La luce di Caproni

di Federico Pietrobelli

Livorno, Genova, Roma, Parigi e la Val Trebbia. Luce, ombra, pieno, vuoti arte e finzione fanno emergere sempre nuovi volti dei luoghi di Giorgio Caproni, uno tra i più noti poeti del Novecento.

Giorgio Caproni è stato uno dei più notevoli poeti del XX secolo. Nato a Livorno nel 1912, passa la sua adolescenza a Genova, dove studia musica. Si trasferisce poi in Val Trebbia con la fidanzata Olga, che muore prematuramente, nel ’36. Nel ’38 sposa Rina, dalla quale avrà due figli. Combatte nella Seconda Guerra Mondiale, poi partecipa alla Resistenza. E nel dopo-guerra va a vivere a Roma, dove è in contatto con l’élite culturale del paese (Pasolini e Bertolucci tra gli altri), pubblicando raccolte, traduzioni, saggi. La fama arriva a 63 anni, con Il muro della terra. Riconosciuto a livello internazionale, continuerà a scrivere fino alla morte, avvenuta nel 1990. Per il centenario della nascita, dopo le manifestazioni italiane, altro coronamento alla sua carriera è arrivato dalla Francia, la seconda patria di Caproni, dove Isabelle Lavergne e Jean-Yves Masson hanno tradotto e pubblicato l’Opera Completa. Studi e edizioni si moltiplicano, ed è ormai indubbio che ci si ricorderà del poeta ligure per molto tempo.

Fra i rami della tua voce

Maestro di leggerezza, Caproni ci regala delle pagine di un candore ineguagliabile (“Mia mano, fatti piuma: / fatti vela; e leggera / muovendoti sulla tastiera, / sii cauta.” (Battendo a macchina)), così come altre nella maniera aspra e desolata degna di grandi maestri prima di lui: Dante e Leopardi fra gli altri (“Amore mio, com’è ferito / il secolo, e come siamo soli / – tu,  io – nel grigiore / che non ha nome” (Araldica)). Nell’opera caproniana, i temi, i personaggi e così anche le località che il poeta porterà nel cuore rimangono invariati: Genova, Livorno, la Val Trebbia, poi Roma e Parigi. Quale un fotografo che scatti sempre gli stessi luoghi, i suoi “luoghi dell’anima”, è come se Caproni di fronte ai paesaggi da ritrarre, via via che va arricchendo la sua poetica, lasciasse il diaframma aperto per tempi sempre più lunghi. I posti sono gli stessi, sono gli occhi a cambiare: colgono di volta in volta meglio quello che allo stesso tempo c’è e non c’è, il legame tra pieno e vuoto, luce e ombra, tra arte (finzione) e mondo. Emergono così altri volti della stessa e unica realtà, volti che tanto sono più profondi, tanto sono più paradossali.

Il paradosso tra i paradossi in Caproni è quello della presenza e dell’assenza (“Sono tornato là / dove non ero mai stato. / Nulla, da come non fu, è mutato” (Ritorno)), cioè l’umana coscienza che un paesaggio, come qualsiasi altro oggetto, o persona, prima o poi lo si abbandona. È la certezza, il presentimento hic et nunc che tutto terminerà, prendendo congedo da noi. Ma non c’è congedo se non in quanto due sono i soggetti a dirsi addio. E quindi se tutto prende congedo da noi, anche noi dobbiamo prendere congedo da tutto: “Amici, credo che sia / meglio per me cominciare / a tirar giù la valigia” (Congedo del viaggiatore cerimonioso).

La dove la vita stagna senza spinta del tempo

Per questo Caproni è il poeta del commiato. Tantissimi sono i saluti e le separazioni presenti nei suoi versi, la poesia stessa si identificherà sempre più con un lungo, funereo saluto: “Chi sia stato il primo, non / è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo. / Poi, uno dopo l’altro, tutti / han preso la stessa via. // Ora non c’è più nessuno.” (Parole (dopo l’esodo) dell’ultimo della Moglia). Nell’addio Caproni trova il momento saliente in cui mostrare quanto tragico e infimo allo stesso tempo sia il nostro posto nel mondo, perché legato intimamente alla morte: e paradossalmente, così facendo, ci mostra quanto l’incontro, l’amore, siano ancora necessari all’Uomo, nel vuoto di universo in cui il senso non è più dato, ma da ritrovare (Su un’eco (stravolta) della Traviata).

Dammi la tua mano. Vieni.

Guida la tua guida. Tremo.

Non tremare. Insieme,

presto Ritorneremo

nel nostro nulla – nel nulla

(insieme) Rimoriremo. ? fp

Foto Simone Padovani| Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

Sfoglia il magazine

Caro lettore,

Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.

Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.