Cile | Humberstone, città fantasma nel deserto di Atacama


Passando in autobus lungo la trafficata carretera quasi non la si nota. Sarà perché ha lo stesso colore del deserto. In fondo ci sta che i fantasmi amino mimetizzarsi un po’, giusto? Se vi piacciono le città abbandonate, congelate nella polvere insieme alle storie di chi le abitava, Humberstone è perfetta. Siamo nel nord del Cile, a una cinquantina di chilometri dalla città di Iquique, in pieno deserto di Atacama. Questo deserto tra le Ande e il mare è uno dei luoghi più asciutti del mondo ed è un grande serbatoio naturale di nitrati, ampiamente sfruttati in passato per la produzione di fertilizzanti ed esplosivi. La città di Humberstone è stata fondata alla fine dell’Ottocento dal britannico James Thomas Humberstone proprio accanto a un giacimento di salnitro, con lo scopo di ospitare i minatori e le loro famiglie. La raffineria di Humberstone e quella della vicina Santa Laura si svilupparono rapidamente e la città si arricchì di conseguenza, arrivando a ospitare alcune migliaia di persone durante il periodo d’oro, quando le sue strade si abbellirono con incantevoli edifici in stile inglese. Poi arrivò il rapido declino con la crisi del ’29, la grande depressione e la sintesi dell’ammoniaca, che aprì la via alla produzione industriale dei fertilizzanti. Il salnitro naturale non era più conveniente e questo segnò la rovina della povera Humberstone, che perse la propria ragione di esistere in mezzo a un’area tanto inospitale. La città si spopolò in fretta cadendo a pezzi. Nel 1970 non c’era più nessuno attorno alle raffinerie chiuse.

Oggi Humberstone è un monumento nazionale aperto al turismo e nel 2005 è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Passeggiare tra le sue strade e curiosare negli edifici permette di farsi un’idea di quella che era la vita che ruotava attorno alle raffinerie. Ci sono un bel teatro e una chiesa – entrambi ristrutturati – le villette dei dirigenti, le case degli impiegati e dei minatori, il mercato, la scuola, l’ospedale, un hotel con la sua piscina vuota e i campi da tennis coi loro lampioni. Attorno, i resti di vecchie aiuole dove non cresce più nulla. C’è anche un grazioso museo dove sono raccolti oggetti di ogni giorno, dalle stoviglie agli attrezzi da lavoro sino ai giocattoli per i bambini. Gli amanti della fotografia e dell’archeologia industriale avranno di che divertirsi esplorando, poco oltre sulla collina, gli edifici della raffineria. Qui, da più di mezzo secolo, riposano in un silenzio un po’ inquietante i macchinari per l’estrazione dei nitrati.

Ad Humberstone si stava bene. Ci conoscevamo tutti ed eravamo come fratelli. Sarà che tutte le famiglie campavano dello stesso lavoro” dice un’anziana signora da sotto un complicato poncho verde. “Quando ho un momento, prendo l’autobus e torno a rivedere la mia città”. Con lei, una bambina che corre per la piazza. La signora siede su una panca all’ombra di una veranda di legno. La panca è tutta ruggine e la veranda divelta, ma alla signora non importa. Al museo raccontano che sì, ogni tanto qualcuno dei vecchi abitanti torna a trovare la città. Per un po’ c’è stato anche un raduno una volta all’anno. Sono turisti particolari, perché di solito non passeggiano né visitano nulla. Vanno diretti in un luogo, una casa, una panca, un albero scheletrito, e stanno lì anche a lungo. Se c’è qualcuno che li accompagna, tanto meglio, così possono raccontare. Poi riprendono l’autobus per Iquique e fanno ritorno nel presente.

Testo e foto di Devis Bellucci

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