THAILANDIA -Vagabondare tra Bangkok e dintorni

Dal leggendario Siam alla tecnologica Thailandia

 

Lasciare Bangkok di notte implica l’onere gravoso di dover prendere congedo da una città che non vuole salutare con facilità. E’ l’orizzonte intero a tendere le braccia in un abbraccio struggente: una distesa di luci a perdita d’occhio, mentre fugge l’odore tipico della Thailandia, saturo di vapori umidi, senza che dall’aereo si riesca a cogliere nell’interezza questa immensa metropoli che dilaga in una notte intessuta di scintillii. Pensate che se Londra impiegò 130 anni per passare da un milione di abitanti a otto, a Bangkok ne sono bastati 45.

Oggi la città sfiora i 9 milioni di abitanti e testimonianza di questa brulicante moltitudine di cittadini sono gli immensi palazzi della periferia che si alternano a piccole case costruite nel legno, sciami di automobili che cercano una via di fuga privilegiata nel traffico tragicamente bloccato, mercati affollati di facce dove vecchie donne dal viso intriso di rughe sorridono sdentate. Chiamata Siam fino al maggio 1949, Thailandia significa ‘terra di uomini liberi’ e oggi come allora questo territorio ammalia e rapisce senza possibilità di sorta, scavando segrete malìe in pozzi dell’immaginazione impenetrabili dall’inconscio, dai litorali preziosi come cartoline di un Eden dimenticato alla capitale, che sembra non dormire mai.

I thailandesi chiamano Bangkok Krungthep, la città degli angeli, perché qui dimorano i Reali. La metropoli venne fondata nel 1782 da Rama, capostipite dell’attuale dinastia reale e ha sostituito l’antica capitale Chiang Mai per ragioni strategiche. Reduce dalla trasformazione urbanistica cominciata agli inizi degli anni Cinquanta, luoghi come il mercato galleggiante Damnoen Saduak testimoniano un passato in cui l’esistenza si svolgeva sul fiume, solcando strade disegnate nei canali mentre esili imbarcazioni sfioravano incessanti e silenziose l’acqua: barche ancora oggi cariche di merci, di fiori, di oggetti, di parole e offerte, barche cariche di persone nel lento viaggio di un’esistenza dominata dall’acqua.

Anche oggi è la presenza del fiume a dominare Bangkok: il Chao Phraya, che si estende come un sinuoso e immane serpente dall’aria limacciosa e opaca. Percorso dall’alba al tramonto da mercantili e barche, nonché un delizioso servizio di taxi, il Chao Phraya è uno dei due principali fiumi della Thailandia e scandisce i quartieri cittadini della megalopoli attraverso un sistema di canali fino al porto, prima di correre a gettarsi nel golfo del Siam. Acquistate un biglietto giornaliero per il servizio di battelli e divertitevi ad esplorare le fermate lungo il fiume, scoprendo di volta in volta i piccoli mercati disegnati dalle distese di spezie, pesce secco e frutta. I mercati a Bangkok sono ad ogni angolo di strada e vi sommergeranno tra oggetti curiosi e delizie culinarie impossibili da conoscere se non assaggiando ogni spiedino vi solletichi la curiosità del palato. Dal mango e la papaya a buffe creazioni dell’Eden come il rambutan e il mangosteen, si scatena un esercito un frutti: talvolta impossibile ricordare i nomi, così come dimenticarne l’essenza sorprendente.

Il Palazzo Reale di Bangkok, nell’isola di Ratankosin, vi stupirà con i suoi arabeschi e una storia millenaria che si dipana silenziosa lungo le pareti sorvegliate dalle maestose statue dei guardiani. Tra palazzi  lussuosi ed edifici ancora oggi utilizzati dalla monarchia in carica, è celato il Wat Phra Keow, Buddha di Smeraldo, considerato il tempio buddhista più sacro. Tra il suono delle campanelle mosse dalle dita del vento, la statua di Buddha intagliata nella giada depisterà i vostri sensi, disorientandovi: dopo aver lasciato le scarpe, come sempre, fuori dalla porta di ingresso, resterete in ginocchio a piedi nudi di fronte a un volto stranamente liscio e silenzioso, muto in un enigma increspato dal sorriso lieve quanto una piuma che cade non vista. Bangkok ospita oltre 300 templi e in questi luoghi di silenzio discreto Buddha silenziosi quanto estatici lasciano che si perdano nel vento sfoglie di vernice dorata che palpitano insieme alle preghiere dei fedeli buddhisti: il 90% della popolazione thailandese segue i precetti del buddismo theravada, risalente al tempo del regno Sukhotai. Contrattate per 50 bath un tuc tuc, i caratteristici motocarri che vagano ovunque per Bangkok insieme ai mototaxi: tra la città vecchia e la zona dei grandi alberghi si trova il Wat Traimit, un tempio dedicato al Buddha d’Oro. Già dalla strada non potrete fare a meno di notare il suo sguardo, che vigila dall’alto con i suoi 3 metri di altezza e il peso di oltre 5 tonnellate. Lungo il fiume si trova il Wat Pho, ritenuto il monastero più antico della capitale: qui il Buddha disteso, di 46 metri di lunghezza e 15 di altezza, si allunga silenzioso a fianco dei molti indovini che tentano di leggere la sorte. E’ in questo luogo, che si trova nelle vicinanze dello splendido Wat Arun, il Tempio dell’Aurora, che ha sede la scuola di medicina tradizionale e massaggio. Non è possibile immaginare la Thailandia senza la sensazione tattile di dita magre che scolpiscono in profondità il disegno dei muscoli: pressoché ovunque potrete trovare spa dove sottoporvi a una seduta di massaggio tradizionale, ma anche in strada o sulle preziose spiagge di cui la Thailandia è ricca patria vi rapiranno mani esperte donandovi qualcosa molto simile a uno stato di beatitudine istantanea.  

Era un villaggio di pescatori, oggi è diventata una delle località balneari più conosciute: se la vivace Pattaya cede al fascino più turistico con isole come Ko phai, meta degli appassionati di snorkeling, Hua Hin rappresenta la fuga verso una tranquillità a 300 chilometri dalla capitale. Allontanandosi da Bangkok, il paesaggio sfuma mentre i grattacieli cadono per lasciare posto a piatte risaie e distese dove le palme creano regni intricati di verde. L’atmosfera vicina alle origini, quando Hua Hin era un piccolo villaggio di pescatori, si incontra ancora oggi, non appena si oltrepassano i giardini dei lussuosi hotel della zona per camminare sulla lunghissima linea della spiaggia, dilatata in un orizzonte fatto di bambini che corrono calpestando conchiglie, mentre le barche dei padri appaiono sull’acqua reduci dal sogno del giorno quotidiano e il cielo della sera indossa velocemente toni violaceo tra sprazzi di luce. Nel 1910, durante una caccia al cervo, Sua Maestà il Principe Chakrabhongs accompagnato dal Gran Duca di Russia scoprì questo luogo e decise di farvi costruire la propria dimora. Attuale residenza estiva della famiglia reale e scelta già da re Rama VII nel secolo scorso, nel tempo Hua Hin è diventata il punto di incontro delle élites di Bangkok, che qui si danno appuntamento per discutere di affari all’ombra di giardini segreti, passeggiare a cavallo tra le dune di sabbia e sprofondare nel green di una passione dal sapore inglese: il golf. ll Royal Hua Hin Golf, costruito nel 1924 da un ingegnere scozzese, è stato il primo campo da golf a 18 buche par 72 riconosciuto in Thailandia. Oggi la Thailandia vanta circa 200 golf club, disseminati ovunque nel regno. Lungo la strada tra Pattaya e Bangkok si possono incontrare 20 campi da golf e spesso questi immensi disegni verdi nascondono, oltre che strutture tra le più raffinate al mondo, paesaggi preziosi dal punto di vista naturale. A Hua Hin l’Imperial Lakeview ospita un green a 36 buche originariamente creato per la famiglia reale thailandese, ora accessibile a giocatori provenienti da ogni angolo del globo.

La superstrada scatta l’istantanea di una Thailandia senza tempo: l’80% della popolazione lavora nell’agricoltura e il Paese è il maggior esportatore di riso a livello mondiale. All’ombra di una tecnologia inarrestabile come lo skytrain che sovrasta il traffico impazzito di Bangkok, scorre una vita disegnata nella lentezza, tra lunghe file di vestiti stesi ad asciugare e biciclette sbilenche su strade troppo grandi. Gli spiriti cacciati dai grattacieli trovano nuova dimora nelle piccole case degli spiriti: ogni palazzo ne possiede una, che tutti onorano con del cibo e offerte fiorite, dissidi e unioni tra vecchie tradizioni thai e una modernità rivista da occhi antichi. Ma a Bangkok ancora ci si può perdere, in vie senza nome dove un mercato degli amuleti e la farmacopea bizzarra di Chinatown attecchiscono tra le radici degli alberi che erompono dall’asfalto. In certi punti sembra che la città si arresti, come nel triangolo delle due strade delimitate da frangipani profumati sotto la Golden Mountain, mentre gli artigiani riposano sulle assi accatastate: qualcuno cede al sonno generato dall’afa, qualcun altro mangia da una scodella Tom Yam Koon, la piccantissima zuppa di pesce tipica di queste zone. Mentre il tuc tuc corre impazzito lungo Sukhumvit, la sera evapora lenta negli sguardi che corrono tra automobili in corsa e parchi smisurati dove all’alba e al tramonto la gente si ritrova per fare aerobica al ritmo imposto da impianti stereo offerti direttamente dal governo. Per qualcuno il guadagno della giornata inizia ora: i pugili. La Muay Thai è lo sport nazionale e se la disciplina è diventata celebre anche in Occidente a partire dal 1977, la Thai Box veniva praticata già nel 200 a.C dai guerrieri. Stadi di Bangkok come il Ratchadamnoen e il Lumphini di notte si riempiono di urla fameliche e l’odore di canfora dai corpi sudati dei combattenti si espande nel poco ossigeno disponibile, mentre gli scommettitori cinesi gridano minacce o forse promesse. Qualcuno serra le mascelle bianche, salvo poi gettare una cascata di banconote sul ragazzo fortunato, coronato dal sogno di un domani migliore. E quando si esce da quell’edificio che tanto ha rimbombato strepiti, labbra spaccate e adrenalinica voglia di affontare la giornata a pugni chiusi, ognuno ha avuto la sua vincita. Uno scroscio di pioggia improvvisa lava tutto, mentre taxi e tuc tuc corrono sul pavimento scintillante della città bagnata e il vento strappa cappelli. Dura un attimo, poi la notte torna sfavillante come una coperta bucata calata sul volto di un’affascinante Bangkok di nuovo truccata di luci, enigmatica e maliarda.

Testo di Maddalena De Bernardi        Foto di Maddalena De Bernardi e archivio

 

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