A bordo di una Trabant si va alla scoperta di Nowa Huta, il quartiere operaio di Cracovia costruito intorno all’acciaieria che doveva ricalcare il modello ideale della città comunista. Un tour pazzo, fuori dalle righe, un po’ rivoluzionario e un po’ nostalgico, nel passato del vecchio Ost.
La scoppiettante Trabant parcheggia davanti all’entrata dell’acciaieria ha lasciato dietro di sé un puzzolente odore di scarichi inquinanti. L’auto è ormai un pezzo da museo ma ai tempi del comunismo su queste strade era onnipresente. Bicilindrica, andava a miscela, fu progettata e messa in produzione negli anni cinquanta nella Repubblica Democratica Tedesca e continuò ad essere prodotta fino alla riunificazione nel 1991. Si aprono le porte e scende Jakub che indossa un colbacco con tanto di stella rossa del passato regime comunista, con falce e martello ben evidenti.

Il Crazy Tour inizia così, a cinque chilometri da Cracovia, a Nowa Huta, in quello che fu il quartiere operaio costruito in epoca comunista attorno alla più grande acciaieria dell’Europa dell’Est. E’ un tour pazzo o meglio gaudente, con molti paradossi e qualche risata. Non c’è nulla di nostalgico. Ma in qualche modo è una rievocazione del passato che si muove seguendo le tracce della storia che ha segnato la Polonia. Tra le tante follie del Crazy Tour c’è anche la possibilità di maneggiare la più celebrata delle armi sovietiche, il Kalashnikov. Nonostante questa bella dose di pazzia il Crazy Tour apre le porte su un mondo che oggi è stato travolto dalla storia ma di cui rimangono indelebili tracce. Nowa Huta è una città operaia eretta ex novo ricalcando il modello ideale della città di epoca comunista. Uffici pubblici, teatri e musei sono reliquie del passato.

Oggi il comune di Cracovia chiede addirittura che il quartiere venga inserito tra i siti da proteggere dell’Unesco. Per raggiungere questo obiettivo ha un importante asso nella manica: il regista Andrzej Wjada, scomparso di recente, ha preso le mosse da Nowa Huta per girare due suoi famosi film: L’uomo di ferro e L’uomo di marmo, nei quali si racconta la storia dell’eroe stakanovista Mateusz Birkut muratore impegnato nella costruzione della città ma che cade progressivamente compromesso agli occhi del regime.

Nowa Huta, città del socialismo reale, era sorta alla fine della guerra per espressa volontà di Stalin. L’architettura era considerata un’arma estremamente importante per i creatori del nuovo ordine sociale perché destinata a modificare la coscienza dei cittadini e la loro visione della vita. Nowa Huta doveva essere un esempio. L’urbanistica voleva ispirarsi alle città del Rinascimento ma questa idea di base venne poi ripensata secondo i dettami del razionalismo del Novecento. Il prodotto finale è una sintesi riuscita solo in parte. Dal centro del quartiere si allungano larghi viali, con parchi, laghetti, ampi spazi di verde tra gli edifici, sette teatri, cinque cinema. E ovviamente anche palazzi residenziali, tetri condomini dove oggi vivono circa centomila persone. Il cuore del quartiere è la grande acciaieria (Nowa Huta significa nuova acciaieria). Nel progetto originale però mancava un edificio: la chiesa cattolica, elemento importante per i cattolici polacchi. Nel 1960 gli abitanti vennero malmenati dalla polizia a causa di una croce di legno eretta senza permesso. L’allora vescovo Karol Wojtyła, futuro Papa Giovanni Paolo II, ebbe il coraggio di dire una messa all’aperto la vigilia di Natale del 1959. Solo nel 1967 le autorità cedettero e diedero il permesso di costruire una chiesa chiamata Arca del Signore, un grande edificio che si erge imponente, proprio come un grande nave arenatasi tra i condomini. I lavoratori dell’acciaieria furono tra i primi a ribellarsi contro il governo comunista e a combattere per diritti umani e diritti dei lavoratori. Il quartiere divenne una delle roccaforti del movimento di Solidarność, una spina nel fianco per il regime.

Oggi a Nowa Huta si incontrano ancora molte tute blu. Ci sono anche i nostalgici del vecchio regime che vivono di ricordi. Sulla piazza centrale il ristorante Stylowa conserva ancora intatti gli arredi degli anni Cinquanta e un paio di statue di Lenin. Nelle sue vie gli opposti si toccano, come se qui le ideologie potessero convivere. Alcune vie che hanno preso nuovi nomi, come Solidarność, oppure denominazioni davvero inaspettate come Piazza Centrale Ronald Reagan. La storia non si cancella con qualche cartello, e può rivivere. Così quando con Jakub di Crazy Tour si entra nell’appartamento “comunista” sembra di essere in una macchina del tempo. Tutto è uguale a 50 anni fa con tanto di elettrodomestici vintage, cetrioli sotto aceto, tostapane, stelle rosse, volantini di Solidarnosc e manifesti propagandistici del partito comunista. Un straordinario salto nel passato recente della Polonia!
Testo e foto di Aldo Pavan |Riproduzione riservata ©Latitudeslife.com
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