In Uzbekistan alla ricerca delle atmosfere leggendarie della Via della Seta. Un viaggio nel cuore dell’Asia Centrale, sulle tracce di Marco Polo.
Testo e foto di Michele Dalla Palma
“… Osservo l’ultima luce del giorno sfumare i riflessi ocra di Ayaz-Qala, fortezza costruita nella sabbia del Kizil-Kum. Seicento chilometri di nulla, di paura, di fame e di stenti, questo deserto incubo delle carovane che per almeno un millennio hanno sfidato la sorte col miraggio di raggiungere Khiva e Bukhara, autentici paradisi intrisi delle leggende delle Mille e Una Notte.
Ascolto la voce del deserto evocare infinite teorie di cammelli carichi di mercanzie, di lingue e culture diverse, tutte accomunate nel sogno di raggiungere i confini del mondo…”.
Anche oggi, nonostante l’uso dei moderni mezzi di trasporto, pensare di ripercorrerla è un’idea che evoca emozioni forti e suggestioni del passato, dove storia, cultura, miti e leggende si confondono perdendo i loro pragmatici confini, e il desiderio di avventura e di scoperta prende il sopravvento, facendo immaginare ai viaggiatori di trovarsi tra le pagine di qualche racconto del “Milione” di Marco Polo.
Già il nome, “Via della Seta”, evoca immagini di lunghe carovane colme di merci preziose che procedono lente tra le dune del deserto, profumi di spezie che il vento porta lontano e notti stellate dove il cielo sembra sfiorare la terra.
Suggestioni di un immaginario rimasto immutato nei secoli e che ancora oggi continua ad affascinare gli animi di numerosi viaggiatori e avventurieri.
Un viaggio nella leggenda
L’Uzbekistan, Paese fino a qualche anno fa totalmente sconosciuto al turismo, è in realtà uno dei territori più affascinanti del pianeta per il suo cocktail tra ambiente, prevalentemente desertico, storia e capolavori architettonici unici.
Ma non solo. Perché qui si sono sviluppate alcune delle culture scientifiche più affascinanti della storia umana: l’astronomia, la matematica, ma anche la medicina e la fisica.
Nomi come Avicenna, considerato il padre della medicina, Uluk Beg, mente geniale ed eclettica paragonabile al nostro Leonardo da Vinci, Al-Khwarizmi, inventore del calcolo algebrico (“algoritmo”è la traduzione in latino del suo nome!), sono soltanto le punte di diamante di un substrato culturale che ha tratto origine dal sufismo, la filosofia islamica nata anch’essa da queste parti, che concilia le arti e le scienze con l’aspetto più mistico della religione musulmana.
E ancora non basta! In questa piccola regione dell’Asia Centrale, che per millecinquecento anni è stata il fulcro dei contatti e degli scambi tra Oriente e Occidente del mondo, si sono avvicendate alcune delle più grandi dinastie di conquistatori del passato.
Tra tutti, i Timuridi, il cui capostipite Tamerlano, nel XIV secolo, ha conquistato e dominato un impero secondo solo, forse, a quello immenso di Gengis Khan.
E proprio dall’ultimo discendente di Timur “lo zoppo”, come lo chiamavano i nemici, si svilupperà la leggendaria dinastia e cultura Moghul che dominerà l’India dagli inizi del XVI secolo fino all’avvento dell’epoca inglese, nell’800.
Babur, ultimo pronipote di Tamerlano, partirà alla fine del 1400 dalla regione uzbeka di Fergana per fondare, dopo una serie di schiaccianti successi militari, il più importante e potente impero nella storia del continente indiano.
Una curiosità può svelare anche ai meno esperti di storia di queste regioni l’importanza della cultura uzbeka sugli sviluppi anche culturali del subcontinente indiano: l’immaginifico Taj Mahal di Agra, una delle meraviglie artistiche del mondo moderno, si ispira strutturalmente ed esteticamente al mausoleo di Tamerlano di Samarcanda.
Lontano dal mare
L’Uzbekistan è una delle due sole nazioni sul pianeta (l’altra è il Liechtenstein) ad essere circondata da altri Paesi che non hanno accesso al mare.
Il suo territorio è compreso tra l’Amu Darya e il Syr Darya, due grandi fiumi che nascono da altrettanto maestose catene montuose – i ghiacciai del Pamir per il primo, gli avamposti occidentali del Tien Shan per il secondo – e confluiscono in quello che, fino a prima della dominazione sovietica, era uno dei più estesi bacini lacustri del pianeta: il lago d’Aral.
Uno sfruttamento dissennato dei due fiumi per l’irrigazione e la produzione di energia, e l’utilizzo del lago come discarica di rifiuti tossici, hanno creato in mezzo secolo quello che viene considerato il più grande disastro ambientale attribuibile totalmente all’uomo. Oggi a ricordo di quel “mare” non rimane che un cimitero di navi insabbiate…
Tra le sabbie del tempo
Sia le popolazioni locali che i mercanti che si avventuravano sulle piste della Via della Seta hanno sempre temuto l’Uzbekistan non per i predoni o i dazi, da pagare ad ogni “khanato” per i passaggi di merci e persone, ma per il terribile Kizil-Kum, il “deserto rosso” che caratterizza gran parte del suo territorio.
Un orizzonte infinito di sabbie sottili che, per le condizioni climatiche e atmosferiche estreme – freddissimo d’inverno e incandescente d’estate – rappresentava un vero spettro per le carovane.
Le città-oasi del Kizil-Kum
Per la sua posizione centrale, lungo l’antico tragitto che collegava Oriente e Occidente, questa nazione, con le sue leggendarie città-oasi fortificate, sorte tra orizzonti infiniti di dune, è il cuore autentico della Via della Seta.
Tra sconfinate steppe e infiniti deserti si è formata una cultura millenaria, favorita e sviluppata da popolazioni differenti che qui si sono incontrate e scontrate attraverso i secoli.
Il suo fascino si perde tra le suggestioni di satrapie e khanati, di moschee e madrasse, di alti minareti e città fortificate circondate dal Kizil-Kum con le sue dune di sabbia rossa. Sfidato, per quasi duemila anni, da tribù nomadi e briganti, da mercanti e agguerriti eserciti.
Oasi e distese di sabbia sono state il punto d’incontro e scontro tra Oriente e Occidente, tra il mondo nomade delle steppe e le civiltà stanziali e colte dei grandi Imperi.
Khiva, Bukhara, Samarcanda: nomi leggendari quelli delle città-oasi del deserto, patrimonio inestimabile dell’Uzbekistan, gioielli architettonici dalla bellezza sorprendente, che hanno visto alternarsi civiltà diverse e personaggi leggendari, imperatori e conquistatori, come Alessandro Magno e Tamerlano, Gengis Khan e Uluk Beg, grande sovrano oltre che geniale scienziato e filosofo.
Khiva, una magia nel deserto
“… Raggiungo le imponenti mura di Khiva al tramonto. Dai massicci bastioni merlati fa capolino una luna piena che screzia di riflessi argentati il colore ocra del fango essicato. Una scenografia, evocata direttamente da un racconto delle “Mille e Una Notte”, capace di lasciare senza parole e senza pensieri, come davanti alla materializzazione di una fiaba… Mi sorprendo a immaginare cosa dovevano provare i sopravvissuti alla furia del deserto – ci volevano alcuni mesi per giungere fin qui dalle rive del Mar Caspio – davanti a questa ciclopica dimostrazione di potenza umana. Contrasto ma anche rassicurazione dalla soverchiante prepotenza del deserto…”.
Qui, finalmente, si poteva trovare acqua in abbondanza, cibo, riposo… i grandi caravanserragli potevano ospitare migliaia di cammelli, e questo era uno dei più importanti mercati di scambio lungo i diecimila chilometri che separavano Venezia, cuore commerciale dell’Europa Medioevale, dalla Grande Muraglia cinese e dalle fascinazioni della cultura orientale.
Khiva è una delle città più antiche di tutta l’Asia. E Itchan Kala, l’antico cuore pulsante dentro le mura, un vero e proprio museo a cielo aperto, ancora perfettamente conservato.
Nessun altro luogo quanto questo trasmette l’atmosfera di città oasi fortificata, un miraggio tra i paesaggi brulli del deserto che racchiude, tra le sue alte e possenti mura di sabbia, straordinari monumenti che raccontano secoli di storia e cultura.
Camminando tra i suoi vicoli polverosi, circondati da palazzi e moschee, scuole coraniche, mausolei e minareti, si ha la sensazione di essere tornati indietro nel tempo, all’VIII secolo, quando questo luogo era già un importante centro commerciale, custode di preziosi tesori architettonici.
Tra scenografie che il tempo sembra voler rispettare e proteggere, è facile immaginare le atmosfere e la confusione dei mercati, lo sfarzo delle residenze dove i Khan, i sovrani mongoli, accoglievano ospiti e ambasciatori provenienti da tutto il mondo, e l’aria pregna di odori ed essenze dei caravanserragli.
Dove mercanti e animali in transito si fermavano per riposare, per scambiare merci ma anche idee. A volte, rivoluzionarie.
Bukhara, la “Santa”
È la città più sacra dell’Asia Centrale, una delle più antiche città carovaniere sorte nel deserto rosso di Kizil-Kum, e ha una storia millenaria, con un enorme bagaglio culturale.
Alimentato, nel tempo, dalla presenza di numerosi artisti, letterati e scienziati, che hanno studiato e insegnato in alcune delle più importanti madrasse del mondo islamico, contribuendo anche alla realizzazione degli straordinari monumenti e architetture che impreziosiscono il suo centro storico.
Se a Khiva l’impressione è stata di vivere, per un attimo, in un luogo immobile nel tempo e nella storia, qui la vitalità e le contraddizioni del presente di una città piena di fermento si amalgamano col glorioso passato di Bukhara.
Ancora una volta sono palazzi, moschee, minareti, mausolei e scuole coraniche a sorprendere con le loro maestose forme e geometrie, con decorazioni sbalorditive di mosaici dalle mille tonalità di blu, azzurro, turchese. Che prendono forma sotto la luce tagliente di un sole senza barriere e riempiono gli occhi, i pensieri, il cuore.
Le madrasse stupiscono per la loro bellezza sontuosa e al contempo equilibrata, cerniera emotiva verso epoche passate, quando tra quelle austere mura si incontravano generazioni di studenti del Corano, molti dei quali divennero importanti filosofi, astronomi, matematici, scienziati e letterati.
Moschee e mausolei incantano non solo per la loro bellezza architettonica, ma anche per la particolare energia e spiritualità che sprigionano. Elementi capaci di rapire l’anima.
Ma nessuna città-oasi dell’Uzbekistan potrebbe essere concepita senza i minareti, che svettano nel cielo sfidando la gravità. Torri rivestite di splendide piastrelle turchesi, che per infinite generazioni di carovanieri sono state utilizzate come unici punti di riferimento per orientarsi nel deserto.
Ma anche cruenti luoghi di morte dove, fino al XIX secolo, i condannati e le donne fedifraghe venivano chiusi in un sacco e fatti precipitare nel vuoto dalla loro cima.
Samarcanda, tra mito e realtà
Insieme a Roma e Babilonia, Samarcanda è una delle città più leggendarie nella storia dell’uomo.
Sospesa tra leggenda e concretezza, da sempre ha affascinato l’immaginario di viaggiatori e mercanti di ogni epoca, che hanno raccontato con fervore e meraviglia la sua magia.
Ai viandanti, che dopo lunghi mesi trascorsi nel deserto, raggiungevano le sue maestose porte, la “città eterna” riempiva gli occhi con la magnificenza dei suoi edifici costruiti con splendida armonia, coi colori e i sapori intensi dei suoi bazaar variopinti, ricolmi non solo di tessuti e tappeti, ma anche di ceramiche e monili d’ogni foggia e valore, di spezie e profumi d’Oriente.
Questa città mitologica, tra le più antiche del mondo, ai tempi della Via della Seta era probabilmente la città più ricca di tutta l’Asia Centrale.
Oggi una moderna metropoli piena di contrasti, che conserva però, con orgoglio, i più grandiosi monumenti di tutto il patrimonio architettonico islamico.
Anche qui mausolei, madrasse, moschee, minareti e uno tra i più importanti osservatori astronomici di tutto il mondo, impreziosiscono lo skyline della città.
Monumenti straordinari che incantano per la loro storia leggendaria. Un caleidoscopio di colori e geometrie che ipnotizzano e incantano. Un sogno da vivere nella realtà.
Informazioni utili:
30 marzo/10 aprile 2024 in Uzbekistan: sulle tracce di Marco Polo lungo la Via della Seta
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Andremo alla scoperta del sogno di Tamerlano di costruire una città eterna, Samarcanda, ma prima vivremo le atmosfere da Mille e Una Notte nel mondo incantato di Khiva, le suggestioni culturali di Bukhara e la magia di una notte nel deserto, in un accampamento di yurte tradizionali, per godere dello stesso cielo stellato che impressionò Marco Polo e infinite generazioni di mercanti, lungo le piste di sabbia della Via della Seta.
Un viaggio di scoperta e fotografico con tantissimi spunti di straordinaria bellezza e valore, durante il quale ci sarà anche tempo, in alcune lezioni e workshop serali dedicati alla fotografia di viaggio, per approfondire le tecniche, la “grammatica” a tanti piccoli “segreti” per la realizzazione di un fotoreportage efficace ed emozionante.
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Testo e foto di Michele Dalla Palma|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com