Tra i pendii erbosi delle colline lucchesi e le cime ventose degli Appennini, tra le guglie acuminate delle Alpi Apuane e la monotonia struggente della bonifica di Pisa, tra le curve sinuose del Serchio e le onde che lambiscono le lunghe rive sabbiose della Versilia, si nasconde un pezzo di Toscana che ha dato i natali alla musica di Giacomo Puccini, alle note incalzanti di Luigi Boccherini, al genio di Arturo Toscanini, ai versi languidi di Giovanni Pascoli e alle allegorie pittoriche di Pompeo Batoni. In questo angolo di Toscana, la musica di Puccini dimentica la grandiosità con cui viene applaudita nei teatri americani e ritrova il segreto della sua anima più intima.
Giacomo Puccini crebbe a Lucca ma nacque a Celle, un villaggio pietroso annidato sulle montagne dietro la città e nascosto dalle fronde di olivi e abeti. Della sua giovinezza, trascorsa tra i bastioni lucchesi, si racconta che avesse iniziato ad avvicinarsi alla musica come organista del Duomo di San Martino ma che non volendo prestarsi alla faticosa incombenza dell’esercizio quotidiano, venisse spronato a questo dal padre il quale, astutamente, era solito riporre su ciascun tasto delle preziose monetine di rame. Si narra ancora che la musica fece breccia nel cuore del giovane Puccini, per la prima vera volta, dopo che ebbe faticosamente percorso a piedi le miglia che dividono Lucca da Pisa per assistere alla grandiosa esibizione dell’Aida di Giuseppe Verdi.
Puccini fu poi a Viareggio. Qui, trascorrendo le sue serate al circolo culturale “Gianni Schicchi”, assaporò quell’aria surreale e un po’ americana che ancora oggi caratterizza il lungomare viareggino. Fantasticò sull’atmosfera goliardica delle parate carnevalesche, sui lunghi viali di palme e oleandri, e sui grandi hotel alla moda del primo Novecento. Il musicista lucchese fu anche a Bagni di Lucca e ad Abetone, dove si ritirò in solitudine e dove scrisse gran parte della Bohème. Fu a Montecatini Terme, luogo di ritrovo di Verdi, D’Annunzio, Mascagni, Trilussa e Leoncavallo. Fu a Chiatri, nella sua maestosa villa neogotica, dal cui giardino, perdendo lo sguardo all’orizzonte mentre il sole calava rovente nel mare e godendo lo spettacolo mozzafiato del profilo sottile della Corsica e della macchia odorosa di Migliarino e San Rossore, scrisse buona parte della Tosca e de La Fanciulla del West.
Fu solo uno però il luogo a cui Puccini giurò amore eterno: la casa di Torre del Lago, sulle sponde del lago di Massaciuccoli, dove si trasferì con la moglie, Elvira Bonturi, nel 1891, e dove ancora oggi sono custodite le sue spoglie. Se la vita di provincia di Lucca e le dolci colline toscane potevano aver suggerito a Puccini quel mondo borghese che ardì raccontare, con grande coraggio, a un pubblico ancora uso alle gesta eroiche di Aida, la luce struggente dei tramonti infuocati di Torre del Lago travolse la tranquilla normalità di questo universo con le sconvolgenti passioni di mondi lontani ed esotici. Si dice che i tramonti “lussuriosi e straordinari” di Torre del Lago gli ricordassero il sole quando cala in Oriente. In questo “Eden supremo”, nella sua altera “torre d’avorio”, tra i giunchi piegati languidamente dal vento, tra aironi febbrilmente librati in volo sull’acqua immobile del lago quando al crepuscolo si tinge di viola e arancione, tra superbe visioni di lune tornite che si stagliano in cielo dietro le cime affilate delle Apuane, tra i violenti spruzzi salati del mare portati dal vento, qui il compositore toscano legò per sempre il cuore alla sua musica. Puccini fu intimamente e profondamente dentro la sua terra. L’amò e la celebrò raccontandone le storie, la quotidianità, le musiche, i desideri, gli ardori e le struggenti passioni.
Info: A luglio e ad agosto la Fondazione Festival Pucciniano organizza ogni anno un festival con le opere di Giacomo Puccini in scena al teatro d’opera all’aperto di Torre del Lago sulle rive del lago di Massaciuccoli.
Testo e fotografie di Elena Brunello
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