Seychelles: Prigionieri in Paradiso

Sono in cima alla lista dei desideri dei turisti di tutto il mondo, per le spiagge strabilianti e quel ritmo un po’ indolente e scanzonato degli abitanti, ma quando è arrivato il lockdown anche le Seychelles si sono paralizzate. Questa è la cronaca di chi si è trovato a viverle come un improbabile Robinson Crusoe.

Seychelles, una piscina privata scavata tra le rocce a picco sull’Oceano a Praslin ©Sandrine Erbetta

Così, da un giorno all’altro, tutto cambiò. Mutò la percezione dello spazio, del tempo, della bellezza; vacillò perfino la coscienza della propria vita. Non fu lo stesso per tutti. Per alcuni la quotidianità diventò un incubo, per molti una preoccupazione, per altri un’incertezza. Per pochi, un’esperienza unica e irripetibile.

Quando il governo delle Seychelles, di fronte al primo caso di coronavirus, decise il lockdown, con il totale isolamento del paese dal resto del mondo, sembrò quasi di vivere la trama di un film. Nessun aereo, nave, barca da diporto poteva entrare o uscire: segregazione completa e senza precedenti. In realtà, fino a quel momento, c’erano già una decina di casi, ma si trattava di persone arrivate dall’estero e in quarantena.

Il primo caso alle Seychelles

Una spiaggia delle Seychelles durante il lockdown, comlpetamente deserta ©Sandrine Erbetta

Poi accadde che un ragazzo addetto ai bagagli nell’aeroporto di Mahé risultò positivo. Fu alllora che l’allegria vacanziera, la dolcezza della vita sulle spiagge, l’equilibrio di una società un po’ indolente ma serena, di colpo svanirono. Il mostro era uscito dalle strutture protette e stava infettando il Paradiso.

Bisognava sconfiggerlo subito, bloccare ogni possibilità di ulteriori contagi, anche a costo di compromettere un’economia basata al 90% sul turismo. Così fu il lockdown. Chi ci riuscì, abbandonò il Paese in fretta e furia, nel giro di 24 ore. Per tanti fu impossibile e, all’improvviso, le Seychelles assunsero tanti volti diversi.

Il volto della disperazione per i lavoratori stranieri che, rimasti senza lavoro, non furono in grado di tornare a casa, rifiutati dal loro stesso Paese (alcune nazioni asiatiche, incapaci di garantire la quarantena) o perché non avevano denaro per pagarsi il volo. Bloccati qui, senza soldi e senza occupazione.

Una fortuna per pochi

Andò meglio a tutti gli Seychellois rimasti disoccupati per i quali, al contrario, intervenne il governo, con sussidi temporanei che consentirono a migliaia di persone di non precipitare nella miseria. Tuttavia, non s’attenuarono le preoccupazioni per il futuro.

I gestori di hotel, guest house, ristoranti, bar, negozi, società di noleggio auto o barche e, in genere, tutto il variegato mondo che ruota intorno al turismo si ritrovarono costretti a chiudere, senza sapere quando le cose sarebbero cambiate in meglio. Per loro restò soltanto l’incertezza.

Poi ci furono i fortunati, i quali, venuti per una vacanza più o meno lunga, decisero di non partire, ma preferirono restare alle Seychelles piuttosto che tornare nei loro paesi d’origine, già stravolti dalla pandemia.

Per tutti questi, essere Prigionieri in Paradiso fu una scelta, non un’imposizione del destino.

Un’esperienza da ricordare

la capitale Victoria durante il periodo di chiusura, le strade sono vuote ©Sandrine Erbetta

Fu anche un’esperienza che non dimenticheranno facilmente. Il mese di segregazione pesò anche sul loro spirito. Perfino chi aveva la stanza sul mare non poteva approfittarne: polizia e militari controllavano che nessuno contravvenisse alle regole. Le pene erano severe: 2.500 euro di multa e due giorni di carcere. La capitale Victoria, col suo abituale traffico frenetico e le vie del centro affollate, diventò di colpo una città fantasma; nel resto di Mahé non si videro che poche auto spostarsi per comprovati motivi.

A Praslin e La Digue, la gente guardava dalle verande le strade deserte e nessuno ricordava di avere mai visto nulla di simile. Nemmeno i più anziani. I porti restarono vuoti, con solo due battelli in funzione per i collegamenti essenziali fra le isole maggiori. Nessuno calpestava le lunghe spiagge di sabbia corallina, nessuno sostava all’ombra delle palme. Il mare, bellissimo come sempre, apparteneva soltanto ai pesci.

Il ritorno alla normalità

Una struttura delel Seychelles, sull’isola di Praslin, in attesa del rientro dei turisti ©Pier Vincenzo Zoli

In quel mese di aprile del 2020 accadde però che tutte le persone ammalate guarirono, nessuno si infettò e l’isolamento sconfisse il mostro. Quando, all’inizio di maggio, tutto tornò alla normalità, le Seychelles ripresero a vivere. Fu in quel momento che i suoi abitanti le scoprirono diverse da come le avevano viste negli ultimi cinquant’anni.

Senza i turisti, le isole, anche dopo il lockdown, restavano vuote; qualche hotel tentò la riapertura, alcuni bar tornarono attivi e molti negozi alzarono le saracinesche. Gli Seychellois s’accorsero che potevano finalmente godere della loro terra come non accadeva da decenni. Grazie alle forti promozioni, chi poteva permetterselo si concesse qualche week end di vacanza, spostandosi da Mahé a Praslin o La Digue e viceversa.

Diario di un periodo irripetibile

Anse Lazio, a Praslin, Seychelles, come non si era mai vista ©Pier Vincenzo Zoli

Gli stranieri rimasti furono quelli che, in futuro, potranno raccontare di avere vissuto un periodo irripetibile. Durante la settimana, il mare e le coste erano solo dei pochissimi che non avevano lasciato le isole prima della chiusura. Capitò così che Anse Lazio, a Praslin, una delle dieci spiagge più belle del mondo, vedesse una o due persone calpestare la sua sabbia; così anche Anse Sourse d’Argent a La Digue, la più fotografata del pianeta, restò solitaria per più giorni Perfino Beau Valon, a Mahè, la regina della movida, non era da meno in quanto a solitaria bellezza.

Un’immagine aerea delle Seychelles durante il periodo di lockdown ©Sandrine Erbetta

I fortunati prigionieri per scelta si trovarono a vivere le Seychelles come improbabili Robinson Crusoe, presenze stregate dal silenzio della solitudine, infranto solo dal ritmo delle onde e dal crescente respiro del vento di sud-est, meno umido e più fresco del monsone di nord-ovest, ormai lasciato alle spalle dagli inizi di maggio, come il lockdown.

Poi venne giugno, con la lenta riapertura al mondo di queste isole addormentate per oltre due mesi: una storia ancora tutta da raccontare.

Info utili

Informazioni: Tutte le informazioni sulle Seychelles si possono richiedere all’ufficio turistico a Roma, tel. 06 50 90 135 e sul sito

Come Arrivare: La Turkish Airlines vola alle Seychelles con una flotta di aerei modernissima. Anche in classe turistica lo spazio è buono e il servizio di qualità. La tratta prevede una sosta a Istanbul. Se lo scalo dura più di sei ore, la compagnia offre un tour gratuito della città. Si parte da Milano, Roma, Venezia, Bologna, Pisa, Napoli, Bari e Catania, con tre voli settimanali, il lunedì, mercoledì e sabato. Info: 800 599 111.

Quando Andare: Data la posizione geografica, è possibile andare tutto l’anno. I mesi di dicembre, gennaio e febbraio sono i più piovosi, luglio e agosto quelli con più vento, spesso forte. Le temperature vanno dai 26 ai 30 gradi.

Fuso Orario: Le Seychelles sono tre ore avanti (due con l’ora legale) rispetto all’Italia.

Dove Dormire: A parte gli hotel e i resort, l’offerta di guest house e appartamenti o intere villette è di grande qualità.

Documenti: Occorre il passaporto. Il visto viene apposto all’arrivo e può arrivare a tre mesi. A particolari condizioni può essere rinnovato per altri tre.

Lingua: La lingua ufficiale è il creolo; tutti parlano il francese e l’inglese.

Religione: L’82% professa la religione cattolica, il 16% quella anglicana. Vi sono poi musulmani, induisti e buddisti.

Valuta: la rupia delle Seychelles; al cambio attuale un euro vale circa 16,5 rupie.

Elettricità: La tensione è 220, con presa di tipo G (britannica)

Telefono: La rete GSM è funzionante in ogni angolo delle isole maggiori.

Testo di Pier Vincenzo Zoli foto di Sandrine Erbetta |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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