Lassù di sopra troneggia altero il Latemar, appena sotto una fitta coltre scura di filanti abeti rossi e quindi in basso la policromia fantastica in ogni verde del laghetto di Carezza.Un remoto angolo unico e incantato, una delle vere perle nel paradiso dolomitico ormai patrimonio dell’Unesco;degno fino in fondo della leggendaria Sirenetta.Le grosse pietre grigie sulle rive contrastano alla grande con la tinta smeraldo intensa delle acque, dove al centro una macchia bleu cobalto dipinge una tavolozza variegata di riflessi e sfumature.
I raggi solari intermittenti fanno risplendere e scintillare i sassolini chiari giù nel fondo, come stelle lucenti di un radioso firmamento.Quella ghiaia trasluce tal quale le pepite d’oro negli ambiti e setacciati ruscelli del mitico Klondike.I turisti a frotte sono sul balcone a bocca aperta e rapiti o sul sentiero della recinzione intorno, quasi fossero di fronte alla suprema meraviglia del creato. Dopo due o tre minuti Febo se ne va, illuminando soltanto le puntute cime dei boschi ed i “campanili” antracite-beige dell‘eccelso Latemar.
Su di cui i tagli profondi ed i crepacci lunghi in verticale, sembrano davvero le millenarie rughe di Matusalemme.La sola cosa a stridere in quel silente e divino Eden, è il lugubre chiasso delle moto sulla strada accanto che rimbomba alla stregua di un anfiteatro: dirigendosi verso il passo Costalunga per scender poi nell’incantevole e ladina val di Fassa.Poche nuvole di un bianco panna limpido sorvolano un cielo azzurro e terso, come stessero inseguendo la conquista di vette e spazi eterni.Le macchine fotografiche al solito la fanno da padrone, immortalando tutta la magia delle montagne più visitate al mondo.
Libero dalla frenesia nevrotica della vita cittadina, mi siedo su di una comoda panchina a riposare, cercando d’inghiottire bene tutta quanta quella immensa bellezza senza fine. Folate leggere d’un fresco venticello mi prendono alle spalle, accarezzando ed increspando il pelo d’acqua sottostante in guisa della mano del possente Zeus.Profumo d’aghi di pino e sentor di resina s’insinuano nel naso, ma il tutto è racchiuso in una senzazione indimenticabile di purezza genuina.Sognando di fate ed elfi, manca giusto che compaia da un momento all’altro la paffuta e rubiconda faccia dell’antico re Laurino.Magari proprio nella rituale ora del tramonto, quando la dolomia che impera su Carezza s’imporporerà di rosa.
Testo di Luigi Cardarelli autore di Magia del Tropico | Foto web
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