Umbria. Amelia, un piccolo borgo arrampicato

PICCOLEITALIE Prosegue la nuova finestra di storie inedite sui luoghi più amati dagli scrittori italiani.

Correva l’anno 1987 e “in indefinibile spazio, in imprecisabile tempo”, viveva la maga Circe, appassionata protagonista del primo romanzo di Sandra Petrignani. Da allora, molte care presenze, letterarie e fantastiche, hanno rivissuto nei suoi scritti, dando voce a cose, giocattoli e oggetti. Ultimi lavori: un saggio sulla Roma che ignora il Tevere, da cui pure è attraversata, E in mezzo il fiume, e l’audiolibro di uno dei suoi libri più belli, La scrittrice abita qui, pellegrinaggio verso le case di autrici amate. Viaggiare e scrivere sono quindi da sempre in lei strettamente connessi, uno serve all’altro e viceversa. Il suo è un cercare che equivale spesso a un voltarsi indietro e ricordare. Ecco perché, in questo racconto per Latitudes, l’autrice abita per intero e – come nella specchiera di famiglia di cui narra – per un gioco di segrete armonie (non solo zodiacali), felicemente si riflette.

a cura di Manuela La Ferla

Da lontano sembra l’immagine di un libro di fiabe. Vedi il paese sul cucuzzolo di un colle immerso in nebbie azzurrine o nei striati cieli rosa e celesti, tipici della pittura umbra. Non distante dalla confluenza del Tevere e del Nera, Amelia è protetta dall’impetuoso Rio Grande e circondata di ulivi. Col suo nome mielato di donna, evoca dolcezza e femminilità. Mai fidarsi delle apparenze. C’è invece qualcosa di aspro e di rude intorno e dentro questo borgo che d’inverno è

Sandra Patrignani ph. Pasquale Comegna

percorso da venti gelidi e calde brezze d’estate. A cominciare dai suoi abitanti, gente spiccia dai rari sorrisi, che ha occhi indagatori e l’aria superba. Posso ben dirlo: sono i miei paesani (da qualche anno sono tornata a frequentare la campagna amerina) e la mia famiglia ha trecentesche origini proprio qui, ne è prova Palazzo Petrignani, in piazza Mazzini, ora proprietà del Comune.
È antica Amelia, molto. Ne parla Tolomeo, il geografo greco vissuto ad Alessandria d’Egitto intorno al 150 d.C. e ne parla la Tavola Pentingeriana (un rotolo, conservato alla Biblioteca Nazionale di Vienna, copiato nel 1200 da un originale romano di epoca compresa fra secondo e terzo secolo d.C.), dove è indicata come «tappa». Ma se ne trova traccia ancor prima, quando nel V sec. a.C. Quinto Fabio Massimo ne fa una fortezza messa a protezione del territorio. E poi basta passeggiare per il paese per sentire la storia sotto i piedi, davanti agli occhi. Entrati dalla porta Romana, quella principale che interrompe maestosa le antichissime mura, si comincia a salire per via della Repubblica e si sale e si sale, un po’ tortuosamente, e la pavimentazione moderna si apre qui e là in squarci, protetti da ringhierine, che permettono di ammirare gli sprofondati lastroni romani. In cima c’è il Duomo con la preromanica Torre Civica che ha dodici lati come i mesi dell’anno, come gli apostoli e i segni zodiacali. Ed è per un gioco di segrete armonie che nella sala centrale di Palazzo Petrignani le decorazioni delle lunette sono ispirate allo Zodiaco, dodici lunette dodici segni, più una introduttiva raffigurante il Carro di Apollo.
Non posso fare a meno, sfogliando un vecchio album di fotografie d’inizio secolo su Amelia, d’immaginare la mia bisnonna, Edvige, una Chieruzzi, altro cognome diffuso nella zona, che attraversa piazza della Posta per scendere a passo svelto fuori porta. Di lei mi resta una specchiera antiquata, ma di una certa grazia rustico-Liberty, sicuramente creata da qualche falegname amerino in vena artistica. Lo specchio, montato su una leggera struttura di legno, è accompagnato ai due lati da due snelle consolle, insomma, come chiamare questo mobiletto di cui non ho mai visto l’uguale? Un’etagère con specchiera? Sta di fatto che, dopo avermi seguito in varie case romane, è ora approdato in Umbria, esattamente a otto chilometri da Amelia, nella verde, sinuosa campagna che degrada verso il paesino di Giove. E quando l’ho sistemato nell’antico casale, ho sentito lo spirito degli avi, e in particolare quello di Edvige, sorridere rasserenato.

Sandra Petrignani www.sandrapetrignani.it

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