“Un bel giardino non ha bisogno di essere grande, ma deve essere la realizzazione del vostro sogno anche se è largo un paio di metri quadrati e si trova su un balcone”.
Questa era la filosofia del Capitano Neil Mc Eacharn a cui si deve la nascita dei meravigliosi giardini di Villa Taranto a Verbania, sul lago Maggiore, realizzati tra il 1931 e gli anni ’40. Un ricchissimo giardino all’inglese – comprendente specie uniche in Europa – con piante acclimatate dopo anni di lavoro e disposte manifestando uno spiccato senso del bello in una cornice unica, fra il lago e le montagne.
Ma il nubifragio del 25 agosto 2012 ha distrutto gran parte dei giardini: circa 300 esemplari sono stati sradicati, e occorreranno ingenti spese e un anno di lavoro almeno prima della riapertura parziale.
A Villa Taranto c’erano mille piante e 20 mila varietà botaniche, alcune rarissime. Un giardino sapientemente realizzato e curato nei decenni per abbinare la bellezza estetica al valore botanico. Ogni anno lo visitano oltre 150 mila persone, in arrivo da tutti i continenti. Ma i danni ai giardini ed alle alberate non si limitano a Villa Taranto. Anche sul lungolago i segni del mini-ciclone sono evidentissimi ed è inagibile anche un pontile di attracco. I giardini di Villa Taranto ospitano da anni mostre floreali di rara bellezza e vastità; al suo interno erano presenti piante secolari, statue di pregio e meravigliose fontane, un patrimonio oggi da ricostruire o ristrutturare. Si stimano danni per un valore intorno agli 11 milioni di euro.
In pochi minuti il lavoro di quasi un secolo è stato spazzato via. I giardini sono stati chiusi e lo resteranno per tutto l’anno (la chiusura era prevista, come di consueto, il 1°novembre). Si spera nella riapertura parziale a primavera se i fondi lo consentiranno.
Per chi volesse dare una mano c’è un c /c di riferimento intestato a:
Ente Giardini Botanici Villa Taranto
Cap. Neil McEacharn
Banca Popolare di Novara Ag. di Pallanza
Causale : Erogazione liberale
IBAN: IT 12 Y 05034 22401 000000003977
SWIFT: BAPPIT21F47
Testo Teresa Scacchi | Foto Gisella Motta