Africa dal cuore asiatico e coloniale, l’isola è molto più di mare turchese, spiagge bianche e tramonti rosa. Ha un’interessante interno verdissimo e rigoglioso, nere scogliere, fresche cascate, incontri inaspettati con cervi e cinghiali. Etnie, culture e religioni convivono in armonia e ne fanno un luogo davvero speciale. Da scoprire al ritmo del séga

Per le carte geografiche Mauritius sta in Africa e in realtà profumi, colori e caratteri fisici dominanti non sono molto diversi da quelli delle coste meridionali del continente. Ma se si guarda alla gente e si osservano gli aspetti culturali e sociali l’Africa è ben lontana. Perché cinesi, indiani, creoli, neri qui convivono e lavorano pacificamente, conferendo alla vita sull’isola un’impressione di caotica armonia. L’impronta coloniale è forte, così come prevalente si percepiscono l’influenza indiana e quella creola, ma tutte le diverse culture ed etnie, anche minoritarie, si sono fuse fino a generare una nuova società. Al colorato mercato di Port Louis, oltre al trionfo di frutta e verdura, pesci di ogni genere, profumi di spezie che ricordano in un susseguirsi ininterrotto l’Oriente e il continente

africano,sentir parlare contemporaneamente tanti idiomi – inglese, francese, creolo, ma anche cinese, arabo o indiano – crea una sorta di piacevole sperdimento. Le religioni sono tutte ben tollerate e praticate senza problemi nella moschea, nella chiesa cattolica, nel tempio indù o Tamil, e nella cucina, ricca e fantasiosa, si esprime al meglio tale copioso melting pot. E’ forse questo l’esempio concreto di società multirazziale e multiculturale, tanto auspicata, ma così difficile da realizzare? Difficile a dirsi, certo la sensazione è quella e la speranza anche, ma ovviamente non basta qualche viaggio, seppure ad “occhi aperti”, per azzardare teorie. Va peraltro sottolineato che i partiti politici non sono suddivisi per comunità etniche e che ai posti di comando dell’economia mauriziana ci sono anche cinesi, indiani o creoli. Dunque se di società perfetta, ammesso che ne esistano, non si può parlare, di sicuro Maurizius è un posto con molti lati positivi se si guarda al numero di occidentali che la scelgono come buen retiro per gli anni della pensione. Negli ultimi anni la valorizzazione delle radici da parte delle diverse etnie ha portato forse inaspettatamente alla riscoperta della “criolité”, il senso di comune appartenza. Simbolo di questa ritrovata amalgama culturale è festival di musica creola che si tiene nel dicembre di ogni anno. Qui l’Africa riemerge prepotente nella musica e nei balli del Séga, con ritmi e movenze retaggio inconfondibile del vecchio continente, ma molto apprezzate sono anche le rappresentazioni musicali e le danze indiane, e la partecipazione entusiasta coinvolge ogni segmento etnico-religioso della popolazione mauriziana. Giunto alla quarta edizione, ha ospitato per la prima volta artisti internazionali come Shaggy, il profeta giamaicano del raggamuffin. La lingua creola costituisce del resto la principale forza di coesione nazionale: parlata dal 70% della popolazione, è compresa da tutti. Quella indiana è la componente sociale a più alto tasso di visibilità, con templi colorati disseminati un po’ovunque, ma soprattutto nel Grand Bassin o Ganga

Talao, il lago Gange, scelto come luogo sacro dalle popolazioni di origine indiana che anticamente si stabilirono sull’isola. Arrivando sull’altipiano l’incontro mistico con Shiva è assicurato da una statua alta 31 metri, mentre sulle rive del lago c’è il tempio dove tutti gli anni, tra febbraio e marzo (la data esatta è stabilita dal calendario lunare), si tiene la più importante celebrazione indù dell’isola, Maha Shivaratree. Oltre mezzo milione di pellegrini (quasi la metà della popolazione), non necessariamente credenti e molti dei quali a piedi, vengono fino a qui per partecipare ai rituali in un tripudio di fiori e incensi. Ai tempi del Dodo, il goffo uccello senz’ali ormai estinto simbolo di tutta Mauritius, l’isola doveva essere come oggi la si vede a Pointe aux Roches o a Flic en Flac: un paradiso verde circondato da acqua cristallina e fondali dai mille colori. Se gran parte dell’antica magia sulla costa è ormai svanita, l’interno ha mantenuto inalterati gli scenari sontuosi che colpirono Conrad, Mark Twain, Bernardine de St. Pierre e quanti, come loro, ne trassero ispirazione per pagine di struggente bellezza. Mentre soggiornava ai Pamplemousses, oggi giardini tropicali, Charles Baudelaire vi scrisse la sua prima poesia, A une Dame créole , cogliendo atmosfere esotiche che segnarono per sempre la sua opera. Lasciato il traffico di Port Luis, diretti verso l’interno, subito appaiono le immense piantagioni di canna da zucchero, che ricoprono oltre il 90 per cento del terreno coltivabile. L’effetto ottico è un manto verde ondeggiante che sembra tuffarsi nell’azzurro della laguna. Attualmente sono attivi undici zuccherifici per una produzione di circa 600.000 tonnellate all’anno. Salendo oltre i 500 m, l’aria si carica dei profumi della vicina foresta: qui crescono spontaneamente spezie (cannella, chiodi di garofano, pepe),

frutti tropicali (litchi, mango, guava), così come alberi endemici, il “bois de natte” e l’ebano. Sulle alture di Curepipe lo scenario cambia nuovamente e dominano le distese di tè, raccolto dai contadini creoli, soprattutto donne che, con grande abilità e a ritmo velocissimo, staccano le foglie pronte per la lavorazione e le ripongono in capienti bisacce fermate sulla schiena. Ogni raccoglitore è in grado di stipare fino a 50 kg al giorno di preziose foglioline. Nel cuore della costa meridionale s’incontrano laghi, fiumi, torrenti, e cascate. Quelle di Rochester hanno una curiosa caratteristica: precipitando in un tranquillo bacino, producono strani suoni simili ad un organo; l’acqua nel corso del tempo ha eroso la pietra basaltica e l’ha scolpita a foggia di irregolari colonne a sezione quadrata. Qui la costa offre famose spiagge bianche e spettacolari nere scogliere, come il Pont Naturel sferzato dalle onde dell’oceano – uno scorcio più Irlanda che Tropico – e anse protette ombreggiate da alberi di casuarina, molto frequentate dai mauriziani nei giorni di festa. Può sorprendere scoprire che in un’isola situata in pieno Oceano Indiano vivono cervi, cerbiatti e cinghiali. In effetti scorrazzano tranquillamente su un’altura di circa 700 metri, in un clima tipicamente tropicale. Il parco naturale delle Gole della Riviera Nera o i poderi eco turistici dell’Etoile o dello Chasseur ospitano molte specie allo stato brado, comprese le scimmie, che furono importati dall’isola di Java dagli olandesi. Il metodo migliore per osservare i cervi resta l’escursione a piedi o a cavallo attraverso i sentieri intorno ai poderi.
Testo Teresa Scacchi – Foto Monica Vinella
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