Amritsar, città dell’ambrosia e dell’immortalità

Amritsar è una cittadina del Punjab, vluogo di edificazione di una delle meraviglie dell’architettura del sub continente indiano: l’Harmandir Sahib, il Tempio d’Oro. La città dell’ambrosia e dell’immortalità.

Questo è il significato del nome della città. Premessa entusiasmante per chi si appresta a visitarla, emotivamente coinvolto dalle meraviglie che già conosce per aver letto libri o guide, ma che ancora non ha visto. Poi, la realtà della visita passa attraverso immutabili clichés: l’India che a prima vista intimorisce per il suo traffico convulso, per il formicaio di individui che si intersecano ad ogni ora del giorno e della notte, per quei panorami urbani fatti di case e catapecchie attaccate le une alle altre e perennemente avvolte da ragnatele di fili elettrici e telefonici sospesi; l’India degli squarci improvvisi di colore, delle musiche e di una folla sempre agitata e partecipe: una processione religiosa, un matrimonio, un funerale.

Alla fine, come per incanto, superato l’angolo dell’ultimo vicolo di ogni città, ecco le meraviglie in terra: un tempio, un forte, una torre, un palazzo, degli splendidi giardini. L’India è una grande madre che tutto ha partorito (la cultura e la ferocia dei millenni, così come la spiritualità e la carnalità del vivere). E non stupisce, pensando a questo, di trovarsi all’improvviso davanti agli occhi l’incredibile meraviglia del Tempio d’Oro, luogo sacro per i Sikh, che l’hanno chiamato Darbar Sahib (palazzo di dio) o Hari Mandir (tempio di dio). Amristar, capitale dei Sikh ma non del Punjab (lo è Chandigarh, creatura urbanistica di Le Corbusier) conserva e venera questa splendida dimora.

Città sikh, tra indù e musulmani

Amristar viene fondata nel 1579 dal guru Ram Das e ben presto diviene il maggior centro religioso del sikhismo. Il Tempio d’Oro, costruito sotto il regno di Arjun Dev, verrà distrutto insieme alla città nel 1761 per opera del capo afghano Ahmad Shah Durrani, che a sua volta viene sconfitto, quattro anni dopo, dai Sikh. Con il dominio britannico e per la sua delicata posizione tra il mondo musulmano e quello indù, Amristar diviene sede nel 1849 di una nutrita guarnigione militare anglosassone. La storia scivola poi sino all’anno 1919, anno dell’orrendo massacro perpetrato dagli inglesi nei giardini dello Jallianwala Bagh, con l’uccisione di quasi 2000 persone riunite per un comizio; sono i primi aneliti di rivolta verso i dominatori britannici.

Di matrice religiosa saranno invece gli attentati e i numerosi delitti dell’anno 1947, diretta conseguenza del contrasto secolare con i musulmani. Non meno feroci sono stati nel tempo i contrasti con gli indù, contrari alla nascita del Khalistan (stato autonomo cui ha sempre mirato il terrorismo sikh) sino a giungere all’assassinio di Indira Ghandi, per mano di una guardia del corpo sikh.

Il Sikhismo e i suoi adepti

Nato nel XV secolo nei monti del Punjab per opera del Guru (maestro) Nanak, vanta una decina di milioni di adepti. La regione indiana che in maggior misura li accoglie è appunto il Punjab, la cui capitale sacra Amristar si trova a una trentina di chilometri dal confine con lo stato islamico del Pakistan. Il Sikhismo si propone di conciliare la religione induista con quella islamica, non sempre con successo, motivo per il quale i Sikh si sono trasformati in un popolo di guerrieri.

I cinque ‘K’ sono gli obblighi ai quali ciascun Sikh di sesso maschile deve attenersi: Kesha (capelli e barba lasciati crescere per tutta la vita, raccolti in una speciale reticella); Kangha (pettine sempre a disposizione) perché pettinarsi soddisfa esigenze fisiche e psichiche; Kara (braccialetto di ferro al polso della mano destra) a indicare il mutuo soccorso tra gli appartenenti alla comunità; Kirpan (spada a due tagli) a simbolo dell’origine guerriera; Kacchara (uso di indossare mutande, piuttosto insolito in India) per poter fare liberamente le abluzioni nei cortili del templi. Ma il simbolo più appariscente dei Sikh è il voluminoso turbante in seta o cotone, comunque dai colori vivaci, a contenere le folte capigliature e insieme a rimarcare la dignità di questo popolo d’onore e di fede convinta.

Il Tempio d’Oro

E’ la maggiore attrazione turistica di Amristar. Si trova al centro del bacino lacustre artificiale, sacro per definizione per la fede sikh. E’ un edificio maestoso in marmo bianco, sormontato da una cupola di rame risalente al 1803 e rivestita in lamine d’oro per un perso complessivo di 400 chilogrammi. Il tempio è decorato all’interno e all’esterno da composizioni floreali intarsiate con marmi policromi e pietre semipreziose. Al primo piano i fedeli, tutti i giorni, si raccolgono attorno a un sacerdote, per leggere il Granth Sahib e cantarne i versetti con l’accompagnamento di strumenti a corda.

Un passerella in marmo unisce il tempio alla terraferma conducendo al Akal Takht (trono eterno) presso il quale, nel 1984, Bhrindhawale, definito il Khomeini dei sikh, decretò fra l’entusiasmo generale di opporsi all’esercito indiano, favorendo l’assalto  al tempio e l’inevitabile strage di fedeli. La torre a nove piani di Baba Atal conserva l’Adi Granth, il primo libro sacro dei sikh, mentre nei pressi del Tempio d’Oro il Central Siks Museum raccoglie dipinti e cimeli della storia dei Sikh. Usciti dal Tempio, è bello infilarsi tra le animate stradine del Guru Bazar, per raggiungere infine , nella città vecchia, il Durgiana Mandir, tempio dedicato a Durga, simile nella struttura al Tempio d’Oro.

Testo di Federico Formignani | Foto di Luca Bracali RIPRODUZIONE RISERVATA © LATITUDESLIFE.COM

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