Sardegna: il volto intatto e selvaggio della provincia di Oristano


Tra i mille volti della Sardegna, quello di Oristano e la sua provincia, presenta ancora oggi angoli intatti e selvaggi. Uno scenario dolce e intrigante con ecosistemi unici e protetti  che si fondono con la straordinaria ricchezza di testimonianze culturali.   Luoghi d’ispirazione che offrono emozioni intense soprattutto al viaggiatore capace di mettersi a ritmo con una natura pulsante.

Un paesaggio dai tratti unici e variegati e spennellato di molteplici tonalità. Particolarmente rappresentativo è lo stagno di Cabras, il più esteso di tutta la Sardegna,  popolato da fenicotteri rosa, anatre selvatiche e stormi stanziali di uccelli.  Tutto intorno la macchia mediterranea profumata di finocchio di mare, rosmarino, lentisco e limone. E poi l’Oasi naturalistica di Seu e le lunghe e luminose spiagge della penisola del Sinis. Alcune sono molto note come quelle di Is Arutas e Maimoni, racchiuse tra piccoli promontori in arenaria, le cui distese di sabbie sono in realtà composte da granuli di quarzo bianco e rosa, levigati dal mare, e dove i colori intensi del fondale e della prateria di Posidonia Oceanica, risaltano la trasparenza dell’acqua. O come Is Arenas, una spiaggia lunga quasi sei chilometri, il cui nome evoca la presenza di estese dune. Ma la penisola del Sinis definita destinazione turistica d’eccellenza dall’ Unione Europea, si caratterizza anche per la presenza di importanti siti archeologici e di luoghi che raccontano tradizioni e usanze che riportano in un vero e proprio viaggio nel tempo.

San Salvatore di Sinis a 8 km da Cabras, è certamente uno dei centri di religiosità più importanti. L’attuale villaggio e la sua chiesa dedicata a San Salvatore Trasfigurato, si sviluppano attorno a un antichissimo luogo sacro di epoca nuragica dove veniva praticato il culto delle acque. Infatti la chiesa, posta sopra un tempio pagano sotterraneo, ipogeo, dedicato al culto delle acque salvifiche, conserva intatta la presenza di simboli della religione islamica e cristiana in una pacifica sovrapposizione e custodisce l’antico tempio di Marte e Venere. Il borgo, che in tempi passati veniva utilizzato dagli agricoltori come riparo per la notte, è completamente disabitato per una buona parte dell’anno. Ma il magico silenzio che lo avvolge è destinato ad interrompersi bruscamente, quando da Cabras i noveranti si trasferiscono per rinnovare i riti secolari, nei nove giorni antecedenti la prima domenica di settembre, quando si concludono con la più maestosa manifestazione conosciuta come la corsa degli scalziIs curridus.

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