Nella Repubblica Popolare Cinese l’omosessualità non è più classificata come malattia mentale dal 2001. Resta però molta censura sulla “passione della manica tagliata”, come si veniva chiamato l’amore tra uomini nella Cina imperiale. Intanto il Destination si proclama briosamente il gay bar più popolare di Pechino.
Pechino. È notte e l’ aria è bollente, l’inquinamento fa venir voglia di passarla al setaccio prima di inspirare. Normale, insomma. L’estate è stagione di festival musicali anche in Cina e la metropoli non fa eccezione. La città offre concerti open air tra le enormi Boulevards e le aree verdi disseminate qua e là nella megalopoli. O nei locali tra le graziose Hutong. Più piccoli, ma baciati dall’aria condizionata. Nel giardino del 2Kolegas (“Liangge Hao Pengyou” in mandarino), si esibisce un gruppo punk. Vicino al palco, un tappeto elastico su cui rimbalzo con svariati cinesi e Laowai (parola che indica straniero, con varie sfumature di senso. Fino allo spregiativo) ubriachi in forma semiterminale.
Ora, un’ aspetto interessante dell’ essere astemia è sapere che, di certe notti, sarai l’unica a ricordarne i dettagli. Quindi quando uno dei miei ragazzi preferiti, confessa di non aver mai pole danced in un gay club, sono deliziata e decido di sponsorizzare l’idea. C’è bisogno di aggiungerlo? Il mio amico è etero e ubriaco come Eta Beta in un container di naftalina. Breve fermata a Sanlitun, quartiere occidentale di vita notturna, shopping griffato e taxi con interni in similpelle crema. Qui lui prova a convincere altri a unirsi, non suscitando moltissimo interesse. Due cinesi si entusiasmano al progetto ma scompariranno presto per andare a restituire alla città il mojito in eccesso.
Un taxi ci scarica, trionfali al Destination. Posso indovinare dal numero di Porche e Audi in cinque sfumature di grigio, che questo è the place to be. All’interno i due piani sono scuri, vasti e affollati come una tonnara. Vero è che ormai vivo da troppo tempo in Svizzera per essere considerata un autorità in concetti come “spazioso” e “affollato”. Altri drink vengono serviti, una minerale per me. Non troppe bollicine, grazie. Ed eccoci in pista, una piattaforma di legno ammortizzato occupa il centro di una delle sale, un paio di pali offrono la possibilità di esibirsi a maschi asiatici, muscolati e poco vestiti. Flash bianchi su sfondo nero. La situazione è eccezionale questa notte: siamo gli unici due occidentali presenti.
E io l’unico umano a doppio cromosoma X in tutto il locale, che non dovrebbe suscitare nessun tipo di attenzione, credo io. Al contrario, i Pechinesi qua, lo trovano esilarante, tutti spingono per ballare con noi e mi offrono LEDs da indossare al dito. Fantastico, adoro i LEDs! Mi crogiolo comodamente in una calda ondata di narcisismo, compressa da innumerevoli corpi. Sperimentando il fenomeno “celebrità per una notte”. Che ci posso fare? Sono solo umana. E siccome son umana devo andare in bagno. Un pensiero mi attraversa veloce la mente, i bagni saranno separati qui? Ma certamente! Risponde la voce interna in tono cinico e accondiscendente. La toilette è nelle abili mani di un vecchio flamboyant, che regge una scopa con grazia da Accademia Nazionale di Danza. Non vorrei insistere qui, sulle condizioni igieniche del luogo a quell’ora, qualsiasi ora fosse. Da un lato una fila di urinali, dall’ altro i cubicoli e, sulle porte, scritto in due lingue: “solo una persona per toilette”. Mentre aspetto davanti alla porta, non volendo usare il pissoir…
Beh? Non volevo. Indossavo pantaloni aderenti! Te lo immagini?… aspettando dicevo. Finalmente tre ragazzi escono da uno dei cubicoli. Gli tengo educatamente la porta ed entro a seguire. Il mio cervello fa acrobazie cercando di immaginare, che tipo di coreografia i tre, possano aver inventato in una toilette 900×1500. Torno alla folla e intravedo il mio amico sul palo mentre si sfila la camicia. Noto ammirata che ha una certa abilità. E questa è la ragione per tirarlo giù di li subito, mentre altri tizi palestrati stanno cercando di fare lo stesso. Per farlo a brandelli, credo. Collezionisti di Laowai. La folla è intorno a noi, ci prendono un po’ in giro ci spingono e toccano e mi danno altri LEDs. Mi sfilano la maglietta. Mi sembra di essere un burattino. È il momento di andare. Ma veloci!
Da tenere a mente: Pechino è grande, anche se paragonata a Bellinzona. Giuro. Così se ti ritrovi alle cinque di mattina “distratto” sul sedile posteriore di un taxi mentre aspetti di essere a casa, attenzione! Il tassista potrebbe decidere di guidare in circolo in una città di diciannove puntoetcetera milioni di abitanti. Quando finalmente guarderai fuori dal finestrino un ora dopo, seccato e stanco “Hey! dove siamo?” A quel punto sarai molto, molto lontano dal tuo letto.
Testo di Ginger Zagato | Foto web
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