non è poi così numeroso. Nel 2010 il borgo è stato inserito dal World Monuments Fund nella lista di monumenti da preservare. Da alcuni decenni Craco entusiasma i visitatori e i registi per la sua atmosfera surreale. Oltre a Mel Gibson, che la scelse come sfondo per la scena del suicidio di Giuda in “La passione di Cristo” (2004), Craco è stata la città di Gagliano in “Cristo si è fermato a Eboli” di Francesco Rosi (1979). Anche “King David” (1984) di Bruce Beresford, “Il sole anche di notte” (1990) dei fratelli Taviani, “Nativity” (2006) di Catherine Hardwicke, e il recente “Basilicata coast to coast” (2010) di Rocco Papaleo hanno diverse scene girate qui.
Nella primavera del 2011 il Comune di Craco ha inaugurato un breve itinerario che permette di esplorare il borgo in sicurezza, percorrendone alcune strade sino a quello che rimane della vecchia piazza principale, sprofondata a causa della frana. Nel dicembre 2012 l’itinerario è stato arricchito con la visita al cuore del paese, fin sotto all’imponente Torre Normanna dell’XI secolo. Da qui, in un silenzio sospeso tra vita e memoria, lo sguardo spazia sulle colline lucane martoriate dai calanchi, sui cipressi, sui campi di grano dorati in estate, fino alla luce del Mar Ionio.
Testo di Devis Bellucci | Foto web
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