La potenza creativa della natura dipinge paesaggi indimenticabili. Negli spazi infiniti gli animali che hanno interpretato i documentari della nostra giovinezza. Ma qui è tutto vero.
L’aereo che scende sulla pista di Harare pare non fermarsi mai. Forse perché è una delle piste più lunghe d’Africa: 4727 metri, necessari specie per i decolli. Infatti la capitale è situata a 1500 metri d’altitudine e col clima caldo che la caratterizza, gli aeromobili richiedono una “spinta” maggiore per compensare il peso del velivolo e la relativa rarefazione
dell’aria. Indifferente ai decolli e agli atterraggi, il “matitone” o torre di controllo dello scalo, svetta luminoso con la sua originale architettura e accoglie uomini d’affari e turisti giunti a scoprire il misterioso Zimbabwe. Molti hanno sentito dire che si tratta di un Paese sotto dittatura e gravato da sanzioni economiche e militari; un posto dal clima sociale pericoloso, nel quale l’Aids dilaga e la malaria è di casa. Basta, però, dare un occhiata al sito Viaggiare Informati del nostro Ministero degli esteri, di solito molto prudente, per rendersi conto che i problemi per i visitatori non sono gran cosa. Come ci conferma un osservatore speciale della situazione del Paese come Stefano Moscatelli, Ambasciatore italiano in Zimbabwe, che abbiamo incontrato ad Harare: “Vivo in questo Paese dal 2009 e non mi sono mai sentito minacciato in alcun modo. Certo, anche qui ci sono problemi, ma sono questioni che riguardano la politica locale. Per il resto trovo che lo Zimbabwe sia una nazione sicura, ordinata e pulita, per di più abitata da una popolazione amichevole e gentile. Insomma, si tratta di un Paese vivace, con una crescita costante e un’alta scolarizzazione”.
Partiamo alla volta di Bulawayo, seconda città dello Zimbabwe e capitale economica del Paese. La strada asfaltata è buona e il paesaggio un po’ monotono. Ogni tanto si ravviva con le macchie di colore lilla-viola delle jacarande e quelle rosso-arancio delle bouganvilee. Il diversivo è comunque dato dai frequenti controlli militari, ogni 10-15 chilometri circa. Due parole con l’autista, una tirata di collo per sbirciare all’interno del pulmino, l’immancabile sigaretta accettata e si riparte. Dopo Chegutu si arriva a Kadoma. Qui, in un campo di periferia, c’è un raduno di un centinaio di persone di fede apostolica, tutte vestite di bianco, che pregano per augurarsi a vicenda il meglio dalla vita, ma non desiderano essere fotografate. A Kwekwe, il paese successivo, emerge un minareto musulmano e a Gweru la sagoma di una stazione di polizia sistemata in una graziosa palazzina in stile coloniale. Infine Bulawayo, città dai grandi viali alberati che si intersecano ortogonalmente, imponenti palazzi e quartieri dalle case basse e uniformi. La città, di cultura Ndebele, è il centro principale del Matabeleland.
Le vera Africa, quella sognata da ragazzi leggendo le avventure dei primi esploratori, quella gustata in mille documentari e film, la incontriamo ora, entrando nell’immenso Hwange National Park. Il Parco, quasi 15.000 chilometri quadrati, è situato pressappoco a metà via tra Bulawayo e Victoria Falls.
Il percorso interno, lungo piste in terra battuta abbastanza larghe e sufficientemente agevoli, si snoda tra alberi d’acacia privi di foglie o addirittura spezzati; gli elefanti sono i veri sovrani del Parco e questi bestioni non vanno per il sottile quando piegano i rami con le proboscidi. I ranger dicono che è il risultato del super affollamento animale in cerca d’acqua e che l’apparente devastazione ambientale è solamente stagionale. Il Parco ospita più di cento differenti specie animali e circa 400 specie di uccelli. La stima del numero di elefanti presenti oscilla dalle trenta alle trentacinquemila unità, ciò che rende Hwange uno dei più importanti santuari rimasti in Africa per l’elefante africano (Loxodonta africana). Fra gli altri coinquilini del Parco troviamo tre-quattrocento leoni, poche decine di rinoceronti, quindi zebre, giraffe, springbok, kudu, impala, bufali, gnu, leopardi, iene, licaoni ed altre specie ancora. Epicentro per le escursioni di quest’area privilegiata è il Somalisa Camp, un insediamento tendato e dotato di ogni confort. Alex Eigner, il responsabile, ci mostra la piccola biblioteca, l’area di riposo, la piscina che confina con l’abbeveratoio utilizzato dai pachidermi, la piattaforma con vista che spazia sull’immensità della savana. Pernottare qui è un’esperienza unica: non è raro che un’elefantessa e il suo piccolo riposino per tutta la notte all’ingresso della tenda. Sarà possibile uscirne solo quando se ne saranno andati.
Le Cascate Vittoria sul fiume Zambesi sono una delle meraviglie mondiali, lo sanno tutti. Ma vederle dalla sponda dello Zimbabwe, lungo un sentiero che costeggia la grande spaccatura che si inabissa per oltre cento metri e che rende la vegetazione della riva quasi tropicale per via del velo d’acqua continuo, il famoso mist, che tutto avvolge, è spettacolo grandioso. Le genti Makololo, una tribù del luogo, le hanno definite “Mosi-oa-Tunya” (il fumo che tuona). Lungo i molti punti di sosta e osservazione si assiste, con scorci visivi uno differente dall’altro, a questo incredibile miracolo della natura; se poi questa visione avviene dall’elicottero, che gira a ottovolante tra le due sponde, lo spettacolo si arricchisce di nuovi particolari: le isole del fiume, le zone di roccia che dividono il grande salto, la vegetazione delle sponde, la vertigine dell’acqua che cade.
Flash visivi di Harare, la ex Salisbury dell’ex Rhodesia del Sud. È una bella città, con una downtown grande, spaziosa, divisa fra grattacieli, palazzoni di vetro-cemento, vecchie costruzioni coloniali, grandi parchi, viali dal traffico intenso, ma insolitamente privo del solito concerto di clacson tipico delle metropoli africane, sarà il retaggio dell’aplomb britannico. La zona di Greendale è quella chic della capitale; vi si trovano ville, ambasciate, parchi e giardini. Interessanti sono le due Township di Harare: Mbare e Highfield. La prima accoglie numerose comunità di giovani, amanti della musica, dello stile “rasta” e del vivere libero, ma anche attenti e sensibili verso l’ospite. Ad Highfield c’è invece la casa abitata da ragazzino da Robert Mugabe, Presidente dello Zimbabwe. Qui si tiene un carnevale con bande chiassose, majorettes in sgargianti divise e motociclisti, coinvolge l’intero villaggio-quartiere, mentre i vecchi, nel giardinetto della casa-cimelio, rievocano antiche storie di vita vissuta dagli Shona e dai Ndebele, oggi cittadini dello Zimbabwe.
Testo Federico Formignani | Foto Lucio Rossi
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