
1400 chilometri on the road da Cape Town a Port Elizabeth, passando per la regione dei Karoo, in una delle parti meno note del Sudafrica.
Il Capo di Buona Speranza
Da Capo di Buona Speranza a Port Elisabeth è il tratto più bello di costa orientale sudafricana. Punto cruciale della circumnavigazione dell’Africa, il Capo fu raggiunto per la prima volta da Vasco de Gama nel 1497, che lo battezzò con quel nome di buon auspicio. Storie e leggende animano questo punto d’incontro fra l’Oceano Atlantico e quello Indiano, come quella di Adamastor, l’orribile gigante che si dice sia stato trasformato da Zeus nella penisola del Capo. E se in origine la punta estrema del continente nero era abitata solo – occasionalmente – da comunità di Khoi-san (Boscimani) o di Khoi-Khoi (Ottentotti), a fondare la taverna dei mari, l’insediamento che oggi si riconosce nella Città del Capo, sono stati i primi coloni bianchi. Arrivati il 7 aprile del 1652 a bordo del Drommedaris, un’imbarcazione appartenente alla Compagna Olandese delle Indie Orientali e capitanata da Jan van Riebeeck, si stabilirono nella zona. La Cape Town odierna è simbolo dell’Africa, cosmopolita dalla nascita, destinazione mondana e seducente, rifugio di popolazioni in fuga (come gli Ugonotti), di avventurieri e casa per europei e asiatici. Non per gli africani, almeno per un certo periodo. Una contraddizione che ancora oggi influisce negli equilibri delicati di questa città moderna e dinamica. Qui, regna un’atmosfera unica, e lo stile di vita regala echi d’Europa, di San Francisco, di Hong Kong ma anche di Sydney. Difficile annoiarsi da queste parti. Basti pensare al Waterfront, uno degli esempi più intelligenti di porto riscoperto, dove convivono gli shopping center con le officine dove si riparano imbarcazioni di ogni tipo, i ristoranti con i magazzini commerciali, e i locali notturni con le stazioni delle unità di soccorso, sempre sull’allerta per soccorrere qualche imbarcazione in difficoltà al largo del “capo delle tempeste”. Il risultato è un luogo di una vitalità eccezionale. Per chi ama la buona cucina Cape Town è ricca di attrazioni multietniche: non a caso sapori e tradizioni di ogni angolo del mondo camminano a braccetto e sono rese ancora più interessanti dalla giovane generazione di chef sperimentatori. Per farsi un’idea di questa realtà basta fare un salto a The Old Biscuit Mill, nel quartiere emergente di Woodstock, fabbrica convertita in polo del food e design. In questo luogo giovani artisti e produttori di ogni genere s’incontrano e danno vita ad una sorta di farmer’s market con innumerevoli proposte di street food e ristoranti. Decisamente l’indirizzo giusto per acquistare il biltong, strisce di carne essiccata di antilope o di bufalo – strepitosi quelli di kudu e di eland.
In viaggio lungo la Route 62
Lasciata la città e archiviata una visita alle sorprendenti regioni vinicole circostanti e al giardino botanico di Kristenbosch, si va verso sud: si costeggia l’Atlantico passando per Green Point e Clifton per vedere le spiagge più belle del continente. Quindi, Camps Bay: da una parte l’Oceano con le sue onde e dall’altra una sfilata di localini gremiti di giovani capetonians alti, biondi e belli. Quasi il set di un film. Si riparte lungo la splendida Chapman’s Peak Drive, un tracciato scavato nella roccia sotto i 12 Apostoli dai prigionieri di guerra italiani durante il secondo conflitto. La presenza del Capo si avverte distintamente negli ultimi chilometri di strada. Non è necessario consultare la cartina per rendersi conto di essere arrivati in un lembo di terra estremo: gli ultimi metri si percorrono a piedi. Si risale un sentiero che fra una terrazza panoramica e l’altra, porta fino al faro (in alternativa c’è anche la funicolare) e la vista è spettacolare: il profilo della costa est si perde nella profonda insenatura di False Bay prima di regalare un colpo d’occhio sulle scogliere lontane del Capo Agulhas.
Di nuovo in auto si scende verso l’Oceano Indiano poco sotto Simon’s Town dove si può visitare la colonia di pinguini africani che vive tra le rocce di Boulder Beach. Risalendo False Bay verso nord-est ecco il villaggio di pescatori di Kalk Bay con il suo porticciolo – tappa fondamentale per chi ama il pesce fresco. Andate alla Harbour House per gustare il famoso seafood platter: una montagna di crostacei, frutti di mare, pesce bianco e astice. Ancora pochi chilometri e si arriva alla famosa spiaggia di Muizemberg, la patria del surf, con le sue iconiche cabine colorate, davanti alle quali i surfisti attendono l’onda giusta. Da qui comincia la parte di viaggio che a poco a poco si lascia alle spalle i luoghi noti, i percorsi scontati, la gente. La prima tappa è Hermanus, la capitale del Whale Watching da terra (da settembre a dicembre): perfino dalla terrazza dell’albergo si vedono spuntare dal mare le sagome delle balene. Il vero appuntamento con il brivido è, però, a Gangsbaai, dove ci si imbarca per raggiungere (in poche decine di minuti) la famosa Shark Alley: zona con una delle più alte concentrazioni di squali bianchi al mondo. Un nome, una garanzia.
Dopo Gangsbaai, le strade si fanno deserte: da un lato l’Oceano Indiano, mentre a nord le montagne che definiscono la regione dei Karoo, obiettivo reale di questo viaggio. Prima di lanciarsi verso l’interno bisogna raggiungere il punto più a sud del continente: il Capo Agulhas, poco frequentato e selvaggio. Quindi, risalendo verso nord ci si immette sulla Scenic Route 62 che arriva da Stellenbosch e che ricorda la parte western della Route 66. Anche il territorio cambia progressivamente passando da campi di grano a un ambiente più arido e roccioso, con catene montuose solitarie, solcate da canyon tortuosi. È la regione dei Karoo, l’anticamera del Kalahari, il deserto rosso che comincia poco più a nord. Si divide in Groot Karoo a nord e Kleine Karoo a sud. Il nome Ka-roo in lingua Khoisan significa terra della sete. Questo territorio è percorso da strade suggestive (la Route 62 è semplicemente la più lunga) in parte sterrate ma pur sempre accessibili a qualsiasi tipo di automobile. La prima tappa in quest’area spiazza: fra le colline rocciose si apre una valle verdeggiante, minuscolo paradiso agricolo e nuova frontiera enologica sudafricana, al centro della quale sorge la cittadina di Robertson: ideale per la presenza di uno di quegli hotel talmente gradevoli da diventare destinazione, e che ti fanno sentire fuori dal mondo. Il Robertson Small Hotel. Si riprende il viaggio e ci si getta di nuovo in vallate rocciose fino a Montagu, per poi seguire la Route 62 fino al cartello che indica l’entrata della riserva privata di Sanbona, ottima occasione per scoprire quali specie animali popolino la regione dei Karoo, accompagnati da guide turistiche.
È quindi la volta di passare da Oudtshoorn per risalire il passo dello Swartberg, strada sterrata fra le più belle della regione che regala panorami danteschi. Costruita da prigionieri ai lavori forzati e inaugurata nel 1888, attraversa alcuni dei punti più spettacolari della regione dei Karoo. Dal punto più alto del tragitto lo sguardo abbraccia mondi assai diversi fra loro: praterie a pascolo, rocce contorte, e a sud l’aria che arriva dall’oceano e si condensa in quelle caratteristiche nebbie che a Cape Town drappeggiano la Table Mountain col nome di tablecloth, la tovaglia. Toccato il paesino sperduto di Prince Albert e riattraversata la catena dei monti Swartberg (sito Unesco) in direzione di De Rust, il paesaggio varia ancora: il terreno si fa sempre più arido e piatto, mentre la strada lo attraversa come una freccia scagliata verso Graaf Reinet. Questa cittadina è persa fra le pieghe del tempo. Si respira un’aria da Ottocento e l’atmosfera è quasi immobile; a pochi chilometri c’è la Valle della Desolazione. La Valley of Desolation fa parte del complesso del Mount Camdeboo National Park, dichiarato parco nazionale nel 2005, a dispetto delle dimensioni contenute (circa 15000 ettari), casa di oltre 220 specie di uccelli, 43 specie di mammiferi e 330 di piante. Rientra nell’ambizioso progetto di creare un’unica area protetta che si estende fino al Mountain Zebra National Park a est. Per comprendere al meglio il valore ecologico e la biodiversità che caratterizza questa regione bisogna fermarsi proprio in mezzo ai due parchi e visitare la Samara Private Nature Reserve. 30 mila ettari di natura selvaggia, praterie ma soprattutto montagne. Qui i viaggiatori trovano ospitalità nelle case coloniche dell’Ottocento, trasformate in lodge di lusso, e, volendo, si può esplorare con i 4×4 un ambiente completamente diverso da ogni altro safari. Infine gli elefanti. Il tempio degli elefanti. Ultima tappa di questo viaggio on the road è infatti Addo Elephant Park, con oltre 600 esemplari, costruito per salvare gli animali dallo sterminio dei primi anni del Novecento. Il parco ospita anche una discreta popolazione di rinoceronti neri, leoni, iene, bufali ed è il terzo più grande del Sudafrica per estensione – dopo il Kruger e il Kalagadi Trans Frontier Park. Vanta, sì, campeggi ben tenuti con bungalow dove si può passare la notte in tutta sicurezza e a costi minimi ma, se c’è un posto dove vale la pena di fare una pazzia, è certamente Gorah Elefant Camp, concessione privata all’interno del parco. Dodici tende in alto sulla collina e una casa coloniale del XIX secolo perfettamente ristrutturata dove vengono serviti i pasti e la colazione. La vista è sugli animali del parco totalmente liberi. L’oceano, Port Elizabeth e l’aeroporto sono a meno di un’ora, ma da qui nessuno vuole ripartire.
Testo e foto di Marco Santini|Riproduzione riservata Latitudeslife.com
Informazioni: su sito dell’Ente del Turismo sudafricano
Come arrivare: tra le compagnie che volano in Sudafrica segnaliamo la compagnia olandese KLM e la francese Air France.
Quando andare – Clima: Come in tutto l’emisfero australe, le stagioni sono invertite rispetto all’Italia, ma questo viaggio si può realizzare in ogni periodo dell’anno. Durante i nostri mesi estivi le temperature saranno più fresche al mare, anche freddo di notte, mentre durante i nostri mesi invernali troveremo temperature più torride all’interno ma sempre mitigate dal vento e dalla mancanza di umidità.
Dove dormire: a Cape Town ci sono soluzioni per tutte le tasche. Il Sweet Lemon Boutique B&B http://sweetlemon.co.za/ vicino al Waterfront è l’ideale punto di partenza per scoprire la città e la zona del Capo.
Fuso orario: nessuna differenza con l’ora legale italiana mentre c’è un’ora in più rispetto all’ora solare italiana. Tutto il Sudafrica (UTC+2) è infatti avanti di un’ora rispetto all’Italia (UTC+1), ma la differenza si annulla quando in Italia è in vigore l’ora legale che in Sudafrica non esiste.
Documenti: Passaporto in corso di validità per almeno 90 giorni dall’ingresso nel paese
Vaccini: Nessuna vaccinazione richiesta.
Lingua: in Sudafrica ci sono 11 le lingue ufficiali ma tutti parlano inglese.
Religione: le religioni più diffuse sono quella protestante, cattolica e anglicana; una buona parte della popolazione è animista.
Valuta: Il Rand sudafricano diviso in centesimi. Al momento della stesura di questo articolo un Euro equivale a circa 16 Rand. Molto diffuse le maggiori carte di credito.
Elettricità: 220 v, procurarsi un adattatore fra spine europee e prese sudafricane.
Telefono: Per chiamare il Sudafrica dall’Italia si compone lo 0027 seguito dal prefisso locale e dal numero dell’abbonato. Per chiamare l’Italia si compone lo 0039 seguito dal prefisso e dal numero telefonico. Ottima la copertura cellulare.
Abbigliamento: Il classico abbigliamento da viaggio, a strati. Per la città casual e smart casual.
Suggerimenti: a sinistra come in Gran Bretagna e in tutta l’Africa Australe. Meglio avere una traduzione in inglese della patente o quella internazionale.
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