[Letti per viaggiare] Carver Country: storie di vite solitarie

C’è un filo sottile e inaspettato che lega i dipinti di Edward Hopper coi libri di Raymond Carver, tenendo insieme mezzo secolo di vita americana. In realtà entrambi raccontano molto più dei periodi rispettivamente rappresentati – dagli anni Trenta alla fine degli Ottanta – e spaziano infinitamente oltre le scenografie tipiche statunitensi. Essi ritraggono quella certa occidentalità dell’anima ritrovabile anche nelle nostre esperienze di vecchi europei, e non è escluso si possa a questo punto assimilarla perfino ad altre ben più distanti culturalmente, ma ormai in via di globalizzazione.

Carver scrive – e Hooper dipingestorie metropolitane o rurali in cui apparentemente non capita nulla di eccezionale, nessun episodio degno di memoria, nessuna trama che aspiri a un finale. Sono solo momenti poveri di vite solitarie e sconfitte, talmente banali da smascherare perciò stesso gli abissi esistenziali della quotidianità. Ma non è soltanto questo. La delicatezza delle poetiche minimaliste di questi due autori produce di continuo un senso acuto di mistero, un’incompletezza non detta ma potentissima che resta sospesa sopra i personaggi. In un’inquadratura di Hopper o in una pagina di Carver ci sono sempre un prima e un dopo che non sappiamo, che non conosceremo, che ci preoccupa o in cui poniamo una speranza. Prigionieri della propria esistenza, noi e loro, spettatori e attori, ne percepiamo l’amaro in bocca, ben consapevoli di che significhi quel mistero.

Carver Country permette di andare ancora oltre i testi dello scrittore – per inciso, uno dei maggiori americani contemporanei –, riunendone qui alcuni molto emblematici, insieme alle fotografie dei suoi veri luoghi: case dove abitò, paesaggi vissuti, persone conosciute, parenti e amici, scrivanie ingombre del suo lavoro, bar in cui rischiò sempre la sua perenne guerra con l’alcool, strade percorse per cambiare vita senza riuscire a cambiarla, e fiumi in cui sperò sempre di tornare prima o poi a pescare. Ne appare un viaggio commovente ed eccitante proprio all’interno di quell’America di provincia tanto amata da noi provinciali europei, fatta di quartieri anonimi e larghissimi, strade dritte e vuote incrociate su campagne desolate; drugstore e rivendite d’auto usate, casette basse di legno, roulotte dove si vive, cumuli ghiacciati di neve in inverno e sterpaglie roventi in estate, berretti da baseball, e pick-up posteggiati davanti a una tavola calda.

Yakima, Vantage, Wenas Ridge, Arcata, Syracuse, Sacramento, Eureka, Port Angeles, Calistoga, Seattle, dallo Stato di Washington alla California e a quello di New York: non sono soltanto nomi su una carta stradale, evocano piuttosto un’intera condizione mentale, una visione; spesso un’illusione. Il rigoroso bianco e nero si assimila perfetto alle pagine scritte, e su tutto compare, naturalmente, il volto di Carver catturato in mille occasioni, sempre disincantato anche quando ride, ma non mai rassegnato, le sue lettere malinconiche e gentili, i suoi pensieri, e, infine, un bellissimo ricordo della sua amata Tess – Tess Gallagher, anch’essa scrittrice e fondamentale collaboratrice – pagine struggenti e sincere sugli anni passati assieme a uno degli autori che meglio ha denudato la pochezza della vita, rivestendola forse di qualcosa d’altro.

Carver Country – Il mondo di Raymond Carver | Testi di Raymond Carver e Tess Gallagher | Fotografie di Bob Adelman | Einaudi 2013 | pp. 200 | euro 26,00

Testo di Andrea B. Nardi

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