Angelo e Lorenzo sono giunti a Bali per i festeggiamenti del giorno del silenzio…
Le preparazioni per il giorno del silenzio sono cominciate da almeno una settimana su tutta l’isola e la casa di Nyoman non fa eccezione. Nyoman è il padrone buffo, che ride come un manga giapponese, della piccola guest house dove abbiamo passato la notte a Ubud, nel centro dell’isola di Bali. Un luogo dove ci si sveglia all’alba, al canto del gallo, per cospargere la casa di petali di fiore. Mentre Nyoman, al lavabo sopra il piccolo ruscello, sgrossa frutti e vegetali, pulendoli e sbucciandoli, sua moglie spende lunghe pazienti ore tagliandoli in pezzi finissimi. I figli, Adi e Ari, si preoccupano di abbellire il tempio di famiglia, situato al centro della casa. Puliscono il pavimento con una corta scopa di stecchi legati e circondano statue e colonne con tessuti e ombrellini dorati. Il tempio è privo di soffitto ma circondato da mura. Dal piccolo ingresso centrale si affaccia la statua di un Dio induista che offre il suo benvenuto. All’interno del quadrato in pietra trovano posto diversi altari, alcuni larghi qualche metro, altri più piccoli. Spesso hanno tetti in paglia intrecciata e molto scura, quasi nera. Le offerte sono ovunque, di fronte ad ogni tempio e sugli altari, sono costituite da piccole scatolette fatte di foglie intrecciate, riempite poi con fiori e altre foglie. A volte a queste si aggiungono complesse composizioni di foglie rilegate in piccole strutture regolari.
Quando il gallo che canta a pochi metri dalla stanza ha definitivamente sconfitto il mio sonno, mi alzo e vado a sedermi sulla veranda, dove una fontana piena di pesci rossi rilassa col continuo scorrere dell’acqua. Nyoman interrompe le sue faccende, allora, per portarmi la colazione. Sul piatto trovo splendidi frutti esotici: un tipo di dragon fruit di un acceso colore viola, puntinato di semi neri, accompagnato dalla bianca polpa del salak, un frutto tipicamente indonesiano, la cui buccia ricorda la pelle del serpente. Il giorno del silenzio, Nyepi nel linguaggio locale, celebra l’inizio del nuovo anno, il capodanno dell’atipico induismo balinese. Questo non viene definito festa, anche se costituisce festa nazionale, ma cerimonia. Infatti il culmine degli eventi è un falò di grandi demoni di bambù e cartapesta (Ogoh-Ogoh),che ogni villaggio o quartiere ha costruito nei giorni precedenti. Questi rappresentano gli spiriti malvagi e bruciandoli se ne allontanano gli effetti e sconfigge la paura.
Quando il mostro è mangiato dalle fiamme comincia il giorno del silenzio vero e proprio. Ventiquattro ore di assoluta inattività. Non si esce di casa, non si lavora e non ci si svaga. Il giorno è dedicato alla riflessione propria e altrui, così che si evita ogni attività che potrebbe disturbare il prossimo. Le luci stesse non possono essere più che soffuse e i rumori ridotti al minimo. Le strade solitamente colme di vita, sono vuote. Solo i guardiani della tradizione pattugliano le strade, assicurandosi che nessuno rompa la quiete. Pronti a ricacciare in casa chiunque si avventuri fuori, anche qualche turista ignaro, magari senza cibo per arrivare alla mattina successiva. Anche il giorno seguente è festa. Poi si torna alla normalità, senza più spiriti da temere però.
Testo di Lorenzo Dal Piaz | Foto di Angelo Zinna
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