L’imperdibile mostra “The Making of Rodin” a Londra, incentrata sul processo creativo alla base dei capolavori del grande scultore francese.
Fino al 31 ottobre la Tate Modern di Londra ospita la mostra “The Making of Rodin”, sviluppata con il supporto fondamentale del Musée Rodin di Parigi che ha messo a disposizione la maggior parte dei 200 pezzi esposti.
La mostra della Tate è un’occasione per vedere numerose opere che, fino ad ora, sono state esposte solo in Francia.
Il significato di “The Making of Rodin”
Il titolo “The Making of Rodin” non è casuale: nella quasi totalità, infatti, i pezzi esposti sono modelli in stucco. Auguste Rodin dava loro la stessa importanza delle opere nei materiali finali, generalmente marmo o bronzo, in quanto parte integrante del processo di creazione. E’ proprio sui modelli in stucco o in argilla che l’artista, direttamente con le sue mani, interveniva per plasmare le forme.
Rodin era così convinto di questo concetto che nella celebre mostra personale del 1900 al Pavillon de l’Alma di Parigi scelse di esporre solo le versioni in gesso dei suoi lavori, che presentò in maniera quasi ammassata, come se fossero ancora nel suo studio.
L’impatto che devono aver avuto i visitatori di fronte all’apparente disordine e alla coesistenza di sculture di diverse dimensioni e con diversi gradi di lavorazione è ricreato nella seconda sala della mostra londinese, la più grande dell’esposizione.
Il rapporto con i classici
Il filo conduttore della mostra è il rapporto fra l’artista e la classicità. La mostra si apre non a caso con la bellissima opera The Age of Bronze che Rodin scolpì quando ancora non era particolarmente famoso.
La statua raffigura un giovane in una maniera estremamente realistica, al punto che quando fu presentata al pubblico, l’artista fu accusato di aver plasmato il calco direttamente sul modello e non, come invece era accaduto, manualmente e con una meticolosità assoluta. Rodin fu costretto a dimostrare le differenze fra il vero corpo e la sua opera.
Amareggiato da questa esperienza, decise di abbandonare la ricerca della perfezione tipica dell’arte classica e cercare invece un’altra forma di estetica.
Lo farà, ma senza mai allontanarsi completamente dalla statuaria greca e romana con la quale anzi iniziò a rapportarsi seguendo una chiave di lettura che influenzerà peculiarmente la sua arte: il modo in cui i classici sono arrivati fino ai giorni nostri.
Uno degli esempi più eclatanti è come Rodin adottò la convenzione secondo cui le statue classiche fossero di marmo bianco. Questa idea era stata promossa soprattutto dall’archeologo settecentesco Johannes Winckelmann, mentre ai tempi di Rodin si stava facendo strada la teoria, storicamente più corretta, che le statue greche e romane fossero in realtà dipinte con colori vivaci. Scegliere di mantenere ed enfatizzare il bianco nelle sue opere fu un riferimento a come queste opere siano arrivate fino a noi.
L’estetica del frammento
Rodin conosceva le sculture classiche per averle viste nei musei. Ma queste statue spesso sono arrivate a noi danneggiate, con parti mancanti o fortemente lesionate.
Per l’artista la frammentazione accentua la bellezza dei manufatti. Nasce così quella che è stata definita “l’estetica del frammento” in cui Rodin volutamente danneggia o frammenta parti delle sue opere conferendo loro un fascino unico.
Le opere di Rodin sono spesso modellate non nel loro insieme, ma in parti separate. In questo modo l’artista poteva studiare e approfondire più agevolmente le diverse combinazioni e i singoli dettagli.
Ecco allora che anche piccole parti anatomiche, come mani e piedi, (i cosiddetti giblets) hanno una loro dignità e possono essere parti di un’opera più complessa o avere vita propria.
Possono essere anche giustapposti fra loro, talora in un modo che può sembrare quasi casuale, fornendoci un’ulteriore interpretazione dell’estetica del frammento.
Un passo successivo del rapporto fra l’artista e il mondo classico fu quello dell’appropriazione. Durante il periodo in cui Rodin visse si era sviluppato un fiorente mercato antiquario, spesso frutto di ruberie di stampo coloniale.
Rodin diventò così un collezionista e mise insieme circa 6.000 pezzi, prevalentemente vasellame romano, etrusco, cinese e giapponese.
A partire dal 1895, l’artista utilizzò alcuni vasi della sua collezione aggiungendovi delle figurine di gesso, anticipando alcune tendenze ben presenti nelle successive correnti cubista, dadaista e surrealista.
Tutti questi diversi aspetti, ben rappresentati nella mostra, fanno di Rodin il maestro della frammentazione, capace di rompere con il realismo, ma senza mai arrivare all’astrazione.
I Borghesi di Calais e i ritratti
La mostra alla Tate Modern offre la possibilità di ammirare il calco restaurato di uno dei capolavori di Rodin, I Borghesi di Calais. L’opera fu commissionata all’artista per commemorare la figura di Eustache de Saint-Pierre che, assieme ad altri cinque cittadini di Calais, si era offerto in sacrificio al re Edoardo III d’Inghilterra per salvare il resto della popolazione.
Anziché ricordare solo Eustache, Rodin ricorda tutti i sei personaggi. Essi vennero inizialmente raffigurati nudi e le loro vesti immerse nel gesso e poi adagiate sulle statue, in modo da far trasparire la fisicità dei corpi proiettati verso il sacrificio.
La fisicità per Rodin non esiste solo nei corpi, ma anche nei visi, come emerge dalle serie di ritratti dell’attrice giapponese Ohta Hisa e della nobildonna tedesca Hélène Von Nostitz, dove il lavoro dell’artista è teso all’evidenziazione del carattere personale delle due donne in luogo di una generica ricerca di bellezza ideale.
Info utili
The EY Exhibition: The Making of Rodin – Tate Modern – Londra
Aperta tutti i giorni fino al 31 ottobre con orario 10:00-18:00.
Biglietti in vendita presso il sito www.tate.org.uk
Testo e foto di Maria Ilaria Mura |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
I nostri blogger in viaggio
Maria Ilaria Mura
Nata in Sardegna, vive a Londra da sei anni. Dopo la laurea in Lettere e molti anni di lavoro nel marketing ha deciso di dedicare la fase matura della sua vita alle cose che ama di più: i viaggi. Nel 2008 ha fondato e diretto Prama Turismo, il DMC di riferimento per il turismo culturale in Sardegna. Ha coordinato il progetto delle audioguide di Cagliari sul sito cagliariturismo.it. Ora va alla ricerca di posti insoliti in tutto il mondo, costruisce percorsi e racconta ciò che scopre su magazine di viaggi e cultura.