Il favoloso rudere di Wertheim
Immerso nel verde della collina, il castello di Wertheim è quasi un miraggio: non sembra un maniero tipico di queste parti, ma un luogo di favole e cavalieri. Torri, mura possenti, interi lati dove resta in piedi solo la facciata. Una immensa rovina color ruggine, che in verità non è una rovina perché è vissuta, utilizzata e visitatissima.
Con perizia è stato restaurato o meglio, stabilizzato perché i segni dell’antica distruzione sono stati abilmente lasciati a vista. Risultato: il fascino un po’ decadente di una rovina unito alla bellezza del luogo che invece vive.
Restano camminamenti, corti e torri. Un complesso che evoca lontane saghe medievali. Salirvi non è impresa leggera ma quel che si vede da lassù ripaga della fatica. Lo sguardo vaga tra il nastro d’argento del Tauber, l’abitato dai tetti puntuti e le 3 torri che contengono la cittadina di Wertheim.
Da quassù pare una stampa antica. Si narra che l’inespugnabile maniero vide la sua fine a causa di una serva che lasciò accesa una candela; la leggenda non dice nulla della sorte della involontaria piromane. Non fu mai ricostruito, se non in parte, e intere facciate dalle orbite vuote fanno immaginare ciò che fu.
Sugli spalti e nella corte c’è un piacevole ristorante, il Burg Wertheim, che propone buona cucina locale. Nelle belle sere estive è un vero piacere accomodarsi sotto gli ombrelloni e tra i tavoli affacciati agli spalti.
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Una Versailles in Württemberg: il castello di Weikersheim
Un castello fatto come si deve, ecco il primo pensiero che sorge. Il secondo che è che la piccola cittadina fosse assolutamente dipendente dal maniero e dai signori che lo abitavano, che non per nulla erano i potenti principi del casato di Hohenlohe.
Dalla piazza principale, la Marktplatz, le basse case poste in semicerchio sembrano omaggiare il castello. Al magnifico complesso si accede da un ponte in pietra sospeso su di un verdissimo fossato dove forse, un tempo, correva l’acqua.
E infine, eccolo questo splendore tutto campagnolo ma anche nobilissimo. Il maniero è grande, fastoso e favolosamente barocco. Sale immense e sontuose si susseguono. La più bella è la Sala dei Cavalieri, la Rittersaal, alta due piani e sormontata da un impressionante soffitto a cassettoni completamente dipinto con scene collegate alla caccia e con animali selvatici in rilievo.
Curiosa la figura di un elefante con tanto di zanne e proboscide fuori misura, che domina il salone. Una sala unica: il grandioso soffitto è ancorato al solaio con delle catene. Stufe in maiolica, grandi lampadari in vetro, quadri antichi, arredi originali e ovunque stucchi preziosi.
Ma forse la gemma più preziosa è il grande giardino che si ispira a quello di Versailles; non mancano l’orangerie, le aiuole geometriche e le molte fontane che intersecano i bei vialetti geometrici coperti di piccoli sassolini bianchi.
E la vista che di qui si gode della facciata interna del castello è veramente superba. Il maniero ha un’ala riservata al museo Regionale del Württemberg e nella corte interna ospita concerti di giovani musicisti del vicino Conservatorio.
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Schillingsfürst, il maniero di un signore di campagna
Quasi 50 chilometri dividono il castello di Weilkersheim da quello di Schillingsfürst ed è bellissimo arrivarvi. La strada è assai godibile e si apre di continuo verso ampi orizzonti di foreste e campi verdi e ocra.
Qua e là qualche puntuto campanile circondato da poche case. Ma ovunque è quiete e silenzio. Poi si arriva e va detto che è un obbligo arrivarci. Un complesso barocco che risale alla prima metà del ‘700, fatto di fattorie, abitazioni, un piccolo caffè, che circondano il castello vero e proprio.
Va subito chiarito che non potrebbe essere più differente dal precedente nonostante anche questo di Schillingsfürst appartenesse ad un ramo della casata degli Hohenlohe come Weilkersheim. Ma mentre il primo è curatissimo, ordinatissimo e perfettamente conservato, qui l’insieme è piuttosto lasciato andare, come sgualcito, seppur bellissimo.
Il maniero in verità è ancora in mano agli eredi dei principi che abitano nell’ala di fronte a quella visitabile e che, si ha l’impressione spiino dalle tende gli estranei che invadono i loro possedimenti.
È un interessantissimo esempio di palazzo aristocratico ancora abitato, un possedimento di aristocratici di campagna con il pallino delle battute di caccia come si immagina sia d’obbligo per l’aristocrazia rurale. E a testimoniare la passione venatoria dei principi, ecco gli infiniti trofei, cervi, volpi, alci e lupi, le teste spiccate e impagliate che ci osservano dai corridoi.
La visita (solo in tedesco e inglese) porta tra saloni barocchi, salottini, camere da letto e preziosissimi pavimenti intarsiati che obbligano a camminare con grandi pattine in feltro.
Ci raccontano di favolose amicizie con Franz Listz che pare fosse ospite fisso e di cui si celebra la memoria con un festival dedicato nella prima settimana di Luglio, e con aristocratici russi come la consorte di uno degli ultimi Hohenlohe.
Donna volitiva, pazza per la caccia a cui di deve il grande orso bruno impagliato ritto sulle zampe e a fauci aperte, che accoglie i visitatori nell’atrio. Purtroppo la maggior parte degli arredi non è originale perché alla morte del consorte, la principessa di origini russe, portò gran parte dei pezzi preziosi nella sua terra natia a cui fece ritorno.
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Harburg, il grande castello sulla collina
Harburg è molto piccola, medievale, attraversata dal dolce Wörnitz, che qui crea begli ambienti fluviali molto romantici e che si attraversa di un antico ponte in pietra del 1729.
Il castello sovrasta da ogni angolo la cittadina. È grande, turrito, imponente. Mai conquistato, mai espugnato e si capisce il motivo via via che ci avvicina. Mura altissime e doppie che nessuna artiglieria poteva abbattere.
Per visitarne gli interni, camminamenti, torri, la cappella barocca, appartamenti dei conti di Oettinger (tutt’oggi proprietari) occorre partecipare alla visita guidata che però è solo in inglese.
Ad ogni modo vale la pena di aderire perché si vedono anche le spaventose segrete, le geniali feritoie per sparare senza essere colpiti e l’incredibile colpo d’occhio sul fiume e la valle.
Alternativamente, senza guida, si accede solo al cortile interno dove oggi si trovano un ristorante e un albergo dove si possono passare le notti in attesa del fantasma che classicamente dovrebbe aggirarsi.
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Rottenbuch, un meraviglioso monastero barocco
Andando verso sud, qui siamo al km 424, si cominciano a intravedere i profili azzurrini della Alpi Bavaresi. Al centro di questo incantevole paesaggio, in piena campagna, si incontra l’imponente convento dei Canonici Agostiniani, fondato nell’Alto Medioevo attorno alla fine dell’anno 1000.
Purtroppo nei secoli molto fu perduto e ricostruito nel XVIII; disgraziatamente le secolarizzazioni napoleoniche portarono ad altre distruzioni. Tuttavia si salvò per la fortuna di tutti la grandiosa chiesa Conventuale della Natività di Maria con il suo campanile.
All’esterno la chiesa non lascia intravedere la sua folle ricchezza barocca visto che la facciata e la torre campanaria sono di gusto sobrio e di colore chiaro. Ma varcata la soglia si resta abbacinati.
Conservato l’impianto a crociera che risale alla fondazione ed è inusuale per questa zona, per il resto tutto l’ambiente risplende di stuccature e affreschi barocchi ricchissimi. Tutto questo sfarzo è opera di Franz Xaver Schmädl, artista locale che nel 1760 provvide a colmare di putti, angeli, riccioli e decori la grande chiesa. Anche la facciata barocca dell’organo è di sua mano.
Veramente pregevole il grandioso altare maggiore, una vera esplosione di decori barocchi. A lato del coro, sulla destra, è conservata una Madonna con bambino di fattezze tardo gotiche che risale al 1483.
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Wieskirche, una basilica in mezzo ai prati
Siamo a pochi chilometri dalla chiesa di Rottenbuch, circa 13, ma ora che arriviamo davanti al vastissimo orizzonte della Basilica di Wieskirche, il profilo delle alpi si fa sempre più vicino e reale.
Il luogo è splendido: vastissimi prati, colline e boschi circondano il grande complesso rococò inserito tra i siti Unesco. La chiesa è molto grande, tutta bianca e dai tetti ondulati color mattone. Nella sua maestosità barocca è molto semplice e di linea sobria e ben si inserisce in questo paesaggio veramente arcadico.
Già dal 1700 il luogo era meta di pellegrinaggi da vicino e lontano: una statua del Cristo flagellato venne trovata lacrimante e in seguito si decise di costruire, era il 1745, un grande santuario.
Ritorna un nome celebre, quel Dominikus Zimmermann cui si deve la facciata del Rathaus di Landsberg. Erano passati decenni da allora e qui Zimmermann, architetto ormai maturo, dette il meglio di sé disegnando il suo capolavoro. In effetti il tutto risulta molto armonico e organico al paesaggio.
Zimmermann aveva anche un fratello, Johan Baptist che dipinse gli affreschi del soffitto, un infinito cielo cobalto abitato da angeli, considerati un capolavoro del genere rococò. All’interno domina la luce grazie alla tante e grandi finestre. Luce che stempera gli eccessi del barocco e lo impreziosisce. Spesso in basilica si tengono ottimi concerti di musica classica con musicisti celebri.
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Testo di Lucia Giglio Foto di Eugenio Bersani|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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