Questo romanzo-documento devono farlo leggere nelle scuole. Nelle fabbriche, negli uffici pubblici, in parlamento, nelle redazioni dei giornali, farne audizioni a teatro e nelle sagre di paese, trasporlo in una fiction televisiva e diffonderlo anche al di fuori dell’Italia. Questo non è solo un romanzo in cui si racconta del Kenia britannico e di una Trieste asburgica, di nostalgie coloniali e di irredentismi confusi, di un’Italia pre e post bellica col suo carico di contraddizioni e dei personaggi penosi da cui fu attraversata. E non è nemmeno soltanto un limpido scorcio sulla vita di due eroi del nostro alpinismo, Felice Benuzzi ed Emilio Comici, le loro montagne, i loro sogni drogati di pietre, le loro avventure umane e spirituali. Questo libro è molto di più, troppo di più.
Ancora una volta l’azienda Wu Ming – qui rappresentata solo da Wu Ming 1 in eccellente e inaspettata collaborazione con Roberto Santachiara – propone un affresco tanto articolato quanto seducente di luoghi, tempi e protagonisti. Ma soprattutto compie un terribile atto di denuncia. Contro l’Italia. Denuncia dei crimini da noi commessi, e – ancora più forte – denuncia della reticenza da noi mantenuta su questi nostri crimini. Tanto da convincerci di esserne totalmente immuni.
Siamo nelle colonie italiane in Africa Orientale e in Libia, durante il Ventennio. Qui noi Italiani attuiamo sistematicamente i peggiori massacri umani che mai governo novecentesco ricordi. Non sono estemporanee crudeltà di qualche comandante folle o di un gruppo militare fuori controllo. Sono esattamente tattiche ordinate dal vertice supremo, il Duce, e ribadite formalmente da ogni comando militare italiano, dai ministeri al governatore, ai generali, agli ufficiali sul campo, ai sotto ufficiali, ai militi e carabinieri incaricati di eseguire. Ordini ufficiali scritti e sottoscritti. E prontamente ubbiditi. Senza alcuna esitazione. Risultato: migliaia e migliaia di civili innocenti sterminati, donne vecchi bambini animali, bruciati vivi dai liquidi fatti piovere dall’aviazione italiana, bombardati dai gas, stragi assurde di famiglie, prigionieri sempre torturati e fucilati, ragazzine e bambine schiavizzate e stuprate dai buoni coloni italiani, perfino carneficine di cristiani, monaci seminaristi e pellegrini – nel Novecento “il più efferato ed empio massacro di cristiani” fu commesso proprio dall’esercito italiano per ordine del viceré Graziani e del generale Pietro Maletti.
E su tutto questo aleggia da sempre il nostro più vigliacco silenzio: politico, storico, giornalistico. Tanto da averci ben convinti della leggenda degli Italiani brava gente. Brava gente un corno. Il nostro Paese ha sulla coscienza i peggiori delitti di qualsiasi alcun altro governo occidentale moderno. Nemmeno i nazisti si spinsero a tanto nel corso della guerra – mentre l’Italia stava invadendo illecitamente e senza alcun senso un’altra nazione –: con tutte le loro rappresaglie e azioni militari, i nazisti impallidiscono di fronte al meticoloso eccidio di un intero popolo attuato dalle Forze Armate italiane nelle nostre colonie. Inglesi, americani, perfino francesi hanno nel dopoguerra denunciato e condannato il proprio passato in Indocina, in Algeria, in Vietnam, ma tutto questo è nulla di fronte allo scempio degli Italiani in Libia e in Africa Orientale.
Merito di questo libro portare alla ribalta ciò che neppure fior di storici italiani sono riusciti a pubblicizzare, in ciò censurati boicottati e ghettizzati dalla vulgata di regime. Che dire di Indro Montanelli ancora oggi osannato, il quale si è sempre vantato d’aver avuto per anni come schiava sessuale una bambina abissina dodicenne, negando queste stragi fino a doverle riconoscere a malincuore quarant’anni dopo davanti all’evidenza dei documenti di Angelo Del Boca, eroico storico italiano. E che dire dei sindaci di Perugia, di Mugnano e di Affile – tanto per continuare il viaggio nel nostro Bel Paese – che ancora oggi intitolano vie e sacrari a Vincenzo Biani, “compiaciuto sterminatore di Libia”, e a Rodolfo Graziani, viceré d’Etiopia, uno dei peggiori assassini della Storia, psicopatico razzista genocida. E che dire, ancora, di Gianfranco Fini, presidente della Camera, quando nel 2006, di fronte agli orrori perpetrati dagli Italiani nella guerra coloniale, dichiarò che però gli avevamo costruito le strade.
Tutto ciò non deve, tuttavia, distogliere l’attenzione del lettore dall’altro piano parallelo del romanzo-documento, in cui si susseguono le vicende dei personaggi incolpevoli di questa storia, le loro vite, struggenti e incomplete come ogni vita sa essere, ma come solo i grandi artisti sanno raccontare. Ancora una volta Wu Ming e Santachiara creano letteratura eccelsa, rivoluzionando i nostri pensieri.
Point Lenana, di Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, Einaudi – Stile Libero, 2013, pp. 596, euro 20,00.
Testo di Andrea Nardi | Foto web RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM
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