Acque e verde, le magie di Amburgo

In certi momenti della giornata, dal Mare del Nord l’odore di salsedine risale l’estuario dell’Elba e raggiunge la città che ne rimane come impregnata e vivificata. Nuovi venti spazzeranno l’aria sino al periodico rinnovo dell’appuntamento col mare.   Testo di Federico Formignani foto di Marco Carulli.

Amburgo Hafen City ©Marco Carulli

L’approccio con la grande città anseatica della Germania del nord è stato strano e per certi versi inusuale. Ha avuto inizio a Cuxhaven, cittadina nella quale abitavano gli amici tedeschi che mi avevano invitato, dove l’Elba non è più identificabile perché i due punti della costa sono lontanissimi; il fiume che vi scorre e sulla cui sponda sinistra Cuxhaven è adagiata, non è più fiume ma è già mare. Un mare tutto particolare, spiegava l’amico Hans, spesso invisibile per i banchi di nebbia che fluttuano veloci e un fiume altrettanto particolare: entrambi hanno acque dense di plancton e di volta in volta si colorano di verde giallastro e di marrone. Naturale chiedere al mio ospite perché avesse scelto di vivere lì e non nella splendida Amburgo; la vediamo quando vogliamo, la città dell’Elba; anzi, oggi la percorriamo e la superiamo per andare a Lüneburg, dove tu hai detto di voler riscoprire le tracce longobarde.

Lo dice con un sorrisetto di compatimento che gli perdono perché amico; sa benissimo, come so io, che l’attuale Lüneburg non conserva più nulla di longobardo; ma è qui che i nostri progenitori, provenienti dalla penisola scandinava, hanno sostato per alcuni secoli (dal I al IV secolo d.C.) prima di intraprendere la lunga e contorta migrazione (valle dell’Elba, Boemia, Pannonia ora Ungheria, Slovenia) che li avrebbe condotti in Italia nel 568 dopo Cristo, attraverso il Friuli. Bello quindi per me pensare, in questa cittadina Hansestadt (anseatica) e “Grande città indipendente”, che è qui che tanto tempo fa i Longobardi hanno consolidato il loro sistema gerarchico fondato – al pari di altri sistemi del nord Europa – sul nucleo base del Sippe (clan, famiglia allargata); questa e altre regole contenute nell’Editto di Rotari (anno 643 d.C.) sono entrate e far parte dell’ordinamento giuridico italiano. Ripercorse dunque con la fantasia e con un pizzico d’emozione le varie fasi di preparazione per la grande emigrazione trans europea, ho detto ad Hans che era giunto il momento di conoscere Amburgo.

Amburgo Karolinenviertel ©Marco Carulli

Tra le due Elbe (nord e sud) l’Hamburg-Mitte

Hans sa come muoversi nella grande Amburgo e in pratica è come se viaggiassi con la testa in un sacco: senza pensieri, ma con due “buchi” nel sacco per guardarmi d’attorno! Amburgo è città segnata dal destino; un destino difficile e in parte crudele che si è manifestato la prima volta con un disastroso incendio (anno 1842) che ha distrutto le molte tracce del barocco architettonico che esistevano. L‘altra grande calamità – questa volta dovuta all’uomo – risale al luglio del 1943 in piena Seconda Guerra Mondiale. La RAF (Royal Air Force) inglese e quella americana a supporto, hanno bombardato a tappeto la città colpendo, con l’operazione Gomorrah, le strutture del porto, le abitazioni, le fabbriche. Il risultato, già disastroso per via delle bombe, si è ancor più aggravato per la tempesta di fuoco (feuersturm in tedesco) per via dei numerosi incendi. Gli amburghesi, cittadini in genere amabili e simpatici, non hanno dimenticato che sono state oltre quarantamila le vittime di quei giorni e che la città era un solo cumulo di macerie. La testimonianza scritta del ministro degli armamenti del governo nazista dell’epoca, Albert Speer, è stata questa: “Amburgo suscitò in me il timore di Dio”. La ripresa della città è avvenuta per gradi, successivamente. Perse per sempre alcune testimonianze del passato, ci si è proiettati verso una riedificazione lenta ma determinata. Amburgo ha avuto, oltre a quelle fisiche, altre ferite nell’anima, quali la distruzione di San Nicola (con la sola Torre superstite) e del vecchio Municipio; forse è apparso a tutti di buon auspicio ricostruire quello nuovo (Hamburger Rathaus) sull’area del monastero di San Giovanni, area evidentemente già favorita dalla benevolenza divina.

Amburgo Museo del mare ©Marco Carulli

Attrattive odierne di Amburgo sono la zona perdonale detta Collonaden, la Kunsthalle, museo d’arte, la chiesa di San Michele col suo caratteristico campanile, uno dei simboli più conosciuti della città, il famoso mercato del pesce, prossimo al porto, che a sua volta può essere visitato con interessanti itinerari per barche e battelli. Merita un cenno particolare il prodigioso sistema di “acque” di Amburgo: la città è a circa 100 chilometri dal mare aperto, ma è una città letteralmente permeata di acque: i due rami dell’Elba che racchiudono il nucleo centrale, l’Alster, i numerosi canali di collegamento, i laghetti dei dintorni e il bacino interno chiamato Binnenalster. Senza dimenticare che Amburgo è città di verde diffuso, una delle più verdi d’Europa; simbolo di questa diffusione è il Planten und Blomen (piante e fiori) il grande parco nel centro della metropoli. Dopo aver girovagato per la città, Hans mi ricorda (forse non tutti lo sanno, precisa) le “glorie” locali: Amburgo ha dato i natali a Felix Mendelssohn nel 1809, a Johannes Brahms nel 1833 e a Heinrich Rudolf Hertz – lo scopritore delle onde elettromagnetiche – nel 1857. Sorride e aggiunge con fare malizioso che gli amburghesi (anche se lui è di Cuxhaven!) vantano altre nascite illustri: quella di Karl Lagerfeld nel 1933, lo stilista di fama mondiale scomparso quest’anno e della Cancelliera tedesca Angela Merkel nel 1954; tutti convinti fosse dell’ex Germania orientale.

Periferie di Amburgo: atmosfere amalgamate

Anzitutto Saint Pauli, il quartiere più conosciuto per via delle case di piacere, delle “luci rosse” delle sue vetrine. Sin verso la fine dell’Ottocento Saint Pauli era il luogo degli emarginati, di coloro che non erano ben accetti nel nucleo centrale della città. Aveva un ospizio, fabbriche che “lavoravano” le balene cacciate nell’Atlantico, un’attiva fabbrica di cordami vari per le navi e ha dato anche il nome a una birra famosa.

Amburgo La sala di concerto Elbphilharmonie ©Marco Carulli

Lo sviluppo di Saint Pauli si è avuto nel XIX secolo con una integrazione sempre più accentuata con il nucleo vecchio di Amburgo. Il quartiere è oggi abitato da studenti, artisti e la fama trasgressiva si è molto attenuata; ha assunto una connotazione decisamente intellettuale e ospita teatri, sale da concerti, numerosi luoghi di ritrovo e svago. La trasformazione di Saint Pauli ricalca in un certo senso quella avvenuta nell’altro quartiere di Saint Georg, un tempo dall’atmosfera insalubre e noto per lo smercio delle droghe; ora è un quartiere multiculturale, abitato da artisti e creatori di moda. Due quartieri non molto lontani dal centro storico sono quelli di Eppendorf e di Rothenbaum (Posseldorf); sono eleganti, alla moda e di verde diffuso, quindi preferiti (se ci si può permettere il tenore di vita) da chi desidera vivere in belle case e godere di atmosfere rilassate; caffè, boutique e ristoranti sono all’altezza della fama di queste due zone.

Abitati da giovani tedeschi e da altri provenienti da ogni angolo del mondo sono al contrario i quartieri di Schanze e Karo; naturale che la zona sia un concentrato di locali tipici e perennemente affollati. Un po’ più decentrato è il distretto di Altona – ora parte integrante della grande Amburgo – città fondata nel 1535 e appartenuta al regno di Danimarca sino all’anno 1864. Nucleo di circa 300mila abitanti, si può dire che Altona sia una vera e propria città nella città. Per terminare la conoscenza (sempre relativa, punzecchia Hans, ma ti inviterò di nuovo, aggiunge!) di Amburgo, ecco il quartiere di Övelgönne con il suo piccolo Museo del Porto e le belle case del XIX secolo e dei primi anni del XX. E a proposito di porto e di pesce, la chiusura è data da una scelta di pesce fresco cucinato nei chioschi e nel grande hangar in ferro e mattoni del mercato, con l’accompagnamento di birra a volontà. Naturalmente tedesca: una delle migliori del mondo.

Testo di Federico Formignani Foto di Marco Carulli|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com